To make a prairie

Informazioni Evento

Luogo
BIFFI ARTE
Via Chiapponi 39, Piacenza, Italia
Date
Dal al

mardedi a sabato 10.30 - 12.30 e 16.00-19.30
domenica 16.00 - 19.30

Vernissage
24/04/2013

ore 18

Curatori
Susanna Gualazzini
Generi
arte contemporanea, collettiva
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To make a prairie… è occasione per rendere omaggio a tre percorsi artistici di forte identità, irriducibili a un segno comune ma insieme capaci di evocare, nella loro appassionata ricerca, la nozione di natura, intesa come spazio aperto alla relazione.

Comunicato stampa

To make a prairie...
Chiara Briganti | Michelle Jarvis | Brigitta Rossetti A cura di Susanna Gualazzini
24 Aprile | 2 Giugno 2013 Inaugurazione | Mercoledì 24 Aprile ore 18
To make a prairie it takes a clover and one bee,
And revery.
The revery alone will do
If bees are few.
Emily Dickinson
Un poco di trifoglio, un’ape e il sogno.
Non occorre di più per fare un prato.
Il sogno può bastare,
se le api sono poche.
To make a prairie... è occasione per rendere omaggio a tre percorsi
artistici di forte identità, irriducibili a un segno comune ma insieme capaci di
evocare, nella loro appassionata ricerca, la nozione di natura, intesa come
spazio aperto alla relazione. E infatti nelle opere delle tre artiste, pure così
difformi, si svela in controluce la presenza – spesso segreta – di “paesaggi” di
volta in volta mentali, poetici, spirituali, onirici, naturalistici. Spazi con cui è
possibile dialogare, o meglio spazi disponibili all’interrogazione. Al rischio e
alla suggestione propri di ogni vero incontro.
Pretesto poetico, il prato evocato dai versi di Emily Dickinson accoglie con
gentilezza le cifre peculiari delle tre artiste: un poco di trifoglio per i tracciati
naturali di Michelle Jarvis, un’ape per l’operosità ispirata di Brigitta Rossetti,
un sogno per le mises en scène oniriche di Chiara Briganti.

Chiara Briganti
Tessuta dell’oro sottile e antico di una longeva vocazione, con scelta coraggiosa Chiara Briganti
chiude, negli anni Settanta, una feconda relazione settennale con il Palazzo del Quirinale, e dopo
averne riordinato schedato e restaurato tutti gli apparati artistici, si ritira a “fare le scatole”. E ci
hanno provato in tanti, a definirli, questi “idiorami” (Mario Praz), “giardini incantati” (Mario
Farinelli), “teatrini”, “contenitori di sogni”, “trappole di legno e vetro”, “vetrinette”: sono reliquiari
felici (o infelici?) in cui Briganti riversa tutti i nodi, spesso intimi, di una vita certamente fortunata
ma non priva di fatiche. Nasce uno straordinario repertorio di mondi immaginati e immaginari,
una “mitologia individuale di cui Chiara sola sembra avere la chiave” (Mario Praz) ma in cui alla
fine “ognuno deve vedervi ciò che vuole”.
Briganti accoglie e raccoglie di tutto: pezzetti di vita, di oggetti, di memorie; ritaglia, scolla e
incolla, trasforma e tesse microcosmi di irresistibile poesia. Saccheggia le proprie memorie e le
offre sotto vetro, nell’incanto di pietrine colorate, schegge di legni, piumini di denti di leone, fili di
lana antica, sagome ritagliate da stampe (autentiche), lenzuolini di lino, pupette Biedermeier. E
sono infiniti gli estuari, letterari, onirici, psicologici, che questi teatrini aprono in chi li osserva,
estuari che dialogano certamente con le conoscenze personali di ciascuno di noi, ma anche e
soprattutto con le nostre nostalgie, le passioni, le ossessioni. E solo in apparenza i titoli-citazione
aiutano: sono piuttosto frammenti di saggezze remote e letterarie a cui l’artista attinge, coniugando
liberamente esperienza, immaginazione, cultura. E sono citazioni che ci portano lontano, oppure
proprio lì, in questi “beati stanzini delle scope (volanti e stregate)”, dove viene voglia di stare
accucciati, come scrive Marco Vallora, “accolti e cullati come parassiti ben pasciuti”.
Michelle Jarvis
“Arrivata col vento” a Groppallo (Piacenza), dove sceglie di vivere dopo una lunga esperienza di vita e di lavoro milanese, Michelle Jarvis recupera la perizia manuale dell’Art and Craft tipicamente inglese, e sceglie il feltro, tessuto non-tessuto per eccellenza, duttile e insieme rigoroso, severo ma capace di evocare imprevedibili morbidezze. Con il feltro l’artista crea pannelli su cui interviene sia con il ricamo (un precisissimo punto catena) che con la stampa, a tracciare una sorta di scrittura paleografica della natura. Sorprende il senso di immanenza di queste opere, l’idea di un semplice essere qui, senza cercare un “meraviglioso altrove”, creando una sorta di “copia” della natura: comunque improficua, perché la natura è sempre più bella. Ed è affettuosamente e filologicamente piacentina, questa natura: sono i sassi grigi plasmati dalle acque del Nure (il trittico Rocks Portrait, Waterfall), le foglie bruciate dei boschi di Groppallo (Sottobosco), le antiche cortecce preappenniniche che Jarvis raccoglie e ridisegna in una geografia propria e personalissima.
Brigitta Rossetti
Steel magnolia tenera e forte, Brigitta Rossetti coniuga la ricerca artistica alla parola poetica e con questi due strumenti (straordinariamente maneggiati) disegna i propri “paesaggi” che sono, prima di qualunque altra istanza, interiori. Sorprende la trascendenza di queste opere, l’espressione di un panico senso del sacro che Rossetti cerca e rintraccia nella natura. Sono lavori che integrano al concetto di una natura da salvare (fortemente sentito dall’artista e affatto contemporaneo) l’essenza di una urgenza interiore inesauribile a cui l’artista riesce sempre ad assicurare l’incanto della ispirazione, nel suo significato più antico. Rossetti è artista “ispirata”, viene da dire combusta, dalla propria ispirazione, che la porta a misurarsi con una sorprendente varietà di linguaggi.
Gli esiti sono i più diversi e la mostra ne valorizza la varietà: dalle istallazioni (la serie di Children’s Garden e Passi Verdi), ai sedimenti cromatici dei cubi (Alla ricerca del fiore bianco), ai grandi pannelli contemplativi (Aquae aureae), sempre sul crinale acrobatico di un linguaggio che oscilla fra informale e figurativo, in cui la natura, con le sue forme più care e note, sembra passare e scivolare via (la serie di Lost Spring), lasciando di se’ sinopie struggenti. Ma sono anche opere di grandi silenzi, che evocano spazi dilatati, forse (anche) quelli della campagna padana più poetica, in cui Brigitta Rossetti è nata e cresciuta, in cui ha educato il proprio sguardo e in cui, con intermittenze metropolitane, tuttora tempra e affina le proprie inquietudini.
La critica ha scritto di loro:
“Su quelle che sono le origini dei prodotti di Chiara, il mio interesse è nullo: lascio ad altri di pronunciare e soppesare i nomi di Marcel Duchamp, di Man Ray, di Joseph Cornell, di parlare su temi quali surrealismo, fantasia onirica, e simili. Per me, e mi basta, ognuna di queste sottili, imprevedibili creazioni costituisce il punto di avvio per un romanzo (che non scriverò mai), per un racconto (che resterà alla fase gestatoria), per una lunga serie di domande. tutte senza risposta. Alle scatolette di Chiara sono debitore di uno dei più efficaci stimoli (parola brutta ma necessaria) che mi consente di evadere da un’esistenza tutto sommato banale e monotona”
Federico Zeri
“Michelle Jarvis è una donna che entra nella natura: il suo non è un dialogo, ma un corpo a corpo con le sue forme. Le modifica, ne sposta i colori, ne ridisegna le geometrie ma alla fine si ha l’impressione che la natura sia sempre più forte. La sua è la ricerca di una forma primordiale che rimanga cristallizzata in eterno nel morbido abbraccio del feltro”
Agnese Klein
“C’è la storia di ognuno di noi nelle opere di Brigitta Rossetti; c’è il senso del tempo, indefinito e sospeso, lo spazio immaginario, interiore, dello spirito; c’è la disfatta dell’uomo e del mondo, l’ansia del distacco, la perdita dell’Eden. Brigitta Rossetti ci conduce su una scala antica, alla ricerca di noi stessi, della nostra storia, del nostro futuro, per inerpicarci verso un bosco verdeggiante e idilliaco, verso un nuovo mondo di rispetto e libertà, in cui corpo e spirito possano finalmente ritrovare l’originaria osmosi”
Guido Folco.

