{to} puzzle

Informazioni Evento

Luogo
OTTO GALLERY
Via D'Azeglio 55, Bologna, Italia
Date
Dal al

martedì – sabato 10:30/13:00 – 16:00/20:00
Domenica e lunedì su appuntamento

Vernissage
15/10/2011

ore 19

Artisti
Andrea Facco, Gianni Moretti, Giovanni Termini
Curatori
Alberto Zanchetta
Generi
arte contemporanea, collettiva
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La miscellanea di opere, che rispetta criteri di prossimità linguistica e di analogia visiva, non intende proporre una tripersonale bensì un’esposizione corale.

Comunicato stampa

Dopo il progetto {to} PLOT, presentato in anteprima ad ArtVerona 2011, la OTTO Gallery di
Bologna è lieta di ospitare la mostra {to} PUZZLE che vede nuovamente coinvolti Andrea
Facco, Gianni Moretti e Giovanni Termini.
A differenza del progetto {to} PLOT, in cui gli artisti erano invitati a relazionarsi in spazi
delimitati a priori, la mostra a Bologna adotta un allestimento del tutto diverso, disponendo le
opere con soluzione di continuità o di contaminazione reciproca. La miscellanea di opere,
che rispetta criteri di prossimità linguistica e di analogia visiva, non intende proporre una
tripersonale bensì un’esposizione corale. Com’è noto, il puzzle è un enigma che può essere
risolto con molta pazienza ma occorre anche un metodo preciso per riuscire a far “coincidere
i pezzi”. Tuttavia, nella lingua inglese il verbo to puzzle significa “confondere”, ed è proprio
l’idea della miscellanea a definire un rimescolamento dei generi e delle problematiche che
caratterizzano le ricerche dei singoli artisti. Mettendo in relazione i materiali poveri di Moretti
con i materiali industriali di Termini e quelli pittorici di Facco, la mostra si pone l’obiettivo di
verificarne le ricerche artistiche più che le opere in strictu sensu. Gli artisti, infatti,
indagheranno il processo da cui ha origine il proprio lavoro, esercitandosi intorno al
linguaggio dello scetticismo, di chi cioè questiona l'esistenza di ogni opera ricacciandola nel
dubbio dell'origine. Come spiegano gli artisti: «la creatività si nutre dei conflitti che cerca di
sedare inutilmente» [Termini], «il lavoro finale è un “incidente”» [Moretti], «dall’idea alla
realizzazione c’è in mezzo tanto tempo e non sempre è divertente» [Facco].
Le opere di Gianni Moretti si arrovellano su un “processo costantemente frustrato”, sono
esercizi – di aderenza, avvicinamento, approssimazione, misurazione, salvataggio – che
fanno leva sull’ossessione e sul diritto all’errore, sancendone l’estetica. La predisposizione
all’imprevisto e al disequilibrio diventa quindi lo strumento di comprensione e di
significazione delle cose, capace di far aderire la realtà a un modello ideale che le preesiste
nella mente. Giovanni Termini indaga invece il concetto di opera aperta e opera chiusa
attingendo alla “estetica dei cantieri”, luoghi di seduzione e fonte d’ispirazione da cui poter
attingere quella sovrastruttura che gli permetterà di approdare alla forma finale; le sue opere
sono portate a misurarsi con lo spazio (solo apparentemente) vuoto, verificando le storie
minime/residuali che in esso attendono di essere pensate. Il concetto del residuo è presente
anche nella ricerca di Andrea Facco, il quale si cimenta con la grande tradizione pittorica
ponendosi il problema di rivelarne il modus pingendi. L’infingimento delle immagini e lo
svelamento della loro struttura sintattica (non più “a perdere”) vengono esplicitati attraverso il
linguaggio meta-pittorico, che non intende dipingere aneddoti ma desidera piuttosto
raccontarne la genesi creativa.