Sergio Camplone – Mainland

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO NUOVA ERA
Strada dei Gesuiti 13, Bari, Italia
Date
Dal al

lunedì-sabato 17-20

Vernissage
10/03/2012

ore 19

Artisti
Sergio Camplone
Generi
fotografia, personale
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Il suo ultimo lavoro Mainland, è un’incursione nei territori antropizzati delle cave di Apricena, luoghi invisibili eppure familiari con i cui prodotti interagiamo quotidianamente, capaci di suscitare allo stesso tempo attrazione e repulsione, seduzione e paura.

Comunicato stampa

Il lavoro di Sergio Camplone racconta una duplice visione dell'architettura: guscio protettivo che stabilisce un confine e immagine destabilizzante, responsabile di una spersonalizzazione dell'individuo. Attraverso un approccio inside si avvicina con partecipazione alle persone, ai loro usi e alla loro intimità come nei progetti usual face e story tell e da osservatore outside cattura invece luoghi, costruzioni, paesaggi che raccontano delle pretese e delle frustrazioni che gli uomini affidano ai loro spazi di vita, come nella ricerca usual place.

Nuove conurbazioni, periferie, cave, dighe, industrie, diventano la metafora del dilemma dell'esistenza umana, l'uomo è attratto dal benessere, dalle necessità di trasformare per soddisfare i propri bisogni, disseminando impronte di civiltà, ma nello stesso tempo non può sfuggire alla dipendenza dalla natura.

Quello che si vede oggi, dopo diversi anni dall'inizio del suo lavoro, è una sorta di atlante delle varie possibili forme di alterazione del territorio da parte di chi le percorre, un accumulo di tessere, di registrazioni moltiplicabili per un numero illimitato di episodi, che ci parlano della capacità dei comportamenti umani e sociali di mutare il paesaggio, di farsi essi stessi paesaggio.

Il suo ultimo lavoro Mainland, è un'incursione nei territori antropizzati delle cave di Apricena, luoghi invisibili eppure familiari con i cui prodotti interagiamo quotidianamente, capaci di suscitare allo stesso tempo attrazione e repulsione, seduzione e paura. “Le immagini di Sergio Camplone, raccontano di questa bellezza, colgono le sue continue mutazioni, catturano la drammaticità profonda di un paesaggio duro, lacerante e lacerato e nello stesso momento ci coinvolgono, ci trasportano al suo interno, ci emozionano con le vibrazioni di una luce potente e delicata, che penetra le pietre ed i luoghi, addomesticandoli al nostro sguardo per svelarci nuovi possibili paesaggi. Una sorta di architettura al negativo, dissolta nella luce, con grandi stanze a cielo aperto che si aprono in affaccio una sull'altra, a testimoniare di come solo la pietra possa abitare questi luoghi, apparentemente inospitali, ma capaci di restituire il fascino surreale di un paesaggio ciclopico nel quale vince, ancora una volta, la forza della Natura”11