Parole in cammino. L’Art Brut nella collezione Giacosa – Ferraiuolo

Informazioni Evento

Luogo
SIC 12 ARTSTUDIO
Via Francesco Negri, 65, 00154 , Roma, Italia
Date
Dal al

su prenotazione

Vernissage
30/04/2022

ore 16

Curatori
Gustavo Giacosa
Generi
arte contemporanea
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una mostra di Art Brut della collezione di Gustavo Giacosa e Fausto Ferraiuolo.

Comunicato stampa

Lettere
Un forte desiderio di integrazione sociale trapela dalle innumerevoli richieste d’aiuto scritte da pazienti di
un’istituzione psichiatrica. Alcuni di questi messaggi si sforzano di mantenere le convenzioni linguistiche. Le lettere
del Dottor B., indirizzate all'ex presidente della Repubblica italiana Giovanni Leone, dimenticano presto i canoni del
discorso epistolare e si trasformano in un impetuoso flusso grafico dal contenuto illeggibile. L'urgenza e la rabbia
dell'autore si riversano sulle pagine, trasformandole in un sismografo delle sue emozioni. Di tutt'altro ordine sono
le lettere che Michel Nedjar, un artista a metà strada tra l'art brut e l'arte contemporanea, invia ai suoi amici. Nei
suoi affettuosi messaggi gioca con le forme arrotondate delle lettere in una forma di scrittura automatica. Lettera
e busta fanno parte della stessa unità visiva, ricordando i giochi propri dell’arte postale.
Preghiere
La scrittura di certi autori dell’Art Brut è influenzata dalla dimensione mistico religiosa presente nella loro vita. Tra
questi ci sono coloro che rivolgono le loro composizioni testuali a un lettore occasionale, e altri che in un costante
soliloquio si rivolgono solo a sé stessi. Jill Gallieni riempie ogni giorno le pagine dei suoi quaderni con una scrittura
ripetitiva a piccoli tratti che chiama Preghiere a Santa Rita. Un desiderio di dissoluzione dell’io, tipico
dell'invocazione dei mantra, si avverte in queste preghiere rivolte alla santa patrona delle cause impossibili. E se la
fluidità dell'inchiostro si presta bene a seguire il ritmo cantilenante delle preghiere che riempiono un'intera pagina,
la penna bic di Anibal Brizuela facilita anche essa l'organizzazione architettonica delle sue rivelazioni mistiche. Ogni
lettera di ogni parola è disegnata in forma di fiamma, dando all'insieme di questa disaggregazione semantica
un'unità visiva: un fuoco apocalittico dove gli aspetti antinomici delle sue visioni periscono insieme. Il fervore
missionario di Melina Riccio non conosce limiti. Artista proteiforme, utilizza tutti tipi di rifiuti abbandonati nelle
strade per mostrare la loro possibile metamorfosi e il messaggio nascosto che Dio invia in ogni oggetto raccolto.
Questi testi, poesie o canzoni, sono talvolta ricamati sui suoi vestiti, diventando lei stessa portabandiera di un Verbo
che esorta a risvegliare le coscienze indebolite degli esseri umani.
Racconti autobiografici
La relazione complementare tra testo e immagine caratterizza le storie autobiografiche di autori come Dominique
Théate e Johann Fischer. Entrambi usano una semplice matita nera per costruire una mitologia personale in cui un
io in terza persona e personaggi reali o immaginari delle loro esperienze di vita sono strettamente intrecciati. Con
grande inventività linguistica, Théate si dedica alla creazione di "schemi", una sorta di vignette in cui i suoi
autoritratti sono accompagnati da riflessioni sui suoi centri d’interesse: l’amore, il teatro, le automobili, il catch.
Nella Casa degli Artisti di Gugging, vicino Vienna, Fischer disegnava inizialmente animali e persone in occupazioni
specifiche. In seguito ha cominciato a circondare le sue rappresentazioni con testi scritti in un corsivo accurato su
linee pre-disegnate. Brevi testi che numerava più volte, definendo così l'ordine in cui devono essere letti. Queste
tavole compongono le pagine di un romanzo grafico immaginario che ruota attorno alla sua vita e alle sue passioni:
la famiglia, la malattia, la religione, così come il suo spirito patriottico carico di lode e anche di critica verso il suo
paese.
Codici alfabetici
Gli “scritti” di Art Brut derivano talvolta da altre forme di codici alfabetici. Alcuni autori reagiscono alla
standardizzazione imposta dall'apprendimento di una lingua scritta inventando segni grafici non conformi a quelli
appresi nell'infanzia.
Riccardo Sevieri crea un alfabeto di pittogrammi misteriosi dalle linee pulite. Esalta il valore di ognuno di questi
segni lavorandoli in maniera isolata su piccoli fogli o disponendoli in successione su fogli di grandi formati. La
combinazione dà luogo a una forma testuale che è leggibile come una forma di poesia visiva. Questa scrittura
indecifrabile nasce sia da un desiderio di cancellazione che di esposizione. L'autore, che nasconde la ragione di
queste rappresentazioni, è allo stesso tempo quello che è abitato da una compulsione grafica incontenibile.
David Parsons si esprime attraverso un codice segreto puramente gestuale e istintivo. L'impossibilità di vedere
libera l'autore da ogni formattazione culturale: disegno e scrittura diventano così un unico atto liberatorio. Solo i
limiti della pagina danno un quadro strutturante a questa narrazione composta da grappoli di gesti grafici che come
nuvole sembrano in costante movimento.
La scrittura di Joseph Lambert, anch'essa in uno stato di costante dinamismo, si costruisce mentre la mano si muove
sui solchi orizzontali della pagina. Le sue frasi a spirale si sovrappongono in strati compatti e colorati. Un sussurro
grafico attraverso il quale l’autore manifesta il desiderio di raccontare la sua vita.
Come dice il poeta Ghèrasim Luca: "Libera il respiro, e ogni parola diventa un segnale". (Je m'oralise, Ghèrasim Luca.
Éditions Corti)
GLI ARTISTI
Anonimo francese
Babylone
Anibal Brizuela
Dottor B.
Giovanni Bosco
Johann Fischer
Jill Gallieni
Profeta Gentileza
Garrol Gayden
Joseph Lambert
Massimiliano Moroni
Michel Nedjar
Oreste Fernando Nannetti
David Parsons
Melina Riccio
Profeta Royal Robertson
James Rosa
Riccardo Sevieri
Dominique Théate
Carlo Zinelli
ANONIMO FRANCESE
Non ci sono al momento informazioni biografiche precise su questo autore avvistato tra le vie del centro storico di
Aix-en-Provence tra il 2014 e il 2019. Dall’aspetto indigente, camminava esibendo ai passanti manifesti realizzati
con pennarelli su cartoni di recupero. I testi, scritti in un francese sgrammaticato, sono dure sentenze che fanno
allusione alla sua vita di clochard. Come in una sorta di performance quotidiana, l’autore si esibiva esponendo
ostentatamente i suoi messaggi per le strade del centro città o stando fermo agli incroci dei semafori. A fine
giornata abbandonava i cartelli nei pressi dei cassonetti della spazzatura.
ANIBAL BRIZUELA
(Lanús, 1935 – Oliveros, 2019)
Sporadiche sono le notizie biografiche sull’infanzia dell’argentino Anibal Brizuela: dopo alcuni confusi episodi
associabili al periodo della giovinezza, nel 1963 è ricoverato nell’ospedale psichiatrico di Oliveros, nella provincia di
Santa Fe. Da allora condusse una vita austera svolgendo piccole mansioni all’ interno dell'ospedale e dedicandosi
alla realizzazione di disegni con la biro su carte trovate o scatole di medicinali. Inizialmente esponeva i suoi disegni
nei corridoi dell’ospedale con l’intento di attirare i passanti. Già allora la grammatica visiva delle sue immagini si
componeva di armi, croci, bare, siringhe, teste, elementi geometrici dalle forme taglienti. Nel 2003 incontra l’artista
contemporanea Fabiana Imola che lo incoraggia a proseguire il suo lavoro e si occupa della curatela delle sue prime
mostre. Nel 2012 è stato dimesso dall’ospedale psichiatrico e trasferito in una piccola comunità terapeutica nella
cittadina di Oliveros, dove ha continuato a disegnare fino alla sua morte nel 2019.
