Poetry & Painting
I due artisti hanno iniziato il loro dialogo impostato su un accordo tra poesia e pittura in rete, in contatto attraverso internet, per confrontarsi sulle “figure” e sulle suggestioni che emergono dai testi e trarne immagini visionarie tracciate talune direttamente sulle pagine dei testi in lingua originale presenti in mostra.
Comunicato stampa
L’Associazione Sincresis apre la serata con le danze a cura di Bizzarria d’amore ed è lieta di presentare al pubblico le creazioni poetiche della giovane scrittrice Azelina Flint giunta dall’Inghilterra per soggiornare presso la nostra residenza d’artista, unitamente ai lavori grafici del pittore sanminiatese Luca Macchi, ormai conosciuto nel nostro territorio, realizzati traendo ispirazione dai suoi poemi.
I due artisti hanno iniziato il loro dialogo impostato su un accordo tra poesia e pittura in rete, in contatto attraverso internet, per confrontarsi sulle “figure” e sulle suggestioni che emergono dai testi e trarne immagini visionarie tracciate talune direttamente sulle pagine dei testi in lingua originale presenti in mostra.
Alcuni mesi fa Azelina ha inviato il suo progetto a Sincresis esprimendo una serie di riflessioni generate dalla lettura della poesia dantesca e chiedendo se un pittore presente nel nostro territorio sarebbe stato in grado di illustrare le sue composizioni.
E’ iniziato così il dialogo tramite email tra Luca e Azelina, uno scambio di considerazioni e di testi inviati in lingua inglese e in traduzioni elaborate dall’amico Francesco che vive in Italia.
I poemi di Azelina Flint, che traggono ispirazione dalla Stilnovismo e dalla Vita Nova di Dante, sono popolati di immagini che si caratterizzano come figure vive tra metafora e simbolo, così da campeggiare nei versi permeati da un’atmosfera che ricorda da un lato la donna angelo della tradizione intermediaria tra cielo e terra e portatrice di un amore basato sullo sguardo, dall’altro la novità del suono e il grande lume propri della cantica dantesca dedicata al viaggio paradisiaco nell’intento di reinterpretare la “dolce visione” in chiave moderna. Soffermandosi a cogliere i significati profondi dell’amore puro Azelina li sostanziai in stati d’animo in cui trapela la forza della passione senza diventare del tutto “carne”, ma mantenendo ed esprimendo l’energia del “fuoco ardente” capace di rivelarsi pienamente attraverso lo sguardo di coloro che amano e che comprendono l’autentico significato dell’emozione amorosa come sottolinea Dante nella canzone Donne ch’avete intelletto d’amore.
In verità se la fonte d’ispirazione per la giovane poetessa potrebbe essere la Vita Nova, opera giovanile del padre della lingua italiana, e la figura della donna angelo diventa il leit motif della creazione, approfondisce i suoi tratti interiori, al di là di un cliché ricorrente e, oltre a studiarne l’aspetto proprio di un’apparizione divina, al di là dell’esperienza terrena, come tramite tra terra e cielo, capace di nobilitare l’animo nel momento stesso in cui dona se stessa per permettere il processo di catarsi, ne rivela lo stato di donna amante e amata intrisa di luce. La ricerca di un contatto da parte di chi la ama, tanto da approssimarla alla terra, anziché sentirla come immagine circonfusa di luce ma lontana, la completa; il desiderio di godere della sua vicinanza rispetto alla distanza che la approssima verso il cielo, l’anelare una possibile fusione di sguardi, di menti, comporta di sottintendere la presenza di un “tu” che si rivela come termine di riferimento di un rapporto, per cui gli amanti come “diamanti” intrisi e assorbiti nella luce vivono la tensione del contatto amoroso, a petto della perdita, del tempo che scorre inevitabile, della morte che occlude gli animi. Nel linguaggio ricco di “figure” e immagini preziose che campeggiano nel verso potente scorre la vita, per cui l’una immagine si associa all’altra come la narrazione di un percorso che si connota per gli innumerevoli palpiti che sorgono da un animo potente, mentre sgorgano, nella profusione della parola gli accenti di una storia quotidiana che si ripete ogni volta nel rivolgersi agli spazi dell’infinito universo alla ricerca di risposta così da concepire l’importanza dell’incontro con l’altro come anelito per oltrepassare i limiti del tempo e della storia e renderli eterni, dall’apparizione all’esserci . .
La voce verbale “pare” nella poesia dantesca tra autobiografia e simbolo, in quanto si solleva dalle vicissitudini dell’hic et nunc proprie dell’ordinario, di ogni giorno, mirando alla edificazione di sé, al miglioramento del proprio animo nel suo “farsi” intento ad un processo di costruzione, assume il significato essenziale derivato dall’etimologia latina del verbo “parere”, quindi “apparire” e non sembrare” Allora se volessimo configurare Beatrice, essa apparirebbe ai nostri occhi come la donna amata in vita e in morte, come un’illuminazione, un’appercezione pura, una forma eterea che alimenta il percorso spirituale del poeta e di ognuno di noi.
