Visioni Urbane

In questo nuovo appuntamento, il progetto espositivo si concentrerà sul tema della città, esplorata attraverso gli sguardi, i linguaggi e le sensibilità di 5 artisti.
Comunicato stampa
In questo nuovo appuntamento, il progetto espositivo si concentrerà sul tema della città, esplorata attraverso gli sguardi, i linguaggi e le sensibilità di 5 artisti. Il percorso prende forma da un’indagine trasversale che non si limita alla rappresentazione dello spazio urbano, ma ne interroga i segni, i vuoti, le trasformazioni, le memorie e le possibilità immaginative.
La città, vissuta, attraversata o soltanto evocata, diventa così fonte di ispirazione e terreno di sperimentazione visiva e concettuale.
Ogni artista apporta una prospettiva unica al progetto, contribuendo con opere che rivelano riflessioni, tensioni e visioni personali sul contesto urbano.
I lavori di Max Marra pongono interrogativi profondi sul significato stesso di città e le persone che la abitano. Nei lavori scelti c'è la memoria del tempo, esperienza visiva tangibilmente vera perché vissuta in quel presente reale e mai dimenticata. La città del tempo che fu erano le piazze del fermento della passione politica, delle contestazioni studentesche, delle grandi mostre nei musei della città ma anche nelle proposte delle importanti gallerie private e incontri culturali di eccezionale interdisciplinarietà.
Mario De Leo rielabora lo skyline urbano utilizzando materiali insoliti come i circuiti stampati. Oggetti appartenenti al quotidiano tecnologico, che spesso ignoriamo o diamo per scontati, diventano elementi visivi potenti e spiazzanti. Le sue composizioni catturano lo sguardo e ci invitano a ripensare la nostra relazione con la città contemporanea e con i suoi elementi più nascosti.
Rimanendo nell’ambito di una ricerca vicina all’arte concettuale, le opere di Giovanni Ronzoni operano un progressivo svuotamento della forma, riducendo il paesaggio urbano a piccoli frammenti sempre più essenziali, quasi stilizzati. Questo processo di semplificazione conduce successivamente ad un ritorno alla complessità: una vera e propria esplosione cromatica che dà origine a mappe ideali, dove l’astrazione si fonde con la memoria e la percezione dello spazio.
Infine Isabella Rigamonti e Max Falsetta Spina presentano parte della loro ricerca fotografica, simile nei soggetti ma allo stesso tempo opposti nelle modalità di sviluppo del soggetto.
Isabella Rigamonti infatti, pur lavorando in digitale, rinuncia a rielaborazioni post-produzione, dando vita a immagini che evocano la pittura, grazie a una tecnica che produce effetti di velatura e sovrapposizione. Il suo lavoro si muove tra fotografia concettuale e gesto pittorico, accostando sezioni in bianco e nero con porzioni a colori, restituendo all’immagine una dimensione fluida, in movimento, quasi onirica.
Di segno opposto ma altrettanto sperimentale è l’approccio di Max Falsetta Spina, in cui il soggetto viene piegato e modificato attraverso uno scrupoloso lavoro di studio, pronto a trasformarsi ed a mostrarsi sotto una nuova luce. Parte integrante della sperimentazione inoltre è anche la scelta dei materiali, dove le fotografie escono dalla loro bidimensionalità per diventare delle vere e proprie installazioni, che invitano spettatore a scoprirle non solo visivamente, ma anche nello spazio, interagendo con la loro fisicità.
Cinque punti di vista, cinque modalità di attraversare, rileggere e reinventare la città, offrendoci nuove lenti per osservarla, comprenderla e – forse – immaginarla di nuovo.