Le sue opere fanno parte di numerose collezioni private nazionali e internazionali e il suo lavoro è rappresentato
dalla galleria d'art brut Christian Berst di Parigi.
BABYLONE
Poche e incerte sono le notizie biografiche su questo autore di origine mahorese conosciuto dalla popolazione
locale per il soprannome, Babylone, e per il cognome paterno, Charbon. Attorno al 2000 viveva senza fissa dimora
a Mamoudzou, capitale di Mayotte, isola principale dell’arcipelago delle Comore, nella Francia di oltre mare. Affetto
da psicosi cronica, forse sopraggiunta in seguito a un soggiorno in una metropoli del continente, aveva trovato
rifugio nel giardino del Centro di Salute Mentale “Matulaie”. Con un cartone in una mano e un pezzo di carbone
nell’altra, camminava per le strade dal mattino presto graffitando gli interstizi dei muri, le facciate delle abitazioni,
i pali della luce ed i marciapiedi. La sua scrittura verticale e serrata copre approssimativamente un 1mq e ricorda le
tavole scolastiche coraniche. Lo psichiatra francese Règis Airault, fondatore del primo centro di salute mentale a
Mayotte, fa conoscere in Europa il suo lavoro.
GIOVANNI BOSCO
(Castellammare del Golfo 1948 – 2009)
Orfano di padre lavora sin da piccolo come manovale nelle cave di marmo di Custonaci. In seguito a una condanna
per un furto, trascorre due anni in carcere e un periodo al confino fuori dalla Sicilia dove apprende per caso la
notizia che due suoi giovanissimi fratelli sono stati assassinati. Ciò gli procura un crollo psichico e un ricovero in
ospedale psichiatrico dove probabilmente subisce l’elettroshock. Tornato al suo paese, conduce una vita difficile in
condizioni di estrema povertà. Incoraggiato dal pittore locale Gian Battista Di Liberti che gli fornisce pennelli e
vernici, inizia autonomamente a plasmare il suo immaginario. Disegna e scrive per strada, sui muri delle case, ma
anche su carta e supporti di fortuna, tracciando e colorando le sue figure con pennarelli ed elaborando un proprio
originale, icastico linguaggio espressivo. Disegno e pittura diventano un'occupazione totalizzante: la sua stanza si
riempie di opere, spesso distrutte per far posto alle successive. Viene scoperto nel 2008 dal fotografo Boris Piot e
dal collettivo francese “Animula vagula” per poi essere incoraggiato e sostenuto dall'Osservatorio Outsider Art
dell'Università di Palermo e dal collettivo di videomakers ZEP. Bosco muore nel 2009. Per tutelare le sue opere e i
suoi murali è nata l'Associazione Outsider Art Giovanni Bosco. Le sue opere si trovano presso la Collection de l'Art
Brut di Losanna, il Museo delle Trame Mediterranee, la Fondazione Orestiadi di Gibellina e in prestigiose collezioni
internazionali come il Centre G.Pompidou di Parigi, il Centro de Arte Oliva di Sao João de Madeira, The Museum of
Everything di Londra.
DOTTOR B.
(Livorno 1951 – 2017)
In seguito a una diagnosi di schizofrenia, trascorre parte della sua vita presso l’ospedale psichiatrico di Volterra. Nel
1994 è trasferito al centro residenziale Franco Basaglia di Livorno fino alla sua morte. Vestiva in maniera
impeccabile con giacca e cravatta, indossando al polso 3 o 4 orologi contemporaneamente. In preda al suo
immaginario, alternava il ruolo di dottore a quello di cantante trasformando alcuni dei suoi conoscenti in
personaggi “famosi”: Riccardo Bargellini, conduttore dell’atelier artistico del centro, diventava ai suoi occhi
“Kennedy”, l’unico che poteva aiutarlo a far pervenire le sue lettere indirizzate al defunto Presidente della
Repubblica Giovanni Leone al quale chiedeva un adeguamento economico della sua pensione. Le lettere scritte da
Dottor B. hanno quasi tutte la caratteristica di essere comprensibili solo nelle prime righe mentre le frasi successive
vengono sostituite da linee più o meno ondulate e ripetute.