Azelina ricorre alle “figure tipiche” proprie di un amore cortese che assume i toni di una meditazione religiosa, orientando lo sguardo e la mente verso il culto della donna, sulle vane speranze dell’amato con le sue molteplici declinazioni, dall’amore inappagato al sentirsi contrito nella servitù d’amore, in quanto che la “madonna”, “mea domina”, si pone a contrasto con il sentimento amoroso provato da Francesca da Rimini nella cantica dedicata al viaggio agli inferi, “ratto s’ apprende al cor”, mentre lo completa, secondo il motivo tipico di “amore e gentilezza” che consistono all’unisono. Azelina ha tentato di rinnovare i motivi di questo processo a petto dei tempi attuali ,in cui appaiono medesime vicissitudini, ripercorrendo chiosa a chiosa, stadio dopo stadio la gradualità di un itinerario che conduce all’eternità incancellabile di una forza sovrumana pronta sempre a porsi in questione nella potenza e nella pregnanza della parola poetica.
Nel suo itinerario artistico Luca Macchi si è sentito letteralmente coinvolto nella lettura e nell’analisi dei componimenti di Azelina, da sempre impegnato nel lavoro pittorico e grafico concepito come un processo di costruzione di se stessi, dando spazio in tal caso alle soluzioni grafiche capaci di arricchire i testi di Azelina, che si esprimono nella sua immaginazione tramite visioni di luce, colori che rendono l’energia cosmica e la scomposizione luminosa nell’iride, così da procedere a petto dei testi poetici nella composizione di altrettante “figure” grafiche per tracciare una “narrazione interiore”, step dopo step secondo soluzioni nuove e coerenti come autentiche “varianti” moderne sul tema. Le immagini disegnate dialogano così completamente con le parole e le espressioni che prendono forma dalla penna di Azelina e si dilatano come apparizioni dell’immaginario attraverso la matita di Luca. Convivono, dunque all’unisono, in una perfetta armonia che suggerisce “accordi” con l’armonia dell’ordine terreno e celeste voluto dall’essenza divina, energia e motore dell’universo. Sembra di cogliere il suono impercettibile delle somme rote dei cieli nel loro impercettibile moto, così che la leggiadra armonia diventa dolce melodia che si sprigiona dal loro movimento.
Nel connubio tra poesia e musica, come tra componimento e pittura, la scrittura di segni minuti tra “parola”lirica e “grafia”pittorica nel tessuto sottile dei passaggi cromatici e nelle tracce della matita comporta di mirare ad un passaggio continuo, all’alternarsi per riprendere ogni volta il cammino, di rimandi che accrescono l’energia proiettata alla ricerca di se stessi.
Tale ricerca non è nuova nell’itinerario di Luca che conduce da anni il proprio lavoro creativo e che si è prestato con somma semplicità e disponibilità alla realizzazione di un compito che non diventa soltanto di carattere illustrativo, ma che si connota all’interno di un percorso di scavo quotidiano dentro se stessi, sempre con sottile e profondo lirismo. Adottare l’espressione “fine” , può forse permettere di capire la “delicatezza” di una trama poetica che proviene da dentro, dai nostri stati interiori e che gradualmente prende corpo, ma sempre per rimanere e perdurare nell’”aere” di una scoperta originaria che pur sottintendendo l’innesto continuo con la concretezza della terra, può probabilmente condurre ad avanzare oltre, ad elevarsi dall’oscurità per ritrovare una luce.
Allora l’amore fatto di sguardi, la luce lancinante degli occhi della donna amata, non sono altro che cliches adottati dalla poesia stilnovistica proprio per affrontare e indicare il cammino nell’esperienza terrena ma proiettata verso ciò che può elevare da terra e che permette di riflettere, di capire, di “vedere” al di là delle cose fisiche.
Forse è proprio questo l’indizio offerto dalla poesia medioevale, come i versi di ogni tempo e l’arte visiva, che inoltrano a scandagliare dentro se stessi alla ricerca di un senso, ma primariamente, all’acquisizione di una consapevolezza, la sola, che può permettere di procedere verso la “visione”come sguardo non comune. La poesia, la pittura, il segno grafico possono, allora, comportare indizi proprio per sollecitare di intraprendere un percorso di contemplazione che alla luce del mondo attuale si può sostanziare ogni volta come itinerario di scoperta e riflessione, per “esplorare” i nostri aspetti più reconditi.
“E’ propriamente la poesia- scrivevo pochi mesi fa - che permette di assumere uno status sempre diverso, pronti alla scoperta,
all’esplorazione, a modificare se stessi in vista di una perfezione mai raggiunta, ma sempre raggiungibile,
perché il percorso di vita invita ad un “farsi” continuo per cui ogni meta non è mai l’ultima. Allora Orfeo,
che appare spesso nelle creazioni di Luca Macchi può dialogare con Beatrice per ritrovare i nessi di un
rapporto, di un passaggio da uno stadio all’altro, dagli inferi all’immensità del cielo, senza mai diventare
perfetta compiutezza e completamento.
E la ricerca continua.