Testimoni dei Testimoni. Ricordare e raccontare Auschwitz
Allestito in uno spazio istituzionale della Capitale, il percorso della mostra suggerisce il “passaggio di memoria” dai testimoni che hanno vissuto la deportazione alle generazioni future.
Comunicato stampa
Dall’incontro con alcuni studenti romani che hanno partecipato al Viaggio della Memoria e dalla volontà del Comune di Roma, è nata Testimoni dei Testimoni. Ricordare e raccontare Auschwitz,
Allestito in uno spazio istituzionale della Capitale, il percorso della mostra suggerisce il "passaggio di memoria" dai testimoni che hanno vissuto la deportazione alle generazioni future.
Gruppi di persone, famiglie di origine ebraica – ancora unite – ci guardano da un mosaico di fotografie all’ingresso della mostra.
Uno spazio ristretto, in cui il visitatore è invitato a entrare, rievoca il vagone delle deportazioni. Le porte si chiudono. Nell’oscurità le voci di Mussolini e di Hitler, l’inneggiare esaltato delle folle, il ritmo incalzante del treno.
Le porte del vagone si riaprono, altri volti ci osservano, quelli di coloro che avevano già varcato le soglie dei campi di sterminio. Una proiezione mostra la struttura del campo di Auschwitz, dove furono deportati non solo ebrei, ma anche prigionieri politici, oppositori, sinti, rom, omosessuali.
Le grandi pareti dei ritratti nascondono le storie intrappolate nei campi e nei meandri della memoria di chi ha visto e vissuto. Grandi volti di deportati ci guardano, ci interpellano, ci chiedono di ricordare e di raccontare.
Accostando l’orecchio alle pareti si ascoltano le voci e le storie dei sopravvissuti, di coloro che si sono presi carico di raccontare a noi, oggi. Sono alcuni dei testimoni che sono tornati ad Auschwitz ad accompagnare i più giovani. Sono coloro che vogliono affidare la loro memoria a nuovi testimoni.
Tre schermi accolgono i volti degli studenti che hanno ideato e voluto questo percorso e che, con i loro racconti, danno inizio a questa nuova, eppure così primaria, forma di memoria.
Il percorso prosegue con tre approfondimenti. Uno dedicato alla progettazione della “macchina di sterminio” e alla pianificazione degli esperimenti scientifici. Uno alla babele linguistica, la “Lagersprache”, la lingua che serviva a sopravvivere in un luogo dove non capirsi e non capire poteva significare essere fucilati all’istante. Uno al tentativo di recuperare le innumerevoli identità registrate come numeri di serie. In questa sala spetta al visitatore, avvicinandosi ai monitor, far riaffiorare l’identità perduta dei prigionieri.