Amabili resti. Intervista a Matilde Sambo

In mostra alla aA29 Project Room di Milano, Matilde Sambo mette in scena un mondo nel quale dialogano elementi naturali ed emotivi. La regista Alessandra Galletta ha fatto due chiacchiere con lei.

Prima personale di Matilde Sambo (Venezia, 1993) giovane artista dalla figura esile, silenziosa, che si propone al mondo cercando di non farsi vedere. Non per timidezza, né per diffidenza, piuttosto per convenienza. Ascoltando, leggendo, osservando, fotografando e raccogliendo frammenti, cerca di mettere insieme i pezzi. Talvolta ne fa suono, e con suo padre esplora sonorizzazioni drammatiche live, e se fosse un animale sarebbe il suo ‘verso’. Talvolta ne fa immagine e, attraverso slow motion e zoom, rilegge la texture di rettili e cortecce dettandole al ritmo dell’abbandono e della fine.
Fa anche fotografie, dove un bagliore di vita attraversa la superficie dell’immagine che non è più racconto ma esperienza dei sensi.
Matilde – come una bimba disegnata – svuota le sue ampie sacche e ne escono conchiglie, cicale, ossa, capelli, mute, stalattiti e cadaveri animali e vegetali.
Falsità in buona coscienza è il titolo che ha dato a questo percorso, facendo appello al nostro senso di responsabilità e di coscienza, appunto.
Quando la consapevolezza della brevità della nostra esistenza arriva così giovani, bisogna dimostrare molto coraggio, stare concentrati e organizzarsi bene. Matilde lo fa come una guerriera e come un tatuaggio prende vita. “Un tempo l’uomo creava storie per esorcizzare la paura, questi sono i miei amuleti per esorcizzare le ancestrali paure contemporanee”. Le abbiamo fatto qualche domanda.

Matilde Sambo. Falsità in buona coscienza. Installation view at aA29 Project Room, Milano 2019. Photo credits Viviana Ginolfi

Matilde Sambo. Falsità in buona coscienza. Installation view at aA29 Project Room, Milano 2019. Photo credits Viviana Ginolfi

Componi musica elettronica, sei fotografa e videomaker. Diversi linguaggi per dire un’unica cosa, o piuttosto tante aree di azione distinte dove esprimere la tua personalità?
Scelgo secondo l’esigenza del momento, quasi in automatico prende forma ciò che vedo, sento, ascolto. Sono mondi paralleli e non ne prediligo uno in particolare, però mi rendo conto che la mia intenzione è sempre la stessa: accorgermi della sopravvivenza di frammenti di quanto fu un intero, e tentare di ricucire, di dare nuova forma a qualcosa che sembrava perso. Una rigenerazione attraverso la trasformazione e infine una rinascita.

In questa tua personale servirebbe una mappa, si incontrano cadaveri di insetti, ciuffi di capelli, denti, reliquie, conchiglie e preziosi ornamenti. Dove siamo?
È una wunderkammer un po’ minimal, un luogo di contemplazione, di attenzione. Tutti gli elementi naturali allestiti sono cose trovate per strada, nel mio percorso quotidiano. Mute di cicala, conchiglie, fossili. E la cera come legante, che trasforma aggiunge e si sottrae. L’occhio dello spettatore deve soffermarsi prima di cedere a una sorta di gioco e di scoperta. La natura è potenza, vive a prescindere dall’uomo e penso sia necessario uno sguardo di meraviglia costante. Non di ingenuità, ma di consapevolezza che vivere in equilibrio con la natura è qualcosa che dovremmo perfezionare.

Come è andata la collaborazione con la mitica Fonderia Battaglia di Milano?
I reliquiari in bronzo partono da dei modelli in cera che ho scolpito, non è stato fatto alcun tipo di stampo quindi sono dei pezzi unici, la cera e la forma sono state in tutti i sensi “perse”. La collaborazione è stata con persone di riconosciuta eccellenza professionale, che hanno capito meglio di me di cosa avessi bisogno e soprattutto hanno creduto nel mio lavoro. Per molto tempo ho creduto che l’artista “vero” non avesse bisogno di seconde mani, del lavoro degli altri. Credevo che l’arte fosse un viaggio solitario, ma non è così, almeno non del tutto. La collaborazione, lo sguardo attento di chi conosce un mestiere antico, sono essenziali per mettere in dubbio il tuo progetto, e trovare soluzioni insieme a loro diventa arricchimento.

