Quattro mostre
Quattro mostre, tra personali e collettive, nelle splendide sale di Palazzo Stella a Genova.
Comunicato stampa
S’inaugura sabato 24 marzo 2012 alle ore 17:00 nelle splendide sale di Palazzo Stella a Genova, la collettiva “Il meglio di SaturArte e SaturaPrize” a cura di Andrea Rossetti. La mostra resterà aperta fino al 7 aprile 2012 con orario dal martedì al sabato dalle 15.30 alle 19.00
Satura Art Gallery mette in mostra il meglio delle edizioni 2011 dei suoi concorsi più importanti: SaturArte e SaturaPrize. Un'esposizione unica per due realtà diverse, dove poter apprezzare, per la prima volta riunite insieme, opere di pittura, fotografia e scultura scelte tra quelle premiate e finaliste in entrambe le manifestazioni.
Concorsi dall'indubbio successo, che vedono ogni anno un gran numero di partecipanti: SaturaPrize, dedicato agli artisti tra i 18 e i 40 anni, permette ai visitatori di poter captare le più nuove correnti del contemporaneo, a volte con quel pizzico d'irriverenza verso il “sistema arte” che aggiunge una verve tutta particolare; SaturArte, non avendo limitazioni di età, da invece l'occasione di apprezzare anche un'arte contemporanea più matura e consapevole, risultato di anni d'esperienza sul “campo”, con tutto l'inesorabile fascino che ciò comporta.
L'evento è quindi un'occasione unica per avere una panoramica puntuale e ampia su pittura, fotografia e scultura; per scoprire cosa rappresentano oggi e dove sono dirette.
Gli Artisti presenti:
Elisa Bardi, Valentina Campagni, Natalia Cellini, Davide Clemente, Serena Comar, Laura Di Bidino, Elisa Ferrari, Valeria Ferrero, Dewi Mustopo, Iva Recchia, Alessandro Tambresoni, Niccolò Tramontana, Sergio Vecia, Caterina Voltolini.
S’inaugura sabato 24 marzo 2012 alle ore 17:00 nelle splendide sale di Palazzo Stella a Genova, la mostra “Avanguardie nella ceramica vietrese” di Salvatore Autuori e Lucio Ronca a cura di Bruna Autuori. La mostra resterà aperta fino al 7 aprile 2012, orario dal martedì al sabato 15.30 – 19.00
Omaggio a Vietri sul Mare
A mio padre
Vietri Sul Mare: brocche, bottiglie, vasi, ciotole, piatti, zuppiere, lucerne, tutti rigorosamente dipinti a mano. I motivi decorativi sono semplici, di carattere floreale con inseriti elementi zoomorfi come il celeberrimo galletto di Vietri, o un uccello o un polpo.
Nel corso dei secoli, uno dei periodi più fiorenti per la ceramica vietrese, si ebbe negli anni Venti e Trenta quando soggiornarono a Vietri sul Mare, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, numerosi artisti del centro Europa che lavorarono nelle botteghe dei ceramisti locali dando vita al cosiddetto periodo "tedesco". Già nel 1924 presso la fabbrica "Fontana Limite", l'esperienza di Gunther Studemann e Richard Dölker, Irene Kowaliska, Margaret Thewalt Hannasch, Marianne Amos, permise la maturazione di una stagione artistica molto felice. La loro produzione attinge dal repertorio naturale ed umano: pescatori, barche, donne e bambini, la luna ed il sole, i fiori ed infine il caratteristico asinello (o’ ciucciariello) che proprio i tedeschi Dolker e Kowaliska privilegiarono. Ricchissime furono le produzioni delle altre fabbriche, a volte attive già nell'Ottocento, come gli Avallone e i Pinto, vere dinastie del mondo ceramico vietrese, o la celeberrima Ceramica Artistica Solimene.
1951- giunge a Vietri un architetto torinese Paolo Soleri e decide di fermarsi per apprendere l'arte della ceramica. Dall'incontro con un giovane ceramista, Vincenzo Solimene, desideroso di lasciare la fabbrica paterna e di mettersi in proprio per dare un impulso nuovo e nuove forme alla ceramica dopo i duri anni della seconda guerra mondiale, nasce un fortunato binomio che avrebbe fatto conoscere in breve la ceramica vietrese al mondo intero. E' di Soleri il progetto di quel prodigioso monumento dell'architettura contemporanea, la nuova fabbrica di Solimene, che svetta con le sue torri e le sue sfavillanti piastrelle sull'incrocio della nazionale Salerno-Cava dei Tirreni.
Un vero e proprio fiore all’occhiello nato dall’intuizione di chi seppe scommettere, con esemplare lungimiranza, sull’innata ricchezza creativa che questo splendido territorio costiero riusciva, e riesce ancora oggi, a donare.