JOHAN FISCHER
( Eggendorf am Wagram 1919 – Klosterneuburg 2008)
Frequenta la scuola elementare per poi completare un apprendistato come panettiere e conseguire l’esame di
maestro artigiano. Allo scoppio della seconda guerra mondiale fu arruolato nell’esercito tedesco e catturato come
prigioniero di guerra americano. Un anno dopo la fine della guerra, Fischer torna presso la fattoria dei suoi genitori
e gestisce il vigneto. Nel 1957 subisce un primo ricovero psichiatrico e nel 1961 è trasferito definitivamente presso
il Mental Health and Care Facility di Gugging, vicino a Vienna. Nel 1982 entra a far parte del gruppo di residenti nel
centro di psicoterapia artistica fondato dal Dr. Leo Navratil, che oggi è la Casa degli Artisti di Gugging.
Stimolato dalle persone che lo circondano inizia a disegnare usando solo matite nere e matite colorate; due anni
dopo allarga la gamma cromatica ai toni caldi del giallo e del marrone per poi creare via via opere più complesse
dai colori vivaci. i primi soggetti sono animali e persone rappresentate nella loro professione. A queste immagini si
aggiungono successivamente brevi testi, che vengono numerati dall’autore per stabilire un ordine di lettura.
JILL GALLIENI
(Aix-en-Provence, 1948)
Cresce tra Aix-en-Provence e Parigi. Autodidatta, sin dalla sua giovinezza crea bambole di stoffa. Verso i trent'anni
inizia una lunga serie di opere grafiche chiamate preghiere a Santa Rita. Questo lavoro l'ha aiutata a ricostruirsi, a
trovare una via d'uscita da inestricabili situazioni mentali che le impedivano di vivere. All'inizio voleva "dire" a parole,
ma vedere una sua frase scritta da lei le era assolutamente insopportabile. Disegna allora le frasi di una preghiera,
sempre la stessa, ripetute centinaia di volte. La trascrizione di un mormorio dove l’intrecciarsi della sua calligrafia
fa apparire motivi astratti e talvolta figurativi. Scrivendo o disegnando con inchiostri di diversi colori Gallieni
compone serie infinite de “preghiere”. In quest’azione artistica e religiosa allo stesso tempo si rivolge alla santa per
chiedere aiuto a nome di coloro che le sono cari, per chiedere la sua intercessione per porre fine a qualche conflitto
armato nel mondo, o semplicemente per sé stessa.
PROFETA GENTILEZA
(Cafelândia, 1917 - Mirandópolis 1996)
José Datrino proviene da una famiglia di umili origini. Sin dall'infanzia ha un comportamento particolare ed è
soggetto a premonizioni. A 20 anni si trasferisce a Rio de Janeiro dove si sposa, crea una famiglia e divenne titolare
di una piccola impresa di trasporto merci. Il 17 dicembre 1961, un tragico incendio distrusse un circo a Niteroi
(località vicina a Rio de Janeiro), provocando oltre 500 vittime. Datrino è sconvolto da questo evento e sente delle
voci che lo invitano a compiere la sua missione sulla terra. Lascia famiglia e lavoro, cambia identità e prende il nome
di “José Agradecido” o “Profeta Gentileza” dando inizio così a una instancabile predicazione. Fu internato diverse
volte. Ogni volta che veniva dimesso, ritornava sulla strada. Camminava e predicava spostandosi soltanto a piedi,
inizialmente nella sua città e in seguito per tutto il Brasile. Fino alla sua morte, ha diffuso messaggi di pace, amore
e tolleranza. Nel 1980 ha cominciato a dipingere e scrivere cinquantasei pilastri del viadotto Caju a Rio de Janeiro,
trasmettendo in questo modo un’opera che critica il mondo moderno e il capitalismo con i colori vivaci della
bandiera brasiliana. Passò gli ultimi anni della sua vita davanti quei pilastri dispensando buoni consigli ai passanti.