Matilde Sambo. Falsità in buona coscienza. Installation view at aA29 Project Room, Milano 2019. Photo credits Viviana Ginolfi

Matilde Sambo. Falsità in buona coscienza. Installation view at aA29 Project Room, Milano 2019. Photo credits Viviana Ginolfi

Nella mostra ci sono due video, una manipolazione ravvicinata di cui non riusciamo a comprendere la finalità e l’origine. Che cosa fanno quei due corpi avvinti?
Hanno un contatto, un contatto finalizzato alla cura, il trattamento è una manipolazione che si concentra sui visceri, luogo di scarico della mente. Il corpo è qualcosa a cui torno sempre… per la sua fragilità, per la sua continua trasformazione e tensione. Il dolore è parte di questa terapia, tendiamo a voler cure istantanee e indolori. Preferiamo prendere una pillola per il mal di testa e andare avanti con la nostra giornata piuttosto che comprendere l’origine del nostro dolore. Dolore non è sempre fine a sé stesso, può portare rinascita, equilibrio, beneficio.

È la presa diretta di una terapia di manipolazione a scopo curativo?
Mi sono sempre curata attraverso la manipolazione corporea e ho voluto sottoporre un’amica a questo trattamento, durato circa 1 ora e mezza. Lei non era troppo consapevole di quello che stava andando a fare, un atto di fiducia nei miei confronti e di chi avrebbe preso tra le mani il suo corpo. È stato strano trovarsi a filmare questa situazione, loro erano lì per me come degli attori, ma nessuno dei due stava recitando e tra loro si era creato un contatto e un legame in cui mi sentivo quasi un’estranea. E anche filmare, nonostante il loro incontro fosse avvenuto per me, era come voler rubare qualcosa che non mi apparteneva più. Quello che ne è uscito forse non rende piena giustizia a quello che è stato, ma le mani che premono i visceri e curano un altro punto del corpo e della mente sono fascino, sono tecnica, sono conoscenza. E le reazioni di Silvia pendono tra dolore e piacere.

Matilde Sambo. Falsità in buona coscienza. Installation view at aA29 Project Room, Milano 2019. Photo credits Viviana Ginolfi

Matilde Sambo. Falsità in buona coscienza. Installation view at aA29 Project Room, Milano 2019. Photo credits Viviana Ginolfi

Amuleti e reliquiari, un misticismo quasi blasfemo, cui del resto allude il titolo della mostra Falsità in buona coscienza, significa cattiva fede? Di chi?
Il titolo è una citazione dal libro di Perniola, Più che sacro, più che profano, e ho considerato questa frase come un rifugio, quelle piccole bugie “buone” per non far soffrire. Bipolarismo, estremi, sacro, profano, superstizione, colpa, fede. Le reliquie erano divino, trascendenza, e allo stesso tempo materia, terra. I pellegrini compivano i loro cammini per raggiungere, anche attraverso il dolore, un punto oltre sé stessi, un approssimarsi a dio. Che prendeva forma in frammenti di corpi, in vesti strappate, in morte ma resurrezione.
False però erano le reliquie, con le migliori intenzioni ma false, mercato, soldi, materia. Allora perché non idolatrare il mondo tutto? Ogni suo frammento. Quello non è falsità, una stalattite di 1500 anni che cresceva sotto i nostri piedi e che staccandosi da un soffitto di dieci non si rompe, è un osso della terra, un nostro osso.

La tua personale a Milano è contemporanea a Broken Nature, XXII Triennale di Milano tutta sui temi del ruolo dell’arte durante ‘la fine del mondo’ che stiamo vivendo. Anche la Biennale con i suoi “Tempi Interessanti” ironizza sull’approssimarsi di tempi ecologicamente difficili. Senti anche tu il rischio estinzione?
Sì, lo sento, sento un costante memento mori. Ma anche qui torna un bipolarismo, mi sembra quasi di non poter fare nulla ma invece non è vero. La verità è che la Terra esisterà anche senza di noi come ha fatto molto tempo prima di noi.

Alessandra Galletta

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