Grazie a queste storiche tradizioni, oggi Vietri può fregiarsi, per legge dello Stato italiano, del titolo di Comune di antica tradizione ceramica. Ma la storia della ceramica di Vietri è scritta anche nel paesaggio: sulle mattonelle inserite nelle murature esterne ed interne delle case o incastonate nelle stradine tortuose dei paesi della costiera amalfitana. Vietri e gli altri centri della zona diventano, così, un museo all'aria aperta.
È davvero un museo all’area aperta quel piccolo e laborioso centro di Vietri sul Mare, porta d’accesso ad uno dei posti più visitati d’Italia: la Costiera Amalfitana, detta La Divina. Il giallo e il verde dei limoneti, il blu del mare e il bianco delle case: sembra di vederli, in un tutt’uno uniforme e cangiante allo stesso tempo, quando cammini tra gli sfondi verde ramina delle botteghe storiche e di nuova generazione, vero e proprio teatro di storie e percorsi creativi in continua evoluzione. È, infatti, il costante incontro-scontro tra antico e moderno, a tenere in vita il fascino di un territorio così fertile e magico, che sa sempre stupire e sorprendere migliaia di turisti curiosi, talvolta scettici, non sempre pronti a scommettere che angoli così laboriosi e creativi, possano esistere in un Sud Italia troppe volte maltrattato dai media e rovinato dal pregiudizio.
Chi ha saputo temerariamente scommettere sulle potenzialità di questo piccolo endroit, oggi, nel 2012, viene invitato a partecipare alla Biennale di Torino, definita da Vittorio Sgarbi come spazio di compensazione in un contesto in cui le mafie dell’arte sembrano avere la meglio, a discapito di chi ha silenziosamente continuato, in anni di sperimentazione, a sfornare pezzi degni di stare alle pareti di Villa Rosebery, residenza napoletana del Presidente della Repubblica o di essere esposti alla Collettiva d’Arte di New York.
E’ proprio in un contesto come quello di Vietri sul Mare, la waste land che abbraccia tutti e che tutti accoglie, sempre pronta a concederSi e a concedere un angolo di espressione e tolleranza, che nascono firme come quella di Salvatore Autuori e Lucio Ronca.
Autuori Salvatore, la precisione e l’armonia di linee geometriche indomabili che sfondano gli spazi per effetto di insofferenza alle cornici; Ronca Lucio, un psicoanalitico gioco di colori caldi e cangianti che danno forma ed espressione a beffardi e ingannevoli pensieri reconditi.
Genova, Satura Arte Gallery: è questa la meta post Biennale di Torino 2012 da loro scelta e la piccola cittadina di Vietri sul Mare si erge, ancora una volta, a terra promessa e madre di firme promettenti della ceramica d’avanguardia. Perché è di avanguardia che bisogna parlare quando un artista riesce a scommettere, a rischiare e poi imporre, in anni di sperimentazione, il suo silenzioso estro creativo, in un luogo in cui la tradizione rimane ferma a guardare, in un timido cenno di approvazione e accettazione del nuovo, del diverso. E così l’asinello o ciucciariello tanto caro alla tradizione, simbolo ormai inconfondibile di un’epoca, di un vivere, di un luogo, deve convivere, pacificamente, a Vietri sul Mare, con due (e più!) firme Biennaliste che hanno insistentemente imposto uno stile, una vera e propria “scuola di pensiero” secondo la quale la ceramica può, e deve essere, definita arte a dispetto e a beffa di chi vuole per forza vederla in tavola sotto forma di bicchiere o piatto da portata. Se le traiettorie geometriche e i voli di gabbiano di Salvatore Autuori non sono espressione artistica, se le forme simboliche e surreali di Lucio Ronca non sono vere e proprie intuizioni creative, cosa dobbiamo intendere, allora, per arte?
È ciò che sperimentalmente dalla ceramica si può ricavare, ciò che potenzialmente in essa riesci a vedere a renderla così poco catalogabile, eppure così accattivante, quanto imprevedibile e insofferente ad ogni tipo di interpretazione universale.
La scelta, consapevole e istintiva allo stesso tempo, dei colori e delle forme, operata dai singoli artisti, nel corso degli anni, a Vietri sul Mare, finisce per diventare Avanguardia, per quello che Salvatore Autuori e Lucio Ronca hanno intuito, per quello su cui sono stati pronti a scommettere.
