È morto a 95 anni Mario Diacono. Il poeta inventore di nuovi linguaggi che divenne gallerista
Classe 1930, Diacono è stato gallerista e poeta, ma anche critico d’arte e letterario, docente, scrittore, traduttore, fondatore di riviste e artista lui stesso, sempre capace di interagire con i linguaggi e le visioni più sperimentali. Da tempo viveva negli Stati Uniti
Scrittore, poeta verbovisuale e critico d’arte, gallerista a Bologna tra il 1977 e il ’79, poi a Roma e negli Stati Uniti, dove si era trasferito definitivamente alla metà degli Anni Ottanta.
Mario Diacono, tra scrittura e arte
Mario Diacono era nato nel 1930 a Roma, dove si era laureato in Lettere con Giuseppe Ungaretti – di cui per un periodo diventerà segretario – presentando una tesi sul futurismo, incentrata sull’analisi delle riviste La Voce e Lacerba. E già dalla metà degli Anni Cinquanta il suo interesse per la cultura d’avanguardia si indirizzò tanto sulla poesia – come dimostra la collaborazione con le rivista Ana Eccetera, centrata sull’esperienza della nascente poesia verbo-visiva, accanto a numerose collaborazioni con importanti riviste culturali del tempo – che sull’arte. Nell’ambiente romano, all’inizio degli Anni Sessanta frequenta la galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, dove ha modo di apprezzare le opere di Achille Perilli e Cy Twombly che, in seguito, conoscerà e frequenterà accanto a Piero Dorazio, Toti Scialoja e Jannis Kounellis. Tra il 1966 e il 1967 si trasferisce a Milano, ma poco dopo decide di partire per gli Stati Uniti per insegnare Letteratura italiana all’Università di Berkeley.

L’editoria secondo Mario Diacono
Vi rimarrà fino al ’76, lavorando nel frattempo al riordino del materiale per la pubblicazione della raccolta Vita d’un uomo. Saggi e Interventi di Ungaretti (Mondadori 1974) e dirigendo la rivista Tau/ma insieme a Claudio Parmiggiani, col quale intratterrà un lungo sodalizio artistico. Intensa è, in questo periodo, l’attività di invenzione e autoproduzione di un gran numero di riviste, edizioni, pubblicazioni (un impegno che di recente è valso a Diacono un focus espositivo alla terza edizione di BOoks, festival dei libri d’arte e d’artista ospitato al MAMbo); sono anche gli anni dei libri-oggetto, da Ever liver deliver liber (1969) a Slanguage (Visual Art Center 1974) e Tao/Ding/Tung (Archai 1975).
L’incontro con Achille Maramotti e le gallerie tra Bologna, Roma e gli Stati Uniti
Nel ’76, grazie all’incontro con Achille Maramotti (conosciuto tramite Parmiggiani), Diacono decide di tornare in Italia e a Bologna apre una galleria con Ferruccio Fata, prima di mettersi in proprio nel ‘78, con il sostegno finanziario di Maramotti: insieme porranno le basi per la trasformazione di una collezione privata nel museo di arte contemporanea che oggi è la Collezione Maramotti. In galleria, intanto, Diacono espone le opere di Kounellis (la prima mostra era costituita da un unico lavoro di Kounellis, James Ensor), Parmiggiani, Calzolari, Ontani, Acconci, Merz e, un anno più tardi si sposta nuovamente, a Roma, dove la galleria sarà attiva, prima in piazza Mignanelli e poi in via Vittoria, fino al 1984, tra le prime a esporre artisti come Jean-Michel Basquiat, David Salle, Eric Fischl, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Nicola De Maria, Ellen Gallagher.
Il trasferimento in America, prima a New York e poi a Boston, non segna la fine dell’attività di gallerista, oggi ereditata dalla Mario Diacono Gallery (in Beacon Street, a Boston).
La mostra al MACRO nel 2021
Alla sua visione – dalla scrittura all’arte – nel 2021 il MACRO di Luca Lo Pinto ha dedicato la prima mostra personale all’interno di un’istituzione museale (Diaconia. La scrittura e l’arte), con l’obiettivo di raccontare come la sua personalità multiforme abbia contribuito “alla creazione di linguaggi innovativi ed esperienze culturali che hanno inciso in maniera decisiva sulla percezione di taluni dei processi interni alle nuove ricerche sul contemporaneo”.
Mario Diacono scompare all’età di 95 anni. Tra le prime a darne notizia, l’artista Luisa Rabbia, a lui legata da un longevo sodalizio professionale.
Livia Montagnoli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati