Stefano Arienti – Coltivazioni erbacee

Palazzo Marchi, storica residenza nobiliare nel centro di Parma, è lieto di ospitare Coltivazioni Erbacee, la mostra personale di Stefano Arienti a cura di Elena Bray che si concentra su una serie di opere che caratterizzano l’intera carriera dell’artista, ovvero i libri manipolati.
Comunicato stampa
Palazzo Marchi, storica residenza nobiliare nel centro di Parma, è lieto di ospitare Coltivazioni Erbacee, la mostra personale di Stefano Arienti a cura di Elena Bray che si concentra su una serie di opere che caratterizzano l’intera carriera dell’artista, ovvero i libri manipolati.
I libri manipolati sono opere realizzate partendo da libri già esistenti che Arienti ha trasformato in opere d’arte attraverso la ripetizione di interventi semplici ma misurati come la traforazione, la pieghettatura o la cancellazione. La mostra è la prima ampia retrospettiva dedicata a questo corpus di opere e riunisce tutte le manipolazioni dell’artista, costituendo un osservatorio privilegiato per coglierne la pratica, fortemente radicata nell’aspetto tecnico. Il percorso si apre e si chiude con due grandi installazioni, con cui Stefano Arienti si è misurato negli ultimi anni, ripensate appositamente per il Palazzo e a cornice di un percorso che attraversa le opere più significative di tutte le fasi della sua ricerca.
Il titolo Coltivazioni erbacee vuole sottolineare il carattere rigenerativo della sua operazione artistica. Se da una parte il libro diventa non più utilizzabile nella sua funzione originaria perché manomesso, dall’altra acquisisce una nuova forma che lo eleva a una prospettiva diversa. Le trasformazioni cui Arienti sottopone i libri richiamano, per analogia, i cicli vitali delle piante, disvelando la radice comune di cambiamento e rinascita. Per simmetria, anche Palazzo Marchi insiste sul medesimo concetto di rigenerazione e con questo progetto intende approfondire un percorso di apertura al contemporaneo, un’attività sperimentale per dare nuovo impulso a uno spazio carico di storia e tradizione.
In occasione della mostra, sarà presentata la pubblicazione Coltivazioni erbacee con la casa editrice Via Industriae Publishing, dove il saggio critico della curatrice sarà accompagnato dai disegni dell’artista.
ArcheoVea ha affiancato l’organizzazione occupandosi della gestione operativa, della biglietteria e delle attività di accoglienza e comunicazione.
Si ringrazia inoltre CFC Agenzia - Coscelli, Fornaciari e Corniali per il contributo nella realizzazione della mostra.
Stefano Arienti è nato ad Asola (1961), vive e lavora a Milano. Attivo dalla metà degli anni Ottanta, si afferma nel clima di rinnovamento successivo all’Arte Povera e alla Transavanguardia. Arienti sviluppa una ricerca che affonda le radici nel gesto manuale e nella sperimentazione tecnica. Collage, piegatura, cancellatura o incisione diventano strumenti di trasformazione al pari delle tecniche tradizionali come la pittura o la scultura. Il suo lavoro si nutre di immagini tratte tanto dalla storia dell’arte quanto dalla cultura popolare, sottoposte a processi di manipolazione e riscrittura. Ha tenuto mostre personali nelle più importanti istituzioni d’arte italiane fra cui: MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo (Roma), Castello di Rivoli (Torino), GAM – Galleria d’Arte Moderna (Torino), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino), MAMbo (Bologna), Fondazione Querini Stampalia (Venezia), Fondazione Antonio Ratti (Como), Villa Croce (Genova), Palazzo Ducale (Mantova), Galleria Civica (Modena), Galleria Nazionale (San Marino), Villa Carlotta (Como), Villa Celle (Pistoia). Ha partecipato a numerose mostre internazionali tra cui: Le XLIV, XLV Biennali di Venezia, XII Quadriennale di Roma, la 3a Biennale di Istanbul (Turchia), la 2a Biennale Internazionale di Xinjiang (Cina), VII Biennale di Gwangju (Corea), IX Triennale di Nuova Deli (India). Ha preso parte a mostre collettive nelle più importanti istituzioni internazionali, tra cui: Triennale (Milano), Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), Ca’ Rezzonico (Venezia), GAMeC (Bergamo), Museion (Bolzano), MAGA (Gallarate), Hangar Bicocca (Milano), MART (Rovereto), Palazzo Grassi (Venezia), Palazzo Reale (Milano), Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci (Prato), PAC (Milano), MoMA PS1 (New York, USA), Centre d’Art Contemporain (Ginevra, Svizzera), ICA (Londra, Inghilterra)
Elena Bray è nata a Torino (1994), vive e lavora a Milano. Laureata in Filosofia Magistrale (Torino) con una tesi in Estetica del Brutto, ha conseguito un master in Management dei Beni Culturali al 24Ore Business School (Roma). Curatrice indipendente, ha sviluppato progetti espositivi in spazi di ricerca, tra cui Cripta747 (Torino, 2024), Paint It Black (Torino, 2024), Manifattura Tabacchi (Firenze, 2023), Via-Farini (Milano, 2022), Mucho-Mas (Torino, 2022). Ha curato rubriche editoriali per ATP Diary (2024) e Salgemma Project (2022)
Collabora con diversi studi d’artista, tra cui Loris Cecchini Studio.
Palazzo Marchi (già Palazzo Grillo) si trova nel cuore del centro storico di Parma, affacciata sul corso principale della città. Dal 1859 appartiene alla famiglia Marchi, che negli anni ne ha curato il restauro e la valorizzazione. Oggi gli ambienti ospitano un percorso museale, curato insieme ad ArcheoVea Impresa Culturale, la cui visita si articola attraverso i saloni del piano nobile. Qui trova spazio la collezione d’arte di famiglia: dipinti, mobili, sculture, servizi da tavola, incisioni e stampe settecentesche, che si fondono in un armonico connubio insieme ai suggestivi soffitti stuccati. Il committente fu Scipione Grillo, duca di Monterotondo e dell’Anguillara, che venne chiamato a Parma all’interno di un progetto di elevazione del ducato emiliano a centro di cultura internazionale, negli stessi anni in cui nasce l’Accademia di Belle Arti. I lavori di costruzione partono nel 1770 affidati all’architetto Giovanni Isidoro Furlani, mentre negli interni le decorazioni portano la firma dello stuccatore ticinese Giocondo Albertolli. L’opera più significativa della collezione è San Rocco nel paesaggio, dipinto da Parmigianino sulla soglia degli anni Trenta del Cinquecento.