Quando il colore della cultura è il verde
La sensibilità ma anche la consapevolezza ecologica dell’opinione pubblica non sono da sottovalutare. Un ente culturale che sposa il tema ambientale persegue obiettivi importanti. Che vanno gestiti.
![Quando il colore della cultura è il verde](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2015/09/La-torre-delle-api-alveare-urbano-di-Andrea-Lberni-pe-Green-Island.jpg)
La sensibilità ma anche la consapevolezza ecologica dell’opinione pubblica non sono da sottovalutare. Un ente culturale che sposa il tema ambientale persegue obiettivi importanti: da un lato fa emergere la propria vocazione ecologica sia interna (verso lo staff) che esterna (verso i portatori di interesse); dall’altro avvia una policy comunicativa distintiva.
Comunicare eco-friendly significa fare una scelta “di parte”, volendo intercettare un pubblico più o meno esteso in funzione delle azioni adottate. Possono essere individuate modalità leggere (nell’ambito di una mostra, per esempio, comunicando che gli allestimenti sono realizzati con materie riciclate) o incisive (nel caso in cui si adotti una campagna di comunicazione culturale green).
La dimensione ambientale può essere una “mediazione” di valori o diventare uno degli obiettivi della missione capace di incuriosire i non-pubblici, probabilmente già educati al macrotema della sostenibilità. Con la conseguenza di ridurre i “costi di attivazione” che la decisione di primo accesso spesso comporta. Per questo è interessante introdurre politiche e azioni di impatto ambientale nell’ambito delle istituzioni culturali e non solo come sana consuetudine.
![Ilaria Innocenti, Flora-Green - prod. Karpeta](http://www.artribune.com/wp-content/uploads/2016/04/Ilaria-Innocenti-Flora-Green-prod.-Karpeta-480x360.jpg)
Ilaria Innocenti, Flora-Green – prod. Karpeta
Le buone pratiche si “sprecano”: dall’adesione a iniziative di sostenibilità (come la giornata nella quale si spengono le luci un’ora prima della normale chiusura) o a standard ambientali (per esempio la certificazione 14.001) alla presenza nello staff di figure operanti in materia di tutela ambientale (con l’individuazione di un responsabile per la gestione e il monitoraggio degli aspetti e del “rischio” ambientale), dalla verifica dell’impatto degli impianti (tecnologici, informatici ecc.) a quella sui servizi (dai rifiuti ai trasporti alle forniture) e sull’acquisizione delle materie prime (dalla carta all’energia, all’acqua), fino alla progettazione di spazi come i bookshop museali con prodotti km 0. Il pubblico e l’accountability apprezzerebbero senz’altro.
Non pensiamo che l’alfabeto del consumo consapevole e della spesa responsabile per le istituzioni culturali siano solo procedure difficili da attuare. La sostenibilità è un habitus mentale, un’abitudine quotidiana: al posto delle bottiglie di plastica una caraffa d’acqua.
Irene Sanesi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #30
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