Piergiorgio Colombara – Neroro

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO D'ARTE CONTEMPORANEA VILLA CROCE
Via Jacopo Ruffini 3, Genova, Italia
Date
Dal al

La mostra sarà aperta al pubblico da martedì a venerdì, dalle ore 11 alle ore 18.
Da sabato a domenica, dalle ore 12 alle ore 19.

Vernissage
01/12/2022

ore 17,30

Biglietti

intero 5 € / ridotto 3€

Artisti
Piergiorgio Colombara
Curatori
Giorgia Ligasacchi
Generi
arte contemporanea, personale
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Piergiorgio Colombara approda a Genova, con una grande mostra personale dal titolo Neroro.

Comunicato stampa

“È da una palpabile fragilità che prende forma la materia che Piergiorgio Colombara plasma con estrema eleganza e raffinatezza esecutiva. Surrealista nell’evocare e occultare insieme le fisionomie che vuole suggerire, rigorosamente sottovoce, all’osservatore più curioso e attento. L’Arte di Colombara non è, infatti, amicale, pone continuamente interrogativi che spesso restano insoluti; i suoi lavori ci mettono in crisi e provocano un vitale straniamento, stimolandoci a compiere una riflessione più profonda che travalica la realtà.”
Giorgia Ligasacchi, art consultant e curatrice di Pavesio e Associati with Negri-Clementi

Piergiorgio Colombara approda a Genova, con una grande mostra personale dal titolo Neroro, presso il Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce (Genova, Via Jacopo Ruffini, n. 3) dal 2 dicembre 2022 al 5 febbraio 2023 (conferenza stampa e inaugurazione giovedì 1° dicembre, ore 17,30).

A cura di Giorgia Ligasacchi, Neroro fa riferimento al ciclo di dipinti, acrilici su tela e di grande formato, realizzati dall’artista tra il 2017 e il 2021. La caratteristica distintiva dell’esposizione sono proprio i quadri. Noto principalmente come scultore, Colombara mostra qui un altro volto con opere che portano alla luce un aspetto inedito della sua ricerca, avviata fin dalla fine degli anni ‘70.

Emblematiche del reciproco transito tra pittura e scultura sono due opere del 2017, un dipinto e una scultura, che recano lo stesso titolo: Inpunta. Non mancano del resto alcune delle sculture che hanno segnato l’affermazione dell’artista in ambito nazionale e internazionale, tra cui possiamo citare: Suononous (1985), ottone e rame; Mulino (1992), ferro, rame e ottone; Lacrime di vetro (1997), ottone e vetro soffiato (collezione del Museo di Villa Croce); L’audace carena (2007), bronzo; e Culla (2014), bronzo. Numerose opere, insomma, che documentano l’inesaustibile esplorazione di Colombara nell’utilizzo di vari materiali, compresi la terracotta e il ferro.

Cuore della mostra è l’opera tripartita Neroro (2017), “dove ogni immagine ne richiama un’altra in modo ciclico e in un susseguirsi di costruzioni simboliche che, nonostante il ripetersi, ancora non hanno smesso di trasmettere il proprio significato”, commenta la curatrice. “La stessa tecnica di realizzazione serve all’artista a conferire spessore e a ricordare i “ricami metallici” delle sue sculture. Lo smalto lucente e sfaccettato crea l’illusoria trama della stoffa, si fa oggetto e poi sfondo, sostituendosi al bronzo e alludendovi con forza. L’aereo rievoca per soggetto In volo (2017) e condivide l’aspirazione all’aere e a un decollo bloccato dalla gabbia che ne imprigiona il movimento in eterno, così come l’abito sulla destra è, pure, iscritto in una scatola che lo argina come una sorta di parallelepipedo deformato. Nel suo contorno lineare ed essenziale si staglia la forma di una porta, troppo piccola per permettere il passaggio di quella figura umana che si può solo immaginare, a sua volta racchiusa nella cotta ricamata. Infine, a dominare il pannello centrale del trittico una piccola scalinata fluttuante nel vuoto, racchiusa in una scala astratta più grande. Cosa vorrà dirci l’autore? ci chiediamo, e la mente ci riporta subito ai lavori di un grande genio olandese di inizio XX secolo, Maurits Cornelis Escher. Artista poliedrico fortemente influenzato – come Colombara – dall’arte contemporanea e dal passato, oltre che ossessionato dalle scale labirintiche. Se in Escher corrono gradini in un ciclo infinito di disordine inquietante e in una struttura apparentemente irrealizzabile (Relatività, 1953), per Colombara le scale rappresentano un anelito verso il divino, una tensione all’ascesi, percorribili in un’unica direzione, in salita, con lo sguardo rivolto verso il cielo.”

