È morto a 82 anni l’artista romano Ferruccio de Filippi

Con Ferruccio De Filippi se ne va un protagonista dell’esperienza concettuale romana. Il ricordo di Elena del Drago, fondatrice della galleria EDDart

È difficile, quando la traiettoria di un artista è strettamente legata alla propria, riuscire a mantenere lo sguardo fermo e oggettivo sul valore dell’opera. Soprattutto oggi, che Ferruccio De Filippi ci ha lasciati, dopo una malattia rapida e l’apparente leggerezza con la quale cercava sempre di affrontare le vicende della vita. Troppi i ricordi, i frammenti di conversazione, le ritualità di un lungo rapporto caratterizzato da amicizia e affetto, ma anche da profonda stima lavorativa. A dividerci infatti c’erano esattamente trenta anni, un lasso temporale che mi ha consentito e consente ancora di guardare con un certo distacco al suo lavoro che solo con il tempo, guardando al contesto in cui è nato, ho imparato a comprendere in tutta la sua importanza.

Chi era l’artista Ferruccio de Filippi

Ferruccio De Filippi esordisce alla fine degli Anni Sessanta a Roma, dove era nato nel 1943. Respira l’atmosfera incandescente di una capitale in cui diverse fazioni si confrontavano, ed erano soprattutto gli artisti della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo e dell’Arte Povera a contendersi la scena artistica. L’interesse di Ferruccio de Filippi si nutre però di atmosfere diverse, del sapere filosofico e antropologico di quegli anni, Claude Levi- Strauss soprattutto, e di un interesse profondo per i meccanismi umani, sempre guardati da una prospettiva onirica, atemporale. 

“La strada del latte” di Ferruccio de Filippi

La sua prima mostra personale, Antropologica è del 1970 e segna un sodalizio con un grande gallerista come Gian Tommaso Liverani che continuerà negli anni e si dimostrerà fondamentale. Di questo periodo ricordiamo opere come Autoritratto impossibile (un dipinto di piccole dimensioni esposto al centro di una grande tela bianca nel 1972) e Levitazione (una fotografia del 1971) che “distillano un carattere paradossale e metafisico della sensibilità artistica di De Filippi”, come ha scritto Pasquale Polidori. Qualche anno più tardi, siamo nel 1977, presenta l’opera La strada del latte, una summa iconografica che se rappresenta un capolavoro nel percorso di De Filippi, certamente segna un momento di sperimentazione seminale per la sua generazione. Si tratta di una serie di disegni che impegna l’artista per svariati anni, incentrata su una dimensione più sociale e drammatica, sorta di virtuosismo di forme, costumi e tipi umani, che Mario Diacono, altro interlocutore di grande importanza, etichettò come “social-barocco”. Questa serie, che include più di 3000 disegni su carte di piccolo e medio formato, rappresenta un corpus di riflessione, di sintesi di dimensioni differenti come lo spazio e il movimento e, insieme, una base per il successivo passo pittorico. “È sulla superficie che formiamo l’arte-ficio. Ed è lì che ci diamo appuntamento”, diceva De Filippi.

Il ritorno alla pittura e Ferruccio de Filippi

Alla fine degli Anni Settanta infatti, la generazione degli artisti concettuali sente il bisogno di tornare alla pittura, sebbene ripensata da uno sguardo capace di tenere insieme tradizioni artistiche diverse. Ferruccio de Filippi, in particolare, riusciva a tradurre su tela forme che gli arrivavano attraverso il sogno o la pratica buddista: l’esplorazione di una forma o di una metafisica nella bidimensionalità l’hanno spinto a realizzare molte tele, soprattutto di piccole dimensioni. Spesso ad esserne protagonisti sono degli esseri sospesi in un momento fuori dal tempo, sconosciuti, impossibili da ridurre a qualcosa di conosciuto nella realtà. Più tardi, attorno agli Anni Novanta, sente la necessità di trovare delle forme capaci di unire “il passato arcaico al futuro stellare”, e questa esigenza gli permette di realizzare una nuova serie di sculture, ceramiche cotte e ingobbiate, il tentativo, anche nella forma tridimensionale, è quella di sintetizzare due icone lontane che poi, stranamente si somigliano molto. 

Con Ferruccio De Filippi se ne va un protagonista dell’esperienza concettuale romana e di quel dialogo tra l’azzeramento della pittura e la sua continua ripresa che ha portato a risultati straordinari, alcuni noti, alcuni altri ancora da scoprire.

Elena del Drago

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Redazione

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