Tesori svelati della collezione Biscozzi Rimbaud

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE BISCOZZI RIMBAUD
piazzetta Giorgio Baglivi 4, Lecce, Italia
Date
Dal al

marzo-aprile ore 16.00 – 19.00; da maggio ore 17.00 – 21.00

Vernissage
23/03/2024

ore 19

Biglietti

8 euro. Ridotto: 5 euro - per gruppi superiori alle 15 unità residenti a Lecce e provincia, minori di 18 anni, scolaresche della primaria e delle secondarie, studenti di università, accademie d’arte e conservatori provvisti di libretto, insegnanti. Gratuito per bambini fino ai 6 anni, diversamente abili (e accompagnatore), un accompagnatore per ogni gruppo, militari e forze dell’ordine con tesserino, guide turistiche, giornalisti con tesserino

Curatori
Roberto Lacarbonara
Uffici stampa
MARIA BONMASSAR
Generi
collettiva, arte moderna
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La collettiva racconta la nascita e lo sviluppo della collezione permanente della Fondazione esponendo, per la prima volta, 23 lavori custoditi all’interno dei depositi.

Comunicato stampa

Dal 24 marzo al 2 giugno 2024, la Fondazione Biscozzi | Rimbaud di Lecce presenta la mostra Tesori svelati della collezione Biscozzi Rimbaud, a cura di Roberto Lacarbonara.

La collettiva racconta la nascita e lo sviluppo della collezione permanente della Fondazione esponendo, per la prima volta, 23 lavori custoditi all’interno dei depositi, come sottolinea Dominique Rimbaud che afferma: “Con questa mostra vogliamo ripercorrere la storia della collezione esplorando alcuni percorsi intrapresi ma non esplorati fino in fondo, come nel caso della pittura figurativa legata al paesaggio e al soggetto umano. Sin dall'apertura della nostra Fondazione, abbiamo scelto di incontrare un pubblico quanto mai ampio ed esigente, condividendo aspetti differenti della ricerca artistica: adesso abbiamo voluto anche "svelare" ciò che conserviamo nei depositi, che merita altrettanta attenzione e desta grande meraviglia”.

La scelta di esporre le opere mai viste del museo salentino, a tre anni dall’apertura, nasce dalla volontà di accompagnare i visitatori nell’ampio panorama culturale della pittura del Novecento, in continuità con il programma de Le Storie dell’Arte. Il Novecento, il ciclo di incontri ospitato con frequenza bisettimanale, da febbraio a giugno 2024, dedicato agli autori e ai temi dell’arte contemporanea italiana.

La mostra è suddivisa in tre sezioni, una per ogni sala espositiva, focalizzate su alcune delle principali tematiche di ricerca: la Figura, il Paesaggio e lo Spazio.

“Questa raccolta di opere è nata, come spesso nella nostra vita, da un’intrusione del caso. Tutto è cominciato con una litografia di Renzo Vespignani e una di Ugo Attardi, acquistate nel 1969 da un venditore di libri porta a porta, un po’ balbuziente. Non sapevo chi fossero quegli artisti, mi piacevano ed istintivamente le comprai. Ma credo che la mia curiosità – è sempre il caso? – vada retrodatata nell’infanzia. È lì che ci troviamo soli a stupirci di tutto quello che la natura, le cose, le persone grandi e piccole come noi, l’ambiente in cui cresciamo, ci pone davanti e ci dà il bagaglio che nel seguito non ci lascerà più”. Da queste parole del fondatore Luigi Biscozzi, si avvia il percorso espositivo della prima sala, dedicata al tema della Figura, in cui, accanto alla litografia di Ugo Attardi (Sori, Genova, 1923 – Roma, 2006), Figura di donna con paesaggio del 1968, compaiono i rari disegni di Carlo Barbieri  (San Cesario, Lecce, 1910 – Roma, 1938), talentuoso artista salentino scomparso a soli 28 anni: un autore che, tra pittura e poesia, operò alla rappresentazione degli aspetti intimi e pulsionali del soggetto moderno, aderendo a una poetica esistenzialista.