S’inaugura sabato 24 marzo 2012 alle ore 17:00 nelle splendide sale di Palazzo Stella a Genova, la mostra “Il richiamo del mare” di Paola Pappalardo. Testo critico di Elena Colombo. La mostra resterà aperta fino al 7 aprile 2012, orario dal martedì al sabato 15.30 – 19.00
La pittura di Paola Pappalardo è pura suggestione cromatica. Il mare e la luce sono i protagonisti di questa mostra che raccoglie i frammenti di una produzione artistica eterogenea e sensibilissima. Si spazia dall’astratto all’accademico-figurativo, fino a toccare marine di tipo impressionista che rimandano alle vedute mediterranee di Monet inondate dai raggi del sole, spruzzate da una spuma bianca e quasi vive, sempre espressione dello stato d’animo dell’artista. Sono dipinti rapidi, che lasciano da parte l’aspetto descrittivo per mettere in risalto l’emotività del momento.
I lavori informali richiamano i colori dell’acqua e della sabbia, riportando lo spettatore ad una calma che diventa inquietudine quando ci s’immerge in una prospettiva rovesciata e ci si trova sovrastati e circondati dal blu.
Analogamente, le composizioni materiche nascono dall’intreccio di fili ed elementi in gesso frammisti a brandelli di carta o stoffa. Sono tavole “a tutto tondo” che invitano a girarci intorno, a trovare nuovi punti di vista, a chiedersi quale sarebbe l’effetto se il vento salmastro soffiasse tra le corde. Supporti e cornici riprendono e amplificano i motivi semiotici principali delle opere, trasformandosi in segmenti dello stesso discorso poetico e arricchendo la tridimensionalità dell’esperienza visiva. Le lettere strappate sembrano il simbolo di mille comunicazioni cominciate e mai finite, flussi di coscienza che s’incontrano senza completarsi, in una serie di messaggi lasciati in balia della corrente; le decorazioni poggiate con grazia sui drappeggi azzurri sono piccoli ornamenti cesellati dall’uomo ma ricordano la semplicità dei ciottoli levigati dalla risacca. Grandi pezzi di tela, assumendo le tinte turchesi dell’acrilico, sono appesi in file parallele o accostati in un patchwork, per ricostruire la superficie mobile dell’oceano e la mutevolezza del cielo, o svelare la trama delle strutture che regolano la vita sociale e persino i cambiamenti naturali, regolati e imprigionati come in una rete. Le forme geometriche – alla base di qualsiasi corpo – restano sempre intuibili ma perdono la loro essenzialità e si accartocciano, smussati da un apparente rollio.
S’inaugura sabato 24 marzo 2012 alle ore 17:00 nelle splendide sale di Palazzo Stella a Genova, la mostra “Forza & Fragilità del Mito” di Lorenzo e Tiziana Banderali. Testo critico di Elena Colombo. La mostra resterà aperta fino al 7 aprile 2012, orario dal martedì al sabato 15.30 – 19.00
“In futuro tutti saranno famosi a livello planetario per quindici minuti” diceva Andy Warhol nel 1968, e così inaugurava l’era delle icone mediatiche e dell’assoluta riproducibilità delle immagini.
Il concetto d’autenticità dell’opera si confonde nel continuo bombardamento di stimoli visivi. Miti del cinema e personaggi pubblici diventano lo specchio della società globalizzata e si riflettono nelle pose inconsapevoli di milioni di persone in tutto il mondo.
Gli acrilici del giovane piemontese Lorenzo Banderali ritraggono i protagonisti della cultura contemporanea che hanno segnato il corso della sua esperienza e che hanno modificato il modo di pensare, le mode e i gusti di massa. Le foto di Tiziana Banderali, fanno da contrappunto a queste opere. Sono ritratti di soggetti comuni, ripresi in atteggiamenti che emulano inconsciamente i grandi divi. Il bianco e nero riprende con eleganza la delicata poetica delle rielaborazioni pittoriche e gli accostamenti visivi svelano il significato e le radici nascoste del gioco di drammatizzazione sul quale è basata la cultura contemporanea. I lavori esposti colgono sguardi intensi e reinventano visi noti, che risaltano nell’impatto cromatico delle ombre su sfondi che ricreano simmetrie colorate. La contrapposizione tra pieni e vuoti, tra linee e superfici ricostruisce con sensibilità il lato umano di ciascuno. Così si scopre l’irriverente allegria – filosofica e scientifica – del celebre Einstein che fa una boccaccia; Muhammed Ali smette per un attimo di essere un pugile in un’inquadratura che sfiora il trascendente, resa più eterea dalle sfumature, mentre il faccione ridente di Aldo Fabrizi balza fuori dai gialli della tavola come in uno spot americano.
La persona si fa personaggio, senza perdere la propria originalità. L’identità si trasforma in una maschera da indossare in pubblico, tanto convincente da aderire completamente all’individuo: ognuno di noi attinge al suo personale archivio-dati creandosi dei modelli in cui i piani d’interpretazione si mescolano e si sovrappongono, attingendo da tutti i campi possibili.