JOSEPH LAMBERT
( Grand-Halleux, 1950)
Sviluppa autonomamente un suo personale percorso artistico all’interno della “S” Grand Atelier, un centro d’arte
senza scopi terapeutici, per persone con diversi tipi di disabilità a Vielsalm (Belgio). Tra il 2006 e il 2014 lavora il
legno e realizza mobili a partire dall’incastro di tavole e pannelli colorati. Dal 2005 in parallelo, esperimenta il
disegno su carta. Decide di “scrivere la storia della sua vita» dando inizio a una serie di testi dove il segno grafico
prevale sulla parola. Le lignee di scrittura si sovrappongono e si fondono in una massa di segni compatti che
ricordano paesaggi. Nel processo alchemico della creazione, le parole appartenenti a una lingua indecifrabile, si
trasformano in astratte linee di colore. Le sue opere sono presenti nelle più importanti collezioni internazionali di
Art Brut.
GARROL GAYDEN
(New York, 1960)
Dal 2005 frequenta la LAND studio gallery, uno spazio fondato dalla League Education and Treatment Center di
New York per accogliere artisti con disabilità. I disegni di Gayden traggono ispirazione dai frequenti viaggi d'infanzia
allo storico parco divertimenti Coney Island di New York. I suoi primi disegni risalgono all’età di cinque anni quando
guardava in televisione “Sesame Street” e tracciava a matita i suoi personaggi preferiti su un taccuino. Stratificando
le cifre, scriveva le lettere e le parole che vedeva sullo schermo. Da quel giorno in poi, ha continuato a disegnare,
riempiendo molti quaderni. L’uso del testo intrecciato con il disegno figurativo rimane tutt’ora la sua tecnica
distintiva: figure, paesaggi e parole legate al parco di divertimenti si intrecciano a frasi relative alla vita di Gayden,
alla sua famiglia e ai suoi colleghi artisti. "Scrivo le cose che vedo", dice Gayden, "mi fa sentire molto meglio". Le
sue opere sono state esposte in numerose mostre, tra cui l’Outsider Art Fair di Parigi, Jennifer Lauren Gallery di
Londra e il Coney Island Museum.
MASSIMILIANO MORONI
(Livorno 1966)
Vive a Livorno con i genitori e dal 2007 frequenta il centro diurno del dipartimento di Salute Mentale dove partecipa
al laboratorio di libera attività espressiva. Appassionato di geografia, sviluppa un’opera grafica a partire dal tracciato
di linee diagonali colorate, “arcobaleni” che dividono i fogli in due triangoli. All’interno di questi ultimi, Moroni
scrive, apparentemente in modo casuale, molteplici nomi di luoghi in varie dimensioni: quartieri, paesi di provincia
e città. La sua grafia ha speso una forma rotonda e un tratto delicato che diventa però più marcato e squadrato
quando qualcosa nella sua vita lo turba. I nomi dei luoghi sono dettati dai ricordi personali di viaggi vissuti e da
località che l’autore desidererebbe visitare in futuro.
MICHEL NEDJAR
(Soisy-sous-Montmorency, 1947)
Nasce in una famiglia di origine algerina ed ebrea segnata dalla scomparsa di molti membri durante la seconda
guerra mondiale. Il padre, sarto, conduce una piccola attività nella periferia di Parigi. Nedjar sviluppa, così, fin da
giovane un interesse per i tessuti e per le bambole. All’età di quattordici anni, è apprendista in una sartoria. Negli
anni 1970-1975, intraprende lunghi viaggi in Asia e in Messico, dove scopre le bambole utilizzate in incantesimi e
rituali magici.
