Pink Me Not
L’identità femminile tra individualità e stereotipi
Comunicato stampa
Apre al pubblico il primo giorno di primavera la mostra collettiva Pink Me Not - L'identità femminile tra individualità e stereotipi a cura di Susanna Crispino.
Inserita nella rassegna Marzo Donna 2017, l'esposizione riunisce i lavori di Adriana Del Vento, Angelo Ricciardi, Elisa Vladilo, Laure Keyrouz, Pasqualina Caiazzo e Vito Pace, chiamati a riflettere sul concetto di identità e su come viene costruita e percepita, nello specifico, quella delle donne.
Si può affermare che l'identità di un individuo coinvolga il Sé e l'Altro: il Sé ne possiede i principi, che esprime attraverso l'aspetto, il comportamento e lo stile di vita. L'Altro invece può solo percepirla attraverso le manifestazioni esterne e rielaborarla attraverso i propri valori, formazione e cultura.
Dal conflitto tra complessità dell'identità ed esigenza di semplificazione nascono gli stereotipi che, spesso, sedimentando all'interno del tessuto sociale, offrono una maschera dietro cui nascondere le motivazioni più profonde dell'esclusione di gruppi sociali o di interi generi.
È il caso delle donne, per le quali l'identità individuale soffre dell'elaborazione secolare di preconcetti, diversi in base alla latitudine, ma tutti ugualmente escludenti. Come, ad esempio, il pregiudizio che le vincola a valori attribuiti tradizionalmente al genere: bellezza, grazia, pudore, capacità di accudire gli altri, che si riflettono in un ruolo sociale e lavorativo estremamente circoscritto. Oppure quello che le vede incapaci di assolvere a compiti e mansioni tipicamente maschili per caratteristiche intrinseche, come l'emotività eccessiva, la mancanza di forza fisica o di predisposizione verso le scienze, pretendendo di limitarne ambizioni e ruoli di responsabilità.
Il titolo della mostra, Pink me not, indica simbolicamente il rifiuto del colore tradizionalmente legato al genere femminile, il rosa, a favore dell'individualità: ogni donna è una persona con caratteristiche, gusti, attitudini e valori propri, frutto di esperienze, formazione e personalità, ma soprattutto indipendenti dal semplice essere nata femmina.
La mostra sarà visitabile dal 22 al 28 marzo 2017, tutti i giorni esclusa la domenica, dalle ore 9,00 alle 18,00
Casina Pompeiana – Villa Comunale, Riviera di Chiaia Info: 081 795 44 95 - Fb Casina Pompeiana ASCN
Catalogo disponibile dal 21 marzo sui siti: www.susannacrispino.com
http://www.baustellenbuero.com/
Opere in mostra:
Adriana Del Vento:
Ostinata memoria esterna 5 - Fotografia dalla scultura, 2017
Ostinata memoria esterna è l'immagine di una scultura attraverso cui l'artista è tornata ad un tema a lei molto caro, quello del vuoto, inteso secondo l'accezione Zen: il vuoto fertile, per estensione del femminile, e persino della morte.
L'immagine ritrae l'omonima scultura, ovvero un calco in negativo realizzato in gomme siliconiche partendo da lavori in creta: evoca cioè quello che non c'è. È una memoria esterna, sfida la percezione: sembra piena, invece è vuota, suggerisce un senso di instabilità.
Alberi spettri a Sant'Angelo A – Fotografia dall'installazione, 2016
Alberi spettri a Sant'Angelo A riprende una serie di disegni, fatti con penna biro di vari colori su carte fatte a mano, come quella d'Amalfi. L'albero è un simbolo femminile, è sorto dalla terra madre, subisce trasformazioni e produce frutti.
Il tentativo di dare vita a questi lavori ha lo scopo di farli uscire dallo statuto di oggetti, per farli diventare COSE, nel senso che Remo Bodei dà a questa parola, (le “cose” sono ciò verso cui si ha un investimento affettivo, e si contrappongono agli “oggetti” che invece sono semplicemente ciò che si contrappone ai soggetti). In questo modo riesce ad allargarne il senso per poter guardare le opere da punti di vista inconsueti, portare la percezione sull'alterità.
Angelo Ricciardi:
die Familie / WALL EDITION
collage su carta a modulo continuo, stampa inkjet su cartoncino, 2017
L'opera nasce in un primo tempo come libro d'artista nel 2015. Le fotocopie provengono dalle pagine del Dizionario Visuale Treccani e rappresentano gli abiti di una famiglia di quattro persone.
La carta a modulo continuo su cui è stato realizzato il collage suggerisce, per sua stessa natura, l'idea di una sequenza: i singoli abiti diventano così, uno di seguito all'altro, un insieme, una famiglia. Più precisamente quella che viene percepita come la famiglia occidentale tipo: padre, madre, figlio e figlia.
Quel che manca sono i corpi. Ma non è quanto – insieme alla morte – proviamo ormai da tempo a negare, ad eliminare? Non essendoci i corpi non possono nemmeno esserci generi e le differenze tra i singoli individui vengono annullate sull'altare dell'omologazione.
Elisa Vladilo
Rimad'origine
Video – Fotografie del progetto di Public Art realizzato a Teviso, 2013
Il video e le fotografie sono tratte dal progetto di Public Art realizzato presso la Stazione Centrale di Trieste nel 2013, dall'Associazione S/paesati in collaborazione con la Casa internazionale delle donne di Trieste, la Commissione Pari Opportunità del Comune di Trieste, Centostazioni, Barcolana, l'Associazione Donne Africa, ICS - Ufficio Rifugiati.
