Renzo Lulli – Rizomi

Informazioni Evento

Luogo
IPAZZI FACTORY
via Palestro 21, Pisa, Italia
Date
Dal al
Vernissage
28/04/2018

ore 18,30

Artisti
Renzo Lulli
Generi
arte contemporanea, personale
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Il filo conduttore per cominciare a parlare di Renzo Lulli è di sicuro il legno. È in questo materiale che troviamo le prime indicazioni. Lui, potrà allontanarsene, come ha già fatto, usare altri materiali, ma il legno resterà sempre un cardine della sua opera, il suo punto di partenza.

Comunicato stampa

Rizomi
Omaggio all’intelligenza delle piante

Renzo Lulli
sculture lignee

28 Aprile - 5 Maggio 2018
spazio espositivo per l'arte contemporanea
iPazziFactory
via Palestro 21, Pisa

Opening sabato 28 aprile h. 18:30

a cura del collettivo iPazziFactory

ANTEFATTO
Il mondo vegetale ha deciso di comunicare col mondo animale, ed ha organizzato una mostra d'arte per dimostrare agli uomini la propria sensibilità. Per questo ha incaricato un artista umano di curare questa esposizione composta da semi modificati manualmente, neuroni e personaggi vegetali, foglie votive/orecchie del bosco, una foglia madre e altri esemplari come forma di riappropriazione del legno, modificato dal lavoro dell'uomo. L'artista incaricato è Renzo Lulli.

Nota critica
Il filo conduttore per cominciare a parlare di Renzo Lulli è di sicuro il legno. È in questo materiale che troviamo le prime indicazioni. Lui, potrà allontanarsene, come ha già fatto, usare altri materiali, ma il legno resterà sempre un cardine della sua opera, il suo punto di partenza. Materia offerta dalla natura e da sempre amica dell’uomo, anche per la sua docilità. Principale mezzo per la costruzione di utensili per la vita quotidiana, rassicurante al tatto per il suo tepore e alla vista per i suoi colori, e di sicuro, almeno durante la lavorazione, per il suo odore. Più simile all’uomo per non essere eterno come la pietra, ma al contempo rassicurante per la sua grande resistenza al tempo.
Materia amica dell’uomo, mensa su cui mangia, sedile, contenitore delle sue cose, trave che sorregge il tetto, finestra che lo ripara, ma che nello stesso tempo lo mette in comunicazione con il mondo; infine sostegno della sua vecchiaia.
Poi, se si vuol parlare dell’opera di Renzo, c’è il Marocco, seconda patria, o prima vera patria. Lì il rapporto con la natura e la materia è diretto, senza mediazioni o schermi e il legno è a portata di mano. Forse l’artista sarebbe nato anche senza l’Africa, ma non necessariamente la scelta del legno, che invece trovo legata a quel luogo e non solo per motivi contingenti, ma consustanziale a quella terra, ai suoi colori e profumi. Il Marocco poi è una prospettiva, estraniamento, il montaliano “l’anello che non tiene”. Ciò che gli permette di vedere con più chiarezza, che gli permette un diverso rapporto con le cose, sviscerandone la vera e originale sostanza. Ma è anche fantasia ritrovata, quella dell’infanzia, ma anche quella della vita nella sua dimensione essenziale.
Cosa può fare qualcuno che ama così tanto una materia e gli è grato per tutte le cose che questa gli dà, per ringraziarla? Lulli la lavora nella maniera più accurata possibile, rende evidenti forme che essa possiede dentro di sé, le dà voce, affinandola e rendendo comprensibile all’orecchio umano la sua essenza più profonda che non appare quando guardiamo alberi e foreste, per quanto affascinanti e significativi. Ne evidenzia l’anima alla ricerca di una sacralità che si riporta all’uomo primitivo e al suo rapporto con la natura. Ma di quell’uomo riprende anche la volontà di dare alle sculture una vita propria: non più prodotti dell’uomo, ma suoi interlocutori, talvolta superiori e intangibili, talvolta misteriosi e magici.
Le forme che ne trae tendono a non distaccarsi molto dalla materia da cui provengono. Per quanto elaborate, semplificate, lavorate, modificate, si riconosce la provenienza da rami, frutti, semi, fiori, foglie e tronchi. Ma il gioco sarebbe sterile e fine a se stesso se non ci fosse quella particolare elaborazione della forma che attribuisce a questi oggetti un significato aggiunto. Prima fra tutte l’estrema finitura, levigatezza che, come se agisse una sorta di rinnovato neoplatonismo, le allontana dalla loro materialità, per metterne in luce significati più profondi, che sono poi quelli più veri, quelli che contano davvero.
Talvolta il processo di semplificazione sembra spogliare le opere di significato, riducendole a puri oggetti d’arredamento; li potremmo definire, alla Munari, oggetti a funzione estetica. Questo non sarebbe certamente una limitazione del loro valore, ma ne verrebbe un po’ sacrificato il carattere di oggetto d’arte. Tuttavia proprio la natura del materiale, del suo uso nella storia e del rapporto che l’uomo ha sempre avuto con esso, ribadisce la natura artistica delle opere di Renzo Lulli: ridursi ad oggetti è per loro adempiere al nobile compito di essere da sempre i docili compagni dell’uomo, di assisterlo anche nell’arredare, nel fargli compagnia nella solitudine o di dare allegria alle serate con gli amici o dare calore la vita in famiglia.
Materia amica dell’uomo, dicevo sopra. E Lulli si sente e si comporta come una specie di prescelto dal regno vegetale per portare al mondo il suo messaggio di perfezione, di delicatezza, di semplicità, di discrezione, se vogliamo ecologico. Di portarlo in un mondo che ha dimenticato quei valori e ricordando all’uomo che potrà sopravvivere solo se si ricorderà del suo stretto rapporto con il pianeta, che è esattamente lo stesso delle piante, ma che non ha le radici, come loro, a salvarlo e a ricordarglielo ogni minuto.
- Massimo Pistelli -

Foto di Franco Ficeli