Al suo ritorno a Parigi, crea le sue prime bambole-feticcio, con stracci, piume, spago e terra che immerge in tinture
terrose e sangue di animali. Dal 1980 dipinge e disegna, spesso con pastelli a cera, su supporti recuperati, usurati e
sporchi. Il tema dei cadaveri bruciati e dei corpi mutilati, che evocano i campi di concentramento, è centrale nella
sua produzione. Nello stesso tempo in cui Jean Dubuffet colleziona le sue bambole, Nedjar scopre l’art brut e,
entusiasta, si mette alla ricerca di nuovi creatori da riunire nella collezione “L’Aracine”. Così Nedjar entra
doppiamente nella storia dell’arte: come ricercatore di art brut e come artista.
ORESTE FERNANDO NANNETTI
(Roma 1927 – Volterra 1994)
Abbandonato dal padre, vive con la madre fino all’età di sette anni, quando viene accolto in un istituto caritativo.
Tre anni dopo è ricoverato in una struttura psichiatrica per minori dove rimane fino al 1942. Gli viene quindi
diagnosticata una malattia alla colonna vertebrale e viene trasferito all’ospedale Carlo Forlanini dove è ricoverato
per due anni. Nel 1956 Nannetti viene arrestato per oltraggio a pubblico ufficiale per essere internato, poco dopo,
nell’ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà di Roma. A 27 anni diagnosticato schizofrenico soffre di
allucinazioni e di manie di persecuzione. Nel 1958 viene trasferito all’ospedale psichiatrico di Volterra dove diventa
taciturno e solitario: qui non ha contatti con nessuno tranne che con l’infermiere Aldo Trafeli. Sui muri esterni del
reparto Ferri, Nannetti realizza delle incisioni, usando fibbie delle sue cinture. Le incisioni hanno per tema racconti
fantascientifici di difficile decifrazione e si strutturano in lunghi e complessi racconti di immagini e parole. I suoi
graffiti, in parte andati perduti, sono stati documentati dal fotografo Pier Nello Manoni. Nannetti scrisse anche
numerose lettere e cartoline indirizzate a parenti e personaggi, firmandosi con le sigle "Nanof", "Nof" o "Nof4" e
definendosi “astronautico ingegnere minerario”, “colonnello astrale”, “scassinatore nucleare” o "Nannettaicus
Meccanicus - santo della cellula fotoelettrica". Nel 1973 viene accolto all’istituto Bianchi di Volterra e
successivamente in un’altra struttura della città dove resta fino alla morte.
DAVID PARSONS
(San Francisco, 1946)
Ha frequentato il Creative Growth Art Center di Oakland (USA) dal 2009 al 2019. Artista non vedente, Parsons
realizza disegni e sculture in ceramica. Quando disegna guida le matite sul foglio delicatamente con le dita dell'altra
mano e ciò si traduce in una qualità simile a uno schizzo di una figura in movimento. Lo sfregamento delle sue dita
contro il supporto della pagina creano campi fumosi dove Parsons trascrive un linguaggio interiore che ha l’aspetto
di un alfabeto arcaico.
CARMELA RICCIO (MELINA)
(Ariano Irpino, 1951)
Dopo aver lavorato come modellista per importanti nomi della moda italiana, nel 1983 presenta un progetto di
arredo alla Fiera MACEF di Milano che firma con le sue iniziali: M.R. Il progetto si rivela faticoso: in seguito a un
esaurimento nervoso, viene ricoverata in un Centro di Salute Mentale.
Durante questo periodo decide di rifiutare di vivere in una società governata dal denaro e, affidandosi a Dio, invoca
il suo aiuto e una direzione da seguire. Decide di fare un patto con la natura, promettendo dedizione in cambio di
protezione. Abbandona la famiglia, brucia i suoi soldi e parte senza meta alla ricerca della Verità. Viene nuovamente
ricoverata in ospedale, dal quale prova a fuggire più volte. Nelle lunghe giornate trascorse in reparto utilizza carta
strappata per creare le sue prime composizioni. Tempo dopo si trasferisce a Genova dove inizia a disegnare e
scrivere con grafia minuta messaggi in rima su contenitori di giornali e bidoni della spazzatura. Il suo bisogno
espressivo cresce via via assieme alle dimensioni del tratto e alla diversità delle tecniche utilizzate. Dai primi anni
duemila inizia a viaggiare spostandosi in treno per tutta la penisola dove i muri delle città diventano un alleato
prezioso nella diffusione dei suoi messaggi di pace, fratellanza e ritorno alla natura. Oltre al graffito Melina
sperimenta altre tecniche quali il collage e il ricamo, che coniugano la sua esperienza passata nel cucito con la sua
missione di salvezza e recupero di una « natura offesa ».