L’Opera di Colombara ci immerge in un’esperienza, visiva e sensoriale, che potremmo definire del limite, della frontiera, dell’ambigua soglia tra mondi e situazioni di solito ritenuti alternativi. I suoi lavori sono caratterizzati da un’atmosfera che non è ascrivibile né a una qualche reminiscenza diretta del reale, né a esiti artistici del passato – anche se potremmo citare Fausto Melotti, e il suo desiderio di smaterializzare la scultura e di dissolverne i volumi, e qualche esito di Alberto Giacometti, Louise Bourgeois o Germaine Richier.

Nell’Opera di Colombara si respira un senso di leggerezza, di sospensione, di fragilità e di trasparenza, di tensione a cogliere e dare forma al vuoto e all’incerto confine tra suono e silenzio, qualcosa che ci fa pensare alla levità cara a Italo Calvino, che citava Paul Valéry: “Occorre essere leggeri come l’uccello in volo e non come la piuma.” I suoi lavori si sottraggono all’attribuzione a un tempo definito nel percorso dell’umana civiltà e dell’evoluzione dell’espressione artistica: scorrono davanti a noi schegge di qualcosa che già abbiamo acquisito, anche se spesso questi lacerti sono tra di loro combinati, nell’operazione di vero e proprio montaggio compiuto dall’artista, in maniera non direttamente conseguente a una logica lineare che abbia introiettato le leggi della possibile evoluzione di un oggetto. È come se, nel processo creativo di Colombara, sia perennemente in agguato la pulsione a innestare una cosa su un’altra, a congiungere e ibridare ciò che di solito è separato: le leggi della trasmissibilità dei geni e della mutazione possono essere sovvertite, quando siano investite dai brividi della libertà creativa e dagli slanci della fantasia.

L’artista ricorre, nella sua officina creativa, all’uso combinato di vari materiali (ottone, rame, piombo, alluminio, vetro soffiato, cera, ferro, bronzo, ceramica, frammenti di specchio, corde, cartapesta, riporti fotografici) e a inserimenti di lacerti di antichi manufatti, frammenti di oggetti che, appartenenti alla storia dell’esperienza umana, hanno poi fatto naufragio o sono fino a noi giunti senza esserne del tutto travolti o sfigurati. Colombara fa convivere nel corpo di una sua scultura materiali che vengono comunemente classificati come “opposti” e “alternativi”, in ragione delle loro caratteristiche relative alla malleabilità, alla solidità; ciò accentua ulteriormente la nostra percezione di qualcosa che è venuto a sovvertire le regole del farsi delle cose, provocando una sensazione di vertigine e di straniamento. I suoi lavori sono l’esito combinato di due diverse tensioni, l’una governata dalla visione progettuale, e l’altra dall’irruzione di un vento di libertà che spira durante il suo costituirsi in opera. Diceva in una sua “goccia” Camillo Sbarbaro, uno dei più grandi poeti italiani (ligure di origine) del Novecento, affine al sentimento lirico che intride l’opera di Colombara: “L’arte non si può fare; bisogna lasciarla farsi.”

Piergiorgia Colombara
Piergiorgio Colombara nasce a Genova nel 1948, città nella quale vive e lavora. Frequenta il Liceo Artistico Barabino e la Facoltà di Architettura di Genova, dove si laurea nel 1974. Negli anni Settanta e all'inizio del decennio successivo il suo interesse è volto prevalentemente alla pittura; dai primi anni ottanta si dedica quasi esclusivamente alla scultura. Le sue opere vengono presentate sia in mostre personali, con l’esordio nel 1980 alla Galleria Balestrini di Albisola, che di gruppo, ma anche presso importanti esposizioni come la Biennale di Venezia, nel 1993, 2009 e 2011, in Italia e all’estero. La sua ricerca ha riscosso l’apprezzamento di critici e storici dell’arte, filosofi e musicisti; le sue opere sono presenti in numerose raccolte pubbliche e private. Nel 2018 è stata costituita in Genova l’Associazione Archivio Piergiorgio Colombara, che si pone l’obiettivo di fare conoscere, valorizzare e promuovere l’opera dell’artista. Nel 2022, Skira pubblica il Catalogo ragionato dell’opera scultorea, 1982-2022 di Colombara, a cura di Sandro Parmiggiani e con il testo critico di Giorgia Ligasacchi.

L'esposizione, realizzata con il contributo di IREN e di Allianz Private Bank, è accompagnata da un catalogo con testi di Giorgia Ligasacchi, curatrice della mostra, di Silvio Seghi, direttore dell’Archivio Piergiorgio Colombara, e una conversazione di Diana Piazza con l’artista.