A questo orizzonte si rivolgono anche le opere di Bepi Romagnoni (Milano, 1930 - Capo Carbonara, Cagliari, 1964)– in mostra Voci diverse, 1960-61 – e di Tino Vaglieri (Trieste, 1929 - Milano, 2000), principali esponenti del “Realismo esistenziale”, movimento del Dopoguerra che intese problematizzare il rapporto tra uomo e ambiente, uomo e società, attraverso una pittura espressionista dai toni decisi, violenti, energici, spesso giungendo a una plasticità tormentata, informe e materica, fino alla frequente dissoluzione della figura. Sullo sfondo, la lezione surrealista, di evocazione mitica e onirica, di un autore come Sebastian Matta (Santiago del Cile, 1911 – Civitavecchia, 2002) di cui è esposta una preziosa Composizione del 1971.

La seconda sala ospita lavori concepiti a partire dall’osservazione del Paesaggio tra gli anni Cinquanta e gli anni Novanta. La lezione neofigurativa di Renzo Vespignani (Roma, 1924 – 2001), guida e principale animatore della Scuola Romana e di cui è qui esposto Senza titolo del 1968, elabora una grammatica di segni, forme e geometrie essenziali che trovano massima espressione nella ricca produzione delle incisioni già durante gli anni dell’occupazione tedesca della Capitale, anche confrontandosi con l’espressionismo grafico di autori come Grosz e Dix.

Tensione opposta nel quieto e meditato paesaggismo di Mauro Chessa (Torino, 1933-2022), in cui la visione metafisica dei luoghi e la qualità atmosferica della pittura si orientano all’osservazione di paesaggi deserti, periferie e campagne della sua Torino: in mostra l’opera Fra cielo e acqua del 1979.

Da questo sguardo, ancora intensamente pervaso dall’esplorazione oggettiva del paesaggio, si svincola l’articolazione formale e geometrizzante di Enrico Della Torre (Pizzighettone, Cremona, 1931 – Teglio, Sondrio, 2022) e quella segnico strutturale di Mario Nigro (Pistoia, 1917 - Livorno, 1992), in cui l’intersezione dei piani e delle griglie conserva il moto armonioso degli orizzonti toscani. Dal cromatismo mediterraneo di un Paesaggio italiano (1967-68) di Salvatore Esposito (Gallipoli, Lecce, 1937) e dal ciclo delle Isole (Senza titolo, 1964) di Ettore Sordini (Milano, 1934 - Fossombrone, Pesaro e Urbino, 2012, dove il colore è l’indiscusso protagonista di accese campiture, si passa a un’elaborazione materica e magmatica della pittura, nella scia dell’esperienza informale di Giulio Turcato (Mantova, 1912 - Roma, 1995) e di quella poverista e primordiale di Armanda Verdirame (Novara, 1944).

La terza e ultima sala rappresenta un passaggio e un raccordo tra la mostra e la collezione permanente, privilegiando la ricerca spazialista che, tra gli anni Sessanta e Settanta, produce i suoi esiti più intensi nella pittura di artisti italiani e internazionali, nel solco della vicenda di Lucio Fontana.

Brillante testimonianza emerge dal dialogo tra Enrico Castellani (Castelmassa, Rovigo, 1930 – Celleno, Viterbo, 2017) e François Morellet (Cholet, France, 1926-2016) – compagni di viaggio nelle esperienze milanesi di Azimut e in quella francese del GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel) – che conduce sino alla rarefazione cromatica delle bianche tele quadrettate di Rob Sherwood (Bristol, England, 1984) – il più giovane degli artisti in collezione –  in cui lo spazio pittorico si nutre dell’allusione alla struttura dei pixel e della rete.

Sembra invece muoversi tra dilatazioni e compressioni la trama segnica di Dadamaino (Milano, 1930-2004) nell’opera Il movimento delle cose del 1992; dinamismo in espansione che, invece, nella pittura diaristica di Arturo Vermi (Bergamo, 1928 – Paderno d’Adda, Lecco, 1988), si alimenta di ripetizioni lente e calibrate, tracce di segni verticali esitanti, più simili alla scrittura che a qualunque pretesa plastica.

La ricerca dell’artista, in seno alle esperienze di sodali autori “nucleari” come Ettore Sordini, Piero Manzoni e Angelo Verga, trova corrispondenze nei percorsi romani di Forma 1 e di Piero Dorazio (Roma, 1927 - Perugia, 2005) che, nella Composizione del 1957, avvia il proprio lavoro sull’articolazione della linea, partendo da segni curvi e serpeggianti, e giungendo alle trame cromatiche sovrapposte che caratterizzeranno l’intera produzione pittorica nel resto dei suoi anni.