Ryan Mendoza & Albert Samson
Con queste due personali prosegue la nostra curiosità sulla pittura figurativa e il suo grande ritorno.
Comunicato stampa
Con queste due personali prosegue la nostra curiosità sulla pittura figurativa e il suo grande ritorno.
A dire la verità, la figura è tornata da un bel po’, anzi non se ne era mai andata. In realtà il caso lo hanno creato quegli artisti che hanno sbattuto l'uscio.
Riflettiamo un momento… L' uomo inventa l'arte e la religione: le due massime espressioni dell’intelletto. L'arte imita la natura fin dall'inizio, da Lascaux in poi. Nel XX secolo avviene una mutazione. L’uomo-artista si sente talmente forte che pensa: "io non devo riprodurre una realtà, io posso fondarne una nuova, diversa dal visibile”. Quindi per tutto il secolo prosegue la battaglia tra chi si butta sul nuovo e chi resta fedele agli assunti iniziali. I "figurativi" continuano a cercare nel visibile, alcuni con grande bravura (Alberto Giacometti, Francis Bacon, Andy Warhol); invece i cercatori si spingono su lidi lontani e impervi. Gli artisti medi si barcamenano in attesa che la bufera passi. Ad un certo punto dal drappello degli avanguardisti alcuni si staccano, sempre più numerosi per tornare all’ordine: di lì a poco saranno una valanga.
Mi piace ricordare che Salvo e Ontani sono stati tra i primi a "tornare" alla figura.
Poi la querelle si placa, c’è spazio per tutti, il mercato è esploso.
Ma le cose non sono così semplici. La pittura che esce trionfante è quella dai toni abbassati. Improvvisamente Morandi viene letto come un maestro assoluto e se lo merita.
Ora non voglio esagerare ma Albert Samson (babbo olandese, madre italiana, divenuto pittore dieci anni fa) impiega appunto quasi dieci anni ad allestire la sua prima esposizione. Albert ha un percorso molto curioso. È un naif colto -una contraddizione, lo sappiamo, ma carica di possibilità- e dove troviamo il suo lavoro? Nell’ultimo posto dove consiglierei di cercare: sul web.
Mi scrive, non rispondo, mi scrive, non rispondo, mi scrive, non rispondo, mi scrive e alla fine rispondo.
Come la monaca di Monza (“la sventurata rispose...”). Non lo avessi mai fatto! Da allora un’inondazione di sms ma belli, ficcanti, brevi, autoironici, piccoli come i suoi dipinti che già erano piccoli e lo diventano sempre più.
Ogni artista ha la propria cifra, il proprio stile ma anche una dimensione che gli è congeniale. Calderara sul piccolo, Morris Louis sul grande; Josef Albers piccolo, Rothko grande etc. Qui i nostri due pittori amici viaggiano esattamente all'opposto e non è a caso che li abbiamo scelti per questa accoppiata. Albert lavora sempre sul piccolo concentrato, mentre Ryan fa l'americano: grandeur, armi, stripes, fiction; mentre Albert cita Morandi e Ryan Mendoza cita Walt Disney mediato da Kubrik di “Arancia Meccanica”.
Faranno un bello scontro o forse un incontro?
Non vi ho ancora detto la cosa più importante: questa mostra a due teste e quattro mani è esemplare perché, ad insaputa degli autori, ci rivela i loro sentimenti per le rispettive Patrie.
I dipinti di Samson hanno molti riferimenti colti alla pittura europea, da Goya a Morandi. Da bravo americano Ryan invece si identifica negli eroi e nei miti recenti, come recente è il suo paese: Kubrik, Walt Disney, Jack Dempsey, dipinge armi giocattolo, si atteggia ad active shooter, una figura ahimè nota negli USA dove ogni anno qualche centinaio di Yankees spara nel mucchio facendo possibilmente morti e feriti. Anche questo è un valore. Notiamo qui la differenza tra i due mondi. E anche se il vecchio mondo se la tira con la cultura, il nuovo gli spara alle gambe. II bello del brutto o il brutto del bello?
Questa mostra non stabilirà chi vince il duello. Noi tifiamo per il primato della ragione, ma esistono anche le ragioni del primato, “te la faccio vedere io” di cui Mendoza, col cappello da cow-boy e il bazooka al marzapane, mima bonariamente la pericolosa attitudine. Nel libro appena uscito Mendoza in copertina impugna armi di plastica che sparano panna montata. Mendoza ci guarda serio, invece Ryan spunta da dietro per dirci che non è vero, è tutta una finzione, un gioco. L’arte è il gioco dei grandi.
P.S. Saranno assenti gli artisti.
Massimo Minini