Provincia Cosmica

Informazioni Evento

Luogo
FIUTO ART SPACE
Piazza Matteotti 13, Ripatransone, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
13/09/2025
Curatori
Alex Urso
Generi
arte contemporanea, collettiva

Ospiti della nuova mostra, curata da Alex Urso, sono nove artisti provenienti da tutta Italia, accomunati dalla scelta di portare avanti la propria ricerca in territori fragili, marginali, da nord a sud del Paese.

Comunicato stampa

Provincia Cosmica
13.09–15.11.2025

Ricardo Aleodor Venturi, Elena Bellantoni, Deriva
Giovanni Gaggia, Adinda‐Putri Palma, Alicya Ricciuto,
Elena Ricciuto, Marco Rossi, Giuseppe Stampone

A cura di Alex Urso

FIUTO Art Space riapre le sue porte per un nuovo appuntamento all'insegna del contemporaneo. Ospiti della nuova mostra, curata da Alex Urso, sono nove artisti provenienti da tutta Italia, accomunati dalla scelta di portare avanti la propria ricerca in territori fragili, marginali, da nord a sud del Paese. In questi luoghi periferici gli artisti coinvolti nel progetto mettono in atto, attraverso la loro pratica, azioni a carattere sociale, utilizzando l’arte come “strumento” di riattivazione comunitaria. La mostra è il racconto di queste operazioni laminari, tra arte e politica.

* * *

Questa mostra prende le mosse dalla storia dello spazio che la ospita. Nel 2023, dopo un lungo periodo trascorso lontano da Ripatransone, Alex Urso decide di tornare nel suo paese di origine con un'ambizione precisa: dare vita a un luogo d'arte indipendente e innovativo, in grado di portare su un territorio poco avvezzo ai linguaggi del contemporaneo figure di spicco della scena nazionale e internazionale. Nasce così FIUTO Art Space: uno spazio “emotivo”; un porto sicuro nel quale vivere l'arte “dal basso”, esplorando nuove possibilità di dialogo e di fruizione.
Nei suoi dodici metri quadri di superficie, la piccola galleria ha esposto nel corso dei primi due anni di attività artisti di assoluto livello, in rappresentanza delle dinamiche più interessanti dello scenario presente; ha coinvolto la comunità locale con occasioni di scambio e confronto; ha innestato collaborazioni prestigiose con istituzioni pubbliche e private, italiane e non (il conferimento del titolo di Luogo del Contemporaneo da parte del Ministero della Cultura conferma le ambizioni che hanno guidato il lungo e articolato programma dello spazio in questo primo periodo di attività).

NOVE ARTISTI DI FRONTIERA
Schivando ogni possibile deriva autoreferenziale, questa breve e necessaria introduzione vuole essere da stimolo per giungere alla serie di quesiti che sono alla base di questa mostra: quali sono gli artisti che nel loro percorso hanno messo in atto delle simili operazioni, nei vari territori dello Stivale? Quali pratiche virtuose si possono tracciare oggi, a cinque anni di distanza da una pandemia che pure aveva esaltato la retorica incentrata sul “ritorno ai borghi” e alle realtà di provincia? Chi si è fatto davvero carico di questa visione idealizzata, accogliendo le sfide reali che comporta l'operare in contesti marginali e di confine?
La rassegna nasce in risposta a queste domande, delineando una mappatura – certamente non esaustiva – di artisti che hanno deciso di sfidare il sentire comune, voltando le spalle ai grandi centri culturali del Paese per abbracciare, piuttosto, una narrazione di frontiera. Con quali risultati?

L'ARTISTA TRA LOCALE E GLOBALE
Sono nove i protagonisti di questo progetto, tutti accomunati dalla medesima condizione “topografica”. Si tratta infatti di artisti che (per scelta) hanno deciso di investire e operare su territori marginali – nell'accezione geografica del termine –, innescando operazione culturali che hanno avuto e continuano ad avere un impatto sulle comunità di riferimento.
C'è chi, come Giuseppe Stampone, è tornato nel “suo” Abruzzo dopo anni spesi tra New York, Roma e Bruxelles: in seguito alla perdita dei genitori, l'artista – una delle figure più apprezzate e trasversali del panorama nazionale – ha deciso di fondare in provincia di Teramo il suo studio, portando avanti operazioni di partecipazione attiva e coinvolgimento del pubblico (come dimostra Global Education, il programma educativo creato con la moglie e performer Maria Crispal, che dal 2012 crea occasioni di confronto “per la formulazione di un nuovo alfabeto e di un nuovo mondo”). La serie in mostra dedicata al Gran Sasso condensa al meglio questa scelta di “ritorno a casa” e di racconto del luogo di origine.
Ci si sposta invece verso nord con Marco Rossi, che dopo gli studi in Pittura all'Accademia di Brera decide di tornare a vivere a Romano di Lombardia (in provincia di Bergamo), creando nel 2021 Tempo-rari place: una vetrina che a cadenza regolare ospita le opere di artisti contemporanei, mettendo a segno degli interventi mirati e sempre fruibili dai passanti.

