Osservatorio non profit. Almanac

La storia di Almanac, con sede a Londra e a Torino. Scritta dagli stessi fondatori e animatori dello spazio non profit nato nel 2013.

Almanac è uno spazio non profit fondato nel 2013 con sede a Londra e Torino. Almanac opera con l’obiettivo di attivare un dialogo, indagando le potenzialità di un cambiamento culturale attraverso collaborazioni creative e indirizzando la comprensione delle ricerche artistiche recenti verso nuovi registri di pensiero.
Almanac è una piattaforma composta da un programma di mostre personali, residenze, un public programme di eventi e la produzione di pubblicazioni. Ha l’intento di supportare il lavoro di giovani artisti e offrire al pubblico una conoscenza più articolata delle loro pratiche.
Fondato da Guido Santandrea, Astrid Korporaal e Francesca von Zedtwitz-Arnim, Almanac ha trovato la sua prima sede nel quartiere di Dalston, a est di Londra. L’intento iniziale dei tre fondatori, che si sono incontrati nel dipartimento di Visual Cultures della Goldsmiths University, era offrire uno spazio a giovani artisti per sviluppare le loro ricerche con un programma di mostre personali e un programma complementare di eventi che potessero articolare i contenuti dei progetti presentati e facilitarne la comprensione. Da allora sono state prodotte oltre cinquanta personali e il programma si è sviluppato chiedendosi quali fossero le urgenze e le tematiche di cui era necessario parlare. Il nome ‘Almanac’ si riferisce proprio a una temporalità, a una continuità e al susseguirsi delle stagioni: sottolineando l’interesse al rapportarsi al presente e farlo risuonare nei progetti.
Nel 2014, dopo aver chiuso la sede di Londra, abbiamo aperto uno spazio a Torino, Almanac Inn, incentrato su un programma di residenze e mostre personali. Ci interessava mettere in contatto le realtà che avevamo conosciuto all’estero con quelle italiane, favorendone uno scambio. Nel 2016 abbiamo aperto un nuovo spazio a Londra, in un quartiere a sud-est, Bermondsey, a due passi dal Tower Bridge. Da allora i programmi degli spazi di Londra e Torino si sviluppano in parallelo, in continuità, permettendoci di relazionarci a due diverse realtà e costituire un ponte, invitando a Torino giovani artisti internazionali, mettendoli in dialogo con la ricerca di artisti italiani e allo stesso tempo dando visibilità all’estero ad artisti italiani.

Davide La Montagna, B8 C3, 2018. Courtesy l’artista & Almanac, Londra Torino. Photo Sebastiano Pellion

Davide La Montagna, B8 C3, 2018. Courtesy l’artista & Almanac, Londra Torino. Photo Sebastiano Pellion

POLITICHE IDENTITARIE E VISIBILITÀ

Nell’ultimo anno abbiamo lavorato a progetti che portano alla luce le diverse narrazioni che definiscono la formazione di un soggetto, sia a livello individuale che collettivo. Affrontando questioni relative a politiche identitarie, rappresentazione e visibilità, ci proponiamo di esplorare e immaginare diverse possibilità per una riconfigurazione del reale. Una posizione di eguaglianza ed emancipazione è centrale al programma, passando per tematiche legate a studi di genere, al contatto con l’altro, al rapporto tra soggetto e oggetto, sperimentando come l’arte possa ridefinire nuove relazioni tra soggetto e corpo, con l’ambiente e le norme che ne definiscono dinamiche e interazioni. Abbiamo continuato ad approfondire linee di ricerca che collegano studi di genere, postcoloniali ed ecologia.
A Torino abbiamo iniziato a presentare un programma di due personali in parallelo, una con un artista internazionale e una con giovani italiani, spesso alla prima personale. Quest’anno abbiamo presentato le ricerche di Elisa Barrera, Pietro Agostoni e Davide La Montagna, contemporaneamente a Maria Gorodeckaya, Atiéna Lansade e Holly White. A Londra invece abbiamo prodotto la prima personale di Liliana Moro in UK, mettendola in conversazione con artisti locali di una generazione più giovane. A Torino si è da poco concluso un progetto di Anna Franceschini, finanziato dall’Italian Council. Il progetto, guardando a politiche identitarie, alla rappresentazione del corpo e alla sua performatività come messa in scena, presenta una videoinstallazione ispirata alle dinamiche formali dell’opera di Carlo Mollino. I lavori in mostra indagano le architetture di uno sguardo, esplorandone le implicazioni emozionali ed erotiche e mettendo in discussione la dialettica tra sguardo femminile e maschile nella storia del cinema. Parallelamente a Londra abbiamo presentato una personale di Adam Christensen, che esplora l’idea di performatività di un soggetto e di un genere.
Il programma è curato da Guido Santandrea e le produzioni sono seguite da Iside Pandolfo, con il contributo del board di trustee e associati. Il programma a Torino è sostenuto dalla Fondazione CRT e dalla Compagnia di San Paolo, oltre a una rete di supporter. I prossimi progetti saranno personali di Gaby Sahhar, Rebecca Lennon e Cleo Fariselli.
La finalità che ci poniamo è continuare a sviluppare progetti che si rapportino al presente e alle sue urgency, che portino alla luce tematiche che risuonano alle basi del nostro quotidiano, e allo stesso tempo dare spazio alla ricerca di giovani artisti, ponendoci come primo step per la loro carriera e come mezzo per facilitarne la comprensione e un incontro con il pubblico.

‒ a cura di Dario Moalli

http://almanacprojects.com/

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #47

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Dario Moalli

Dario Moalli

Dario Moalli (Vigevano 1991) studia Storia e critica dell’arte all’università di Milano, nel 2013 si è laureato in Scienze dei Beni culturali, e da qualche anno vive stabilmente a Milano, dove vaga in libertà. Condivide l’interesse per l’arte con quello…

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