L’idea fondante era creare una raccolta poetica delle diverse culture che coesistono nella città, e per farlo sono state invitate 35 donne di diversa estrazione e origine, che hanno scritto una poesia che avesse un valore ed un significato riconducibile ad un senso collettivo di appartenenza, sia al proprio paese che al proprio vissuto personale.
La sede individuata per il progetto, la Stazione Ferroviaria, si configura come luogo di transito e allo stesso tempo come zona di attesa. Il “tappeto” a strisce colorate ne ha creato una visione nuova ed ha fatto da sfondo all'happening collettivo in cui le donne hanno scritto i versi che appartengono a loro stesse ed alla loro terra d’origine. Da qui il titolo dell'opera, ossia Rimad’origine.
https://vimeo.com/151538210
Laure Keyrouz
The bird dance – Video della performance realizzata nel 2015 a Villa Della Zonca (Arcade, Treviso)
L’incontro/scontro dell’identità femminile con quella maschile viene rappresentato magistralmente dall'artista e poetessa libanese Laure Keyrouz nel video The Bird Dance, che trae origine dalla performance realizzata nel 2015 presso Villa Della Zonca ad Arcade (Treviso).
Girato in un’unica sequenza, mostra un uomo e una donna che si muovono lungo lo stesso percorso, ma in maniera assolutamente dissimile. Sono distanti tra loro e sembra che non abbiano niente in comune, tuttavia alla fine del cammino riescono ritrovarsi ed a procedere insieme.
L’opera trae spunto da un verso della poesia omonima scritta dall’artista, gli uccelli dell’immigrazione mi trovano pura / arrivano e partiamo insieme, in cui il volo è metafora del percorso della vita: se gli esseri umani riuscissero a comprendere che, all’origine ed alla fine, gli individui sono tutti uguali, gli stereotipi non avrebbero ragione di esistere.
In mostra ci sono anche gli estratti di alcune poesie dell’artista, che ne ricostruiscono l’identità multiforme e tormentata: le radici familiari, che sembrano sanare tutto, pur in una lontananza nostalgica (Lo scialle di mia nonna), la rivendicazione di un ruolo attivo nella vita politica e sociale (Vento del Cambiamento) ed infine le difficoltà a conciliare le sue varie esistenze (Chi c’è dentro di me).
Pasqualina Caiazzo
Autoritratto (Piedi), tecnica mista su tavola, 100x100, 2016
L'opera appartiene ad un ciclo di opere intitolato Autoritratti, in cui l'Io dell'artista è rappresentato nelle tante sfaccettature del suo vissuto, fino a ricostruire il della sua crescita personale. Nulla è mai come appare, una persona non è mai una sola cosa, il sé è un insieme di frammenti – momenti – desideri – identità – che cambiano nel tempo. I piedi sono simboli dei passi, del cammino individuale, perché “l'identità non è il DNA molecolare, bensì l'azione. È nell'azione che Siamo!”. Indipendentemente dal punto di partenza, ciascuno costruisce il proprio percorso, viaggia sui propri passi e deve avere coscienza di sé per potersi realizzare a pieno, liberarsi dalla vergogna per raggiungere il proprio Sé più autentico.
Autoritratto (Finestra), tecnica mista su avola, 60x120, 2016
Appartenente al ciclo Autoritratti, il lavoro è Costruito come una finestra da cui l'osservatore dovrebbe guardare verso l'esterno, porsi verso gli altri. Sulla finestra ritrova volti di tutto il mondo, affiancati a dettagli che lo riportano idealmente a casa, porte aperte, scarpe, fiori, spiragli di luce e toppe in cui inserire la chiave per uscire dalle gabbie di un sé precostituito in base a ciò che gli altri si aspettano. Ma l'identità è impossibile da definire in modo univoco e granitico. Usare la chiave che è al centro dell'opera è un modo per liberarsi. E per riprendere il proprio cammino.
Vito Pace
Dedicated to Emma Ricklund
L’installazione all'origine dell'opera, intitolata to Emma Ricklud, nasce nel corso di una residenza presso il Ricklundgården (Saxnäs 2009), ovvero la casa in cui hanno vissuto il pittore svedese Folke Ricklund e la sua prima moglie Emma. La casa, negli anni ’60, è divenuta una fondazione ed un centro culturale internazionale.
Dedicated to Emma Ricklund ricostruisce la storia di Emma, che, secondo alcune fonti, fu pittrice “clandestina”: nascondeva infatti i propri lavori perché non li riteneva all’altezza di quelli di suo marito, all’epoca celebre in Svezia come “il pittore della montagna”.
L'artista documenta, attraverso questa opera, l'omaggio dedicato alla sua memoria installato nella Fondazione, composto da un ritratto della donna su una parete dello studio (lo stesso che sarebbe stato utilizzato dal marito) e da una ricostruzione in miniatura dello studio stesso, visibile solo attraverso un piccolo foro nella scatola di legno che la ospita.
L'idea di fondo dei due lavori - l'installazione e la stampa – è restituire simbolicamente a Emma Ricklund il posto di artista nello studio, ovvero il ruolo che le sarebbe stato proprio come individuo, aldilà del suo essere “moglie”.