Simona Weller – Diario al muro

Informazioni Evento

Luogo
LA GALLERIA NAZIONALE
Viale delle Belle Arti 131 — 00197 , Roma, Italia
Date
Dal al
Vernissage
04/07/2023

ore 18

Artisti
Simona Weller
Generi
arte contemporanea, personale
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diario al muro simona weller Simona Weller - Diario al muro

Comunicato stampa

“Penso al mio dipingere un quadro dopo l'altro, / un anno dopo l'altro, come ad un'onda che spinta dal vento si formi e si riformi. / Il mare resta là come l'arte, come la pittura, pronto a cambiare, / ma nello stesso tempo immutabile. / Al contrario dell'onda, io so che non posso cambiare il mare, la pittura, l'arte, / ma esattamente come l'onda percorrerò il mare, la pittura, l'arte / fino a quella spumeggiante e (mi auguro invidiabile) fine.” Simona Weller

La mostra Diario al muro che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea dedica all’artista romana Simona Weller, offre uno sguardo ravvicinato su un lavoro che ha delineato un passaggio importante nella sua ricerca che evolve nel tempo passando da un mondo descrittivo surreal-naturalistico alla riscoperta del mondo segnico infantile, sino ad arrivare a quella primigenia scrittura che diventerà protagonista delle sue opere.

Il suo lavoro si basa sull’esplorazione del linguaggio gestuale e sulla trasposizione di questo linguaggio sulla carta. Simona Weller interpreta le parole e le emozioni evocandole attraverso gesti spontanei e intuitivi che si sovrappongono, si intrecciano, dando forma a composizioni dinamiche.

L’architetto Paolo Portoghesi, tra i suoi più cari amici col quale ha collaborato in varie occasioni condividendo anche la scelta di spostare lo studio nel borgo di Calcata (Viterbo), raccontava così il suo lavoro: “Simona Weller, nata con due vocazioni autentiche per la pittura e per la scrittura, si racconta in queste parole come nessun altro ha saputo fare. L’artista rivela fin dall’inizio una capacità istintiva nell’indagare ipotesi plurime di ricerca […] anticipa strade che saranno percorse da altri a distanza di anni o di decenni”.

L’opera in mostra è composta da molteplici elementi e risale al 1978, nata su richiesta specifica di Mirella Bentivoglio che in quel periodo stava selezionando artiste ispirate ad una scrittura-pittura vicina alla corrente della poesia visiva. In accordo con l’allora presidente della Biennale di Venezia, Carlo Ripa di Meana, Mirella Bentivoglio organizzò, a Biennale già inaugurata, la storica mostra Materializzazione del Linguaggio, di gtrande successo. Con questo gesto risarcitorio riuscì a colmare il vuoto ingiustificabile creato da anni di assenza delle artiste donne nei principali contesti internazionali. Simona Weller partecipò esponendo fogli quadrati che dispose al muro come pagine di diario, scritte e scarabocchiate da segni e ritagli di giornale, un lavoro che coniuga la forza espressiva del gesto con la profondità concettuale della sua pittura.

Simona Weller è nata a Roma nel 1940 e vive e lavora tra Roma e il borgo medievale di Calcata (VT). Diplomata all’Accademia di Roma dopo lunghi soggiorni di studio in Oriente, da Bangkok al Cairo, nel 1973 si impone all’attenzione della critica alla X Quadriennale di Roma con grandi tele astratte dove la pittura si mescola a lettere e scrittura. Nel corso degli anni 70 sarà presente alla Quadriennale di Roma, alla Biennale di Venezia (1978 - Materializzazione del linguaggio a cura di Mirella Bentivoglio) e di San Paolo del Brasile, al FIAC al Grand Palais di Parigi, all’International Kunstlerinnen di Berlino. Artista poliedrica, da sempre affianca alla sua attività di pittrice (e poi anche ceramista) un percorso di ricerca e ricostruzione storica sulla presenza delle donne nell’arte: nel 1976 pubblica un libro inchiesta sulle artiste italiane del Novecento, Il Complesso di Michelangelo, e un saggio sulla creatività femminile, Il Privato come politica. Negli anni ’80 e ‘90, mentre cresce la sua affermazione artistica a livello internazionale (è presente in numerose collettive in Europa e in Cina), intensifica anche la sua produzione saggistica e letteraria. Scrive articoli, studi, racconti: dall’80 al ‘93 cura una rubrica d’arte sul mensile “Noi Donne”, nell’88 un numero monografico della rivista “Minerva” sulle donne nell’arte dal Medioevo ai giorni nostri; nel ‘94 pubblica il racconto lungo Il Pantano del Diavolo. Nel 1998 esce la prima biografia romanzata di una grande artista: Ritratto di Angelica, dedicata alla pittrice svizzera Angelica Kauffmann (Avagliano Editore, tradotto in Austria e Germania). Negli anni 2000 e 2002 seguono, sempre per Avagliano, Una Rosa nel cuore e Suzanne, entrambi dedicati alla vita avventurosa di Suzanne Valadon. Infine è del 2015 la storia della pittrice futurista Benedetta Cappa, raccontata in Marinetti Amore Mio (Marlin Editore). Nel 2018 è invitata da Benedetta Carpi de Resmini, alla mostra Magma. Il corpo e la parola nell’arte delle donne tra l’Italia e la Lituania dal 1965 ad oggi presso l’Istituto Centrale della grafica a Palazzo Poli a Roma. Nel 2019 è invitata da Raffaella Perna alla mostra Il Soggetto imprevisto, 1978 Arte e Femminismo in Italia presso i Frigoriferi Milanesi; comincia la collaborazione con la galleria di Tiziana di Caro a Napoli con la personale La Pittura è facile e difficile come l’amore. Nel 2022 è invitata da Andrea Viliani e Cristiana Perrella alla ricostruzione della mostra del 1978 Ri-materializzazione del linguaggio presso la Fondazione Antonio Dalle Nogare a Bolzano. Nel 2023 ha partecipato alle collettive: Il segno è l’esemplare parlato, Galleria Sara Zanin project, Roma e Fare Uno. Dalla parola al Segno un dialogo possibile, galleria Erica Ravenna, Roma

 

Le mostre in corso

 

Time is Out of Joint

La mostra Time is Out of Joint sonda l’elasticità del concetto di tempo e cita, nel titolo, i versi dell’Amleto di William Shakespeare.

The time is out of joint: O cursèd spite /
That ever I was born to set it right!

Amleto, Atto I, scena V

Un tempo non lineare, ma stratificato, che sembra porre in atto il dilemma dello storico dell’arte Hans Belting “la fine della storia dell’arte o la libertà dell’arte”.

È, dunque, il definitivo abbandono di qualsiasi linearità storica, per una visione che dispiega, su un piano sincronico, le opere come sedimenti della lunga vita del museo.