PROFETA ROYAL ROBERTSON
(Louisiana, 1936-1997)
Frequenta la scuola fino alla terza media e poi inizia a lavorare come disegnatore di insegne commerciali. A metà
degli anni Cinquanta conosce Adell Brent, sua futura sposa, con la quale avrà undici figli. Nel 1974 Adell, forse
cacciata dallo stesso Royal, forse abbandonandolo per un altro uomo, lascia la casa coniugale con tutti i figli per
trasferirsi in Texas. Robertson scivola allora in un’esistenza inquieta dominata dall’odio misogino, dalle
reinterpretazioni della dottrina cristiana, da visioni di un mondo altro. Frequenta per corrispondenza un corso di
disegno e, armandosi di pennarelli indelebili, vernici a tempera, matite colorate e penne a sfera, inizia a dipingere
su cartelloni di grandi dimensioni. I soggetti delle sue opere sono quelle stesse visioni nelle quali gli alieni gli
mostrano la fine dei giorni e il mondo che verrà. Sul retro dei disegni, complesse formule numerologiche mettono
in relazione i tradimenti di Adell con i giorni della liberazione dal Male. Si proclama Profeta e erige il proprio
santuario dove mescola citazioni bibliche, ingiunzioni e profezie. La casa e il cortile si ricoprono di insegne e disegni
che avvertono le “puttane peccatrici e i bastardi di ogni risma” di tenersi alla larga. Nel 1992 l’uragano Andrew
distrugge questa casa santuario. Royal Robertson muore improvvisamente nel 1997.
JAMES ROSA
(New York, 1965)
Nato nel Queens, senza una formazione particolare s’avvicina al disegno nello studio LAND, un atelier per adulti
disabili senza intenti terapeutici ne scopo di lucro. Nel suo lavoro grafico Rosa s’ispira e rielabora oggetti e storie
del quotidiano. Sia nei i suoi disegni, che nei dipinti e collage inizia tratteggiando i contorni di oggetti per sviluppare
poi intricate narrazioni visive che tendono all’astrazione. Esuberanti composizioni che utilizzano tutta la pagina e
includono oltre a forme geometriche e oggetti quotidiani, lettere dell’alfabeto. Fortemente connotato dall’utilizzo
di colori vivaci ogni nuovo disegno nasce in stretta relazione con quello precedente creando così composizioni seriali
dalle infinite variazioni.
RICCARDO SEVIERI
(Livorno 1960)
Frequenta l’Atelier Blu Cammello di Livorno dal 1999.
Si cimenta nel disegno verso il quale ha un approccio istintivo: traduce i suoi pensieri in molteplici simboli grafici
che ripete ossessivamente e che fa dialogare tra loro. Questi simboli sembrano dar vita a uno spartito musicale o a
una sorta di mappa mentale dei suoi pensieri e dei suoi ricordi di vita. La forza e l’immediatezza del suo lavoro
artistico ha suggerito i loghi della casa editrice “Valigie Rosse” e quello dell’associazione culturale “SIC12artstudio”.
DOMINIQUE THÉATE
(Liegi, 1968)
A 18 anni, mentre preparava il suo ingresso all’Accademia di Belle Arti di Liegi, un grave incidente di moto sconvolge
la sua vita. Le sue funzioni motorie e cerebrali sono colpite in maniera irreversibile. Nel 2001 Théate riprende il suo
sogno di disegnare, nello spazio a lui dedicato all’interno de “La S grand atelier” di Vielsalm (B). Lavora in uno stato
di grande concentrazione ritmato da