Cenni biografici:
Chiara Briganti (Montpellier, 1921), francese di origini, è sempre vissuta in Italia, dove si è occupata di storia dell’arte, di restauro pittorico, di architettura di interni e di design, curando anche il recupero del patrimonio artistico e degli arredi del Palazzo del Quirinale. Sono del 1978 i primi esperimenti di mise-en-boîtes, le scatolette incantate ospitate in numerose mostre sia personali che collettive, in Italia e all’estero, in Musei e Collezioni private.
Dal 1989 è Officier de l’Ordre des Arts et des Lettres.*
Michelle Jarvis (Sheffield, 1959), studia Moda e Tessile alla St.Martins’ School of Art di Londra e dopo numerose esperienze professionali a New York, approda a Milano dove lavora per diversi anni nel circuito della moda e del design. A partire dagli anni Novanta inizia una personale ricerca artistica sperimentando con il feltro, la lana, la seta e creando un proprio linguaggio. Le sue opere sono state esposte in numerose Gallerie d’Arte milanesi e londinesi.
Brigitta Rossetti (Piacenza, 1975), laureata in Lettere Moderne e specializzata in Comunicazione Multimediale e Grafica Digitale, è poetessa in origine, e integra poesia, pittura e istallazione in un originale percorso di ricerca. Ha partecipato a numerosi workshop internazionali, tra i più importanti per la sua formazione, Painting is Liberty con i cinesi Zhou Brothers, Medien Arbeiten con la video artist polacca Anna Konik e Skulptur Warum? con la scultrice e performer tedesca Asta Gröting, tutti all’Internazionale Akademie fûr bildende Kunst di Salisburgo. Ha al suo attivo quattro cataloghi monografici e le sue opere sono presenti in alcuni Musei e Gallerie d’Arte; attualmente lavora fra Milano e Chicago dove ha uno studio personale e figura tra i 50 resident artists dello Zhou Brothers Art Center. Dal 2012 è parte della scuderia di Sergio Gomez, curatore della 33 Contemporary Art Gallery di Chicago.

*Le opere di Chiara Briganti sono offerte per gentile concessione dalla Galleria Ceribelli di Bergamo