L'ARTE COME STRUMENTO DI RIATTIVAZIONE SOCIALE
A rappresentare le Marche in questo ideale censimento poetico è invece Giovanni Gaggia, artista dalla spiccata natura politica e aggregativa. Nel 2008, con Casa Sponge a Pergola (in provincia di Pesaro-Urbino), Gaggia ha creato la prima residenza per artisti della regione, con l'obiettivo di promuovere e valorizzare l’arte contemporanea al di fuori dei circuiti tradizionali. Lo spazio (che ha avuto un ruolo attivo nel programma di Pesaro Capitale della Cultura 2024, portando in provincia una fetta consistente delle attività legate all'iniziativa ministeriale), ha ospitato negli anni quasi trecento artisti da tutto il mondo, con evidenti ricadute turistiche e culturali sul territorio.
Seguendo la stessa scia, anche Ricardo Aleodor Venturi ha deciso di utilizzare la pratica artistica come strumento di dialogo e riattivazione, operando a stretto contatto con comunità “fragili” attraverso azioni performative, relazionali, corali: uno dei suoi ultimi progetti (Studio con finestra) lo ha visto trasformare un enorme capannone nella periferia pesarese in un luogo interdisciplinare, aperto alla contaminazione e al confronto. L'ambizione? Offrire un'alternativa alla fruizione dell'arte, scegliendo lo scambio interpersonale come matrice di creazione.

LA CASA COME LUOGO DI PARTENZA (E DI ARRIVO)
Restiamo in regione, ma ci spostiamo in provincia di Macerata, con Adinda‐Putri Palma, artista interdisciplinare che ha fissato la propria base operativa nel piccolo borgo di Braccano, a Matelica. È qui che, con determinazione, Adinda ha intrapreso il progetto di autocostruzione in bioedilizia della propria casa-studio, portando avanti al contempo un'intensa riflessione sui temi del costruire e dell’abitare. La sua storia testimonia che è sempre possibile provare a ripopolare questi luoghi marginali, anche puntando su coraggiose forme alternative di ricostruzione.
L'elemento simbolico della “casa” – punto di partenza e di arrivo – guida anche le pratiche di Alicya ed Elena Ricciuto, sorelle gemelle che (singolarmente o con azioni congiunte) da anni portano avanti una riflessione sul vivere in contesti liminali, utilizzando l'arte come strumento di riattivazione e di aggregazione. Questa volontà si manifesta nello specifico con il progetto Le Fonticelle, residenza per artisti attivata a Frosolone (paese dell’entroterra molisano che conta poco meno di tremila abitanti). È qui che dal 2020 le due ragazze ospitano a cadenza regolare artisti da tutta Italia, invitati a realizzare opere permanenti o temporanee, spesso in collaborazione con le piccole imprese artigianali locali. Il “quartier generale” di queste attività è un antico sentiero mulattiero immerso nel verde: una strada boschiva abbandonata ma profondamente legata alle biografie delle due autrici; un luogo del cuore diventato nel tempo spazio comune, grazie ad azioni lente, di riscoperta e di resistenza.

PERIFERIE GEOGRAFICHE ED ESISTENZIALI
E se di nuove forme dell'abitare si parla, il nome di Denis Riva – in arte Deriva – appare più che calzante. Disegnatore, pittore (ma anche “raccoglitore, osservatore, assemblatore”), l'artista ha lasciato qualche anno fa l'Emilia-Romagna per spostarsi nell'entroterra veneto: a Follina, piccola realtà del trevigiano, Deriva ha messo in piedi uno studio-laboratorio all'interno dello storico Lanificio Paoletti, trasformando una parte di questa architettura industriale in una fucina di idee, luogo di espressione per artisti e sperimentatori.
Una sezione a parte della rassegna spetta invece a Elena Bellantoni, performer e ricercatrice interdisciplinare tra le più stimate del contesto italiano. Da sempre attenta alle tematiche legate alle questioni di genere, al corpo, alle politiche locali e globali, l'artista porta avanti la sua ricerca a Roma, dove ha sede il suo studio. Il luogo di lavoro è però, nel suo caso più che mai, una base di partenza per azioni che quasi sempre vedono come destinatari contesti fragili, ambigui, affetti da narrazioni politiche e sociali che necessitano di attenzione. Ne è un esempio l'opera in mostra, testimonianza dell'installazione ambientale e performativa Pane e libertà: il lavoro (nato da una residenza a Conselice, in Emilia-Romagna) è il frutto di un percorso condiviso con la comunità, chiamata a riflettere insieme all'artista sulle dinamiche storiche locali.
“La mia pratica si muove e prende forma nei territori che attraverso e negli incontri che faccio”, dice l'artista. Seguendo questa logica, Elena Bellantoni incarna appieno la figura dell'artista “nomade”, elemento mobile di intimità che vaga oltre le città e le nazioni riattivando con la sua pratica località e contesti non necessariamente legati alla propria biografia, ma bisognosi di intervento. La geografia smette in questi casi di farsi metro di analisi, lasciando piuttosto spazio all'esperienza e alla poesia. Le periferie da “fisiche” diventano “esistenziali”; il paesaggio si trasforma in linguaggio.