Laboratorio illustratori. Monica Alletto

Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata ai giovani illustratori contemporanei. Stavolta i riflettori si accendono su Monica Alletto.

Profondamente incuriosita dall’essere umano, dalle sue vicende e dalle sue svariate sfaccettature, Monica Alletto, palermitana classe 1992, restituisce personaggi dall’anatomia ipertrofica che si muovono all’interno di scenari naturali estremamente stilizzati, ai quali accosta colori sgargianti perlopiù a tinte piatte. Instancabile sperimentatrice, opera fra illustrazione, grafica vettoriale, animazione e realtà aumentata, ambiti dove a emergere è in primis l’elemento geometrico, a favore di una sintesi efficace e di immediata lettura.

Descriviti con tre aggettivi.
Curiosa, empatica e decisamente colorata.

Qual è la tua formazione e quando hai capito che l’illustrazione sarebbe stato il tuo futuro?
La mia formazione nell’ambito dell’illustrazione è da autodidatta. Non mi sono trovata a frequentare scuole o corsi specializzati, tutto quello che so è frutto di osservazione, sperimentazione, passione e pratica costante. Credo che, al di là di qualsiasi percorso io abbia affrontato nella mia vita, l’illustrazione sia sempre stata una parte importante, perché il suo ruolo è sempre stato quello di aiutarmi a comunicare con gli altri e riuscire a superare quei muri che con il passare dell’età diventano sempre più alti. Quindi, in verità non c’è stato un “quando” collocabile a una data o a un momento preciso, intrinsecamente c’è sempre stata e ci sarà nel mio futuro, come una parte di me.

Cosa guardi maggiormente del mondo che ti circonda?
Le persone. Essendo una pendolare di professione (come dico io), mi ritrovo quasi tutti i giorni circondata da persone. Mi piace trovare l’elemento caratterizzante di ognuna, e immaginare possibili scenari in cui si possa trovare, dal reale al fantastico. Credo di aver pescato le idee migliori da questo gioco che mi ritrovo a fare tra me e me.

Monica Alletto, Riflessioni, 2019 © Monica Alletto per Artribune Magazine

Monica Alletto, Riflessioni, 2019 © Monica Alletto per Artribune Magazine

Illustrazione, animazione, grafica animata, progettazione grafica e grafica vettoriale: quale tra questi linguaggi è più congeniale alla tua espressività?
Di sicuro l’illustrazione, anche se mi è capitato di avere a che fare con gli altri linguaggi. L’illustrazione mi permette di avere una maggiore “elasticità” sia di pensiero che di azione, anche a livello tecnico.

Mi racconti dei tuoi progetti che definisci a metà fra illustrazione e realtà aumentata?
Il primo progetto che mi ha vista partecipe di questa fusione è stato nel 2017 con lo studio grafico Alkanoids di Milano e si chiamava Alchemica AR Gallery///Future. Il progetto è stato pensato in due parti, passato e futuro, io entrai a far parte degli illustratori che dovevano cimentarsi nel futuro. Ognuno doveva sviluppare il proprio lavoro e insieme a uno degli animatori dello studio si metteva in piedi questa magia. Tutto questo è stato possibile grazie all’app che hanno studiato e realizzato, che ha permesso di animare i lavori. Bastava scaricare l’app, inquadrare l’illustrazione e il gioco era fatto. Questo fu uno dei progetti più interessanti e stimolanti in cui mi sono trovata a partecipare e riscosse davvero molto successo, infatti per questo 2019 ci saranno delle novità!

La scelta della sproporzione dell’anatomia umana è di carattere prettamente estetico o funzionale a un determinato concetto?
Dipende, il più delle volte prettamente estetico. Mi trovo spesso a ingigantire i corpi e a rimpicciolire testa, mani e piedi. Mi piace visivamente questo scompenso, mi dà la sensazione di una maggiore “presenza”, e poi non è fondamentale per ciò che illustro che ci siano così tanti dettagli o che il soggetto sia riconoscibile da come ha il taglio del naso o se porta un 45 di piede. Per me è importante caratterizzare quel personaggio in funzione dell’azione che svolge o di come riesco a mettere su carta un certo suo modo di essere.

Monica Alletto, Operazione Jenga, 2019 © Artribune Magazine

Monica Alletto, Operazione Jenga, 2019 © Artribune Magazine

Descrivimi il processo creativo che ti conduce alla realizzazione di un’illustrazione e di un’animazione.
Quando mi trovo a dover realizzare un lavoro personale, il mio processo creativo parte così: orecchie, occhi bene aperti, una matita e un blocco. Il mio animo curioso mi porta sempre a spasso per la città, inizio a guardarmi intorno e segno sul blocco una serie di parole e disegni veloci; una sorta di brainstorming, molto libero, senza tema. Scelte le cose che mi hanno catturato, le inizio a intrecciare in più bozze su vari scenari. Poi, cosa per me fondamentale, è la scelta dei colori. Posso dire (fino a oggi) di non avere mai realizzato un’illustrazione dove non ci siano colori contrastanti. Per me il colore è il linguaggio più forte e diretto nelle mie illustrazioni. Quindi scelgo una palette che possa essere sempre dinamica ma che sappia al tempo stesso trasmettere l’idea o la sensazione che voglio dare con il mio lavoro, e poi passo alla fase tecnica. Porto tutto sul pc e inizio a tirare fuori il definitivo. Ciò che, secondo me, è importante, è sentirsi liberi nella fase creativa, no vincoli, no sovrastrutture, pensieri fluidi che piano piano diventano lucidi in un lavoro che funzioni.

Quali sono le tue preferenze in merito ad arte, musica e cinema?
Ho sempre avuto una predilezione per l’arte contemporanea e per tutto il mondo che le gira intorno, non solo perché è più vicina a me ma perché trovo interessante la molteplicità dei linguaggi usati per comunicare. Per quanto riguarda la musica, invece, tendo a spaziare molto, non mi faccio condizionare, sono una persona curiosa e come tale mi approccio ai generi con facilità. Per quanto riguarda il cinema, prediligo il genere biografico/documentaristico, mi piace scavare nelle vite di grandi personaggi e capire come le vicende personali entrino a far parte delle proprie opere.

A cosa stai lavorando e quali sono i progetti futuri?
Attualmente sto lavorando a diversi progetti che non posso ancora svelarvi! Mi sto trovando a dover prendere delle decisioni importanti per quanto riguarda il mio lavoro, quindi è ancora tutto da vedere, dipenderà dalla piega che gli vorrò dare da adesso in poi (anche se è molto chiara nella mia testa). Di sicuro, ciò che ho intenzione di portare avanti, indipendentemente da tutto, è avere come primo obiettivo la mia naturale passione per l’illustrazione senza alcun compromesso che possa ridurla a un lavoro senza amore.

Roberta Vanali

www.behance.net/monica_alletto

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #48

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Roberta Vanali

Roberta Vanali

Roberta Vanali è critica e curatrice d’arte contemporanea. Ha studiato Lettere Moderne con indirizzo Artistico all’Università di Cagliari. Per undici anni è stata Redattrice Capo per la rivista Exibart e dalla sua fondazione collabora con Artribune, per la quale cura…

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