Come sarà l’edizione 2025 (e il futuro) della fiera The Others a Torino? Parola al fondatore
In vista della settimana dell’arte torinese, abbiamo parlato con Roberto Casiraghi ideatore di The Others che dal 2011 si propone non solo come una fiera ma come uno spazio creativo in cui scambiare visioni sul presente e sul futuro, che, come prefigura questa XIV edizione, forse è già qui…
Da sempre laboratorio indipendente e visionario nel panorama dell’arte contemporanea italiana, The Others Art Fair torna, dal 30 ottobre al 2 novembre 2025, negli spazi dell’ITCILO di Torino, con la XIV edizione intitolata The future is here, right now! Ideata da Roberto Casiraghi, la fiera si conferma come piattaforma dedicata alle nuove tendenze e ai linguaggi emergenti, capace di creare un dialogo tra gallerie, artist-run space e collettivi internazionali in un contesto dinamico e inclusivo.
Quest’anno, con l’ormai collaudata direzione artistica di Lorenzo Bruni, The Others intreccia arte, tecnologia e interculturalità in un percorso ancor più dinamico. Ne abbiamo parlato con Roberto Casiraghi, ideatore della manifestazione, per comprendere come The Others continui, dopo quattordici anni, a reinventare la propria identità restando fedele alla sua vocazione più autentica: essere uno spazio di libertà creativa, per sviluppare una visione critica e condivisa sul presente e futuro dell’arte e della realtà.
Intervista a Roberto Casiraghi, ideatore di The Others Art Fair 2025
Partirei dall’immagine guida di Simone Rotella: “Allegoria del futuro” per capire come dialoga con il tema centrale della fiera, “The future is here right now?” È un invito a immaginare o a riconoscere il futuro nel presente?
Direi di sì, ci troviamo con una rappresentazione grafica di tre volti, Simone Rotella ha proposto una rivisitazione contemporanea delle tre età dell’uomo, in cui però quella centrale è decisamente futuristica, metafora di un domani che, proprio come suggerisce il sottotitolo della fiera è già qui oggi.

Per il secondo anno The Others torna all’ITCILO. In che modo l’architettura del campus e la sua vocazione internazionale influenzano l’esperienza di visitatori e artisti?
Per noi l’edizione dell’anno scorso, la prima all’International Training Centre of the ILO è stata ricca di soddisfazioni, soprattutto per l’integrazione tra questo contesto internazionale, pubblico ed espositori. Tuttavia, per quanto sia stata una bella esperienza, per l’anno prossimo siamo pronti a stupirvi ancora… ma al momento non posso aggiungere altro.
The Others si definisce da sempre “laboratorio critico e relazionale” più che fiera. Come si traduce concretamente questa filosofia nell’edizione 2025, tra mostre, performance e opere sonore?
In linea con il percorso che stiamo portando avanti anno dopo anno, cerchiamo di stringere il rapporto tra pubblico e opere, offrendo quante più chiavi di lettura possibili; obiettivo a cui naturalmente contribuisce il comitato scientifico, essenziale per capire e anticipare i prossimi sviluppi dell’arte.
A proposito di chiavi di lettura, quest’anno la fiera è costruita intorno a tre macro-temi: la soglia e la città; il viaggio e l’interculturalità; il corpo e gli inganni della visione. Come sono nati questi percorsi e che tipo di dialogo instaurano tra loro?
Voglio precisare che i nostri percorsi non nascono a priori, sulla base di mere speculazioni teoriche, ma vengono sviluppati sulla base dei progetti che ci vengono proposti. Quindi non sono le opere che si adeguano al progetto ma il contrario. Rispetto a tante fiere, The Others è una manifestazione che offre una panoramica dell’attualità, non sterili speculazioni astratte. Diciamo che cerchiamo anche di essere “inclusivi, offrendo delle tematiche comprensibili anche ai non addetti ai lavori, volte a rendere più semplice e piacevole il percorso. Insomma, i nostri filoni espositivi non sono concepiti come un’imposizione ma come un’agevolazione. L’unico aspetto su cui abbiamo insistito particolarmente è quello del “futuro adesso”.
Ecco, proprio qui volevo arrivare. Molti progetti pongono l’accento sulla relazione tra arte e tecnologia, spesso in chiave critica. Cosa significa, per voi, affrontare il futuro senza cadere nell’entusiasmo cieco per l’intelligenza artificiale?
Potremmo discuterne per settimane… In sintesi le posso dire che secondo me l’arte non ha nulla da temere (almeno me lo auguro), perché è la manifestazione dell’intelligenza umana per antonomasia; insomma, dubito che l’AI possa sostituirla. Mentre, come strumento, penso possa essere utile ma sempre se adoperato sotto il pieno controllo umano, come espressione dell’intelligenza naturale. Insomma io non credo che gli artisti si possano far sostituire dalla macchina.

Quest’anno The Others riunisce 57 espositori da Europa e America Latina, con una presenza sempre forte di spazi indipendenti, in che modo questa pluralità di attori contribuisce a ridefinire la geografia dell’arte emergente?
Ci proponiamo di proporre una visione sempre più ampia del panorama internazionale, portando a Torino elementi fuori dal mercato tradizionale, per offrire al pubblico un’autentica occasione di scoperta. Quest’anno ci saranno espositori per cui questa sarà la prima fiera in assoluto.
A proposito della Fiera in relazione a Torino, che rapporto c’è con la città?
Per quanto riguarda l’ecosistema delle fiere e delle settimane dell’arte, Torino in Italia è stata un apripista. È stata la prima a rendere queste occasioni un momento catalizzatore dell’arte contemporanea a livello non solo nazionale ma anche internazionale. E the Others, in questo contesto è stata una delle prime realtà a proporre, sin dalle prime edizioni, ormai 14 anni fa, una programmazione serale di eventi musicali e performativi underground, in location sorprendenti; come il carcere, il vecchio ospedale. Poi con il passare degli anni l’offerta è stata integrata e anche migliorata dalle altre realtà quindi noi abbiamo fatto un passo indietro in tal senso, orgogliosi di aver contribuito a dare il là a un movimento.
Una parola sul board curatoriale che quest’anno, con la presenza di Caterina Angelucci e Carolina Ciuti, accanto a Lýdia Pribišová ed Elisabetta Roncati, si caratterizza per sensibilità e provenienze differenti?
Dal 2019 abbiamo la fortuna di aver incrociato il nostro percorso con quello di Lorenzo Bruni, direttore artistico di The Others, con cui abbiamo instaurato una collaborazione che nel tempo si sta facendo sempre più feconda, dato che lui è particolarmente connesso ai temi della fiera. Quest’anno, sempre grazie a lui, abbiamo ampliato il nostro comitato scientifico con Angelucci e Ciuti, che si sono affiancate alla Pribišová e alla Roncati, portando una ventata di ulteriori novità, anche internazionali, nel nostro board.
Per concludere, guardando oltre questa edizione, che tipo di futuro immagina per The Others?
Immaginiamo uno scenario ancora più internazionale e stupefacente per gli spazi espositivi che stiamo predisponendo. Ma, come dicevo, per ora non voglio aggiungere di più…
Ludovica Palmieri
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