RR ZZ
Una mostra collettiva a cura di Amy Lien ed Enzo Camacho.
Comunicato stampa
Gluck50 è lieta di presentare “ RR ZZ ”, una mostra collettiva a cura di Amy Lien ed Enzo Camacho.
Il titolo “ RR ZZ ” richiama un’opera d’arte pubblica di uno degli artisti in mostra, attualmente in corso di realizzazione. Al momento della stesura di questo testo ci è stato chiesto di mantenere la riservatezza sulla sua componente verbale. A malapena l’ombra di un messaggio, questo titolo vuole rispecchiare la natura stessa del nostro tentativo di organizzare una mostra all’interno di un contesto instabile, fatto di interazioni codificate e accordi impliciti.
Questa mostra è il punto d'arrivo di un programma di residenza in cui a nostra volta abbiamo potuto invitare quattro artisti di nazionalità diverse a raggiungerci in una città per loro straniera (Milano), per periodi brevi e a volte sovrapposti di produzione individuale. L’assunto curatoriale da cui siamo partiti nel concepirla è che i segnali di comunicazione sarebbero stati spesso sdrucciolevoli, distorti, o vaporizzati.
Non abbiamo cercato una permeabilità totale. Il riferimento, qui, è al mercato globale dell'arte: un'arena apparentemente piatta, dove diverse soggettività finiscono per essere allineate sotto una qualche categoria pseudo-condivisa di valore artistico. La concettualizzazione romantica dello slittamento di significato, unita alla necessità politica di veicolare la voce degli esclusi, hanno dato forma ad una sorta di promessa a spirale. È una promessa mancata. Abbiamo voluto esasperare la capacità dell’opera d’arte di indicizzare la trama dello scambio, come avviene quando dei semplici dati vengono convertiti in materiale, un linguaggio in codice. Non volevamo appiattire la confusione.
Da quando siamo arrivati a Milano abbiamo testato ripetutamente queste idee preliminari, strizzandole come spugne nel lavandino o logorandole per coltivare la contaminazione. Come gli artisti che abbiamo ospitato, e come migliaia di altre persone faranno quest’anno, siamo in visita qui; e le sensibilità neo-barocche [1] del luogo assumono caratteri ancora più deliranti se decodificate attraverso i nostri organi stranieri, dei dispositivi in roaming. A dire il vero, la permeabilità totale non è stata mai un’opzione.
Le opere in mostra hanno in effetti iniziato a chiacchierare l’una con l’altra, riflettendo, allo stesso tempo, le conseguenze della svolta cibernetica [2] all'interno del nostro vissuto collettivo.
Le foto di lingue d’artista illuminate dal flash di Carissa Rodriguez provocano nello spettatore un senso di vertigine da TMI (Too Much Information, eccesso di informazioni). Dopo essere state analizzate dal suo agopuntore newyorkese, le cui diagnosi scarabocchiate sono a malapena decifrabili sulle lingue esposte, le immagini di Rodriguez sembrano voler scrutare questi organi del gusto come schermi da leggere e valutare, trasmettendo messaggi criptati direttamente dall'interno degli organismi/artisti selezionati.
Ken Okiishi ha concepito il format della residenza come un sistema caotico di produzione. Una serie di richieste e avvenimenti hanno servito da input a questo sistema, per un output che comprende: un fotomodello di biancheria intima che respira tenendo una teiera futurista in equilibrio sullo stomaco; l'acquisto di un appendiabiti di BBPR su 1stDibs.com che è servito da sostituto dell’artista, la cui presenza andava continuamente a incocciare la necessità di trovarsi altrove allo stesso momento; e una ballerina di tip-tap, improvvisamente arrivata da Roma a bussare alla nostra porta. Un’opera video è stata prodotta in questo groviglio di traduzioni.
L’opera testuale di Hassan Khan - una storia che descrive un uomo d'affari misantropo mentre scruta, alla finestra del suo lussuoso ufficio modernista, la caotica città ai suoi piedi, ritradotta di volta in volta nella lingua nazionale del paese in cui l’opera viene esposta - propone un infausto modello globalizzato che aderisce ad ogni contesto urbano, collocandosi al confine tra astrazione e specificità. È volutamente installata accanto a un nuovo lavoro che è in parte pura superficie e in parte oggetto. L'impegno di Khan contro il fascismo quotidiano sarà ulteriormente esplorato in una futura performance dell’artista a Milano, che verrà annunciata a breve.
Il tavolo-scultura a due livelli di Teng Chao-Ming imposta una narrazione di estraneità e dislocamento attivando il sistema binario di vista e tatto, nel tentativo di concettualizzare l’Altro attraverso questa scissione sensoriale. L'interfaccia tra diverse soggettività culturali è qui intrisa del nervosismo di una calibrazione travagliata.
Infine, i nostri prototipi di cyber-ceramica utilizzano un sistema open-source composto da microcontroller che traducono i dati sensoriali dello spazio espositivo in reazioni luminose programmate, travasando i dati digitali attraverso strati di materializzazione espressiva.
Inoltre, tre opere della serie The Counting of the Last Days of the Sigmund Freud Banknote di Rainer Ganahl sono incluse nella mostra. Anche se non prodotte nell’ambito della residenza, queste opere hanno costituito per noi una sorta di premessa alla mostra. Realizzate nel 2001, nel periodo che precede la sostituzione dello scellino austriaco con l'Euro, queste opere giustappongono i tassi di cambio giornalieri dello scellino alle trascrizioni dei sogni notturni dell'artista, tracciando i movimenti volatili della valuta attraverso l’imprevedibile ma eloquente linguaggio dell'inconscio.
Amy Lien & Enzo Camacho
[1] “The neo-Baroque theater of cruelty is the effect of semiodominance in the sphere of social production. The Italian experience during the last hundred years has been the main theater of this return of the Baroque spirit. Both Mussolini’s and Berlusconi’s performances are based on the theatrical exhibition of macho energy, but also on the ability to penetrate into the recesses of language, in the deep field of self-perception.” Franco “Bifo” Berardi, After the Future, AK Press, 2011, p. 101.
[2] “The cybernetic fold might be described as a fold between postmodernist and modernist ways of hypothesizing about the brain and mind. The prospect of virtually unlimited computational power gave a new appeal to concepts such as feedback, which had been instrumentally available in mechanical design for over a century but which, if understood as a continuing feature of many systems, including the biological, would have introduced a quite unassimilable level of complexity to descriptive or predictive calculations.” Eve Kosofsky Sedgwick e Adam Frank, Shame in the Cybernetic Fold: Reading Sylvan Tomkins, Critical Inquiry, Vol. 21, N. 2, Inverno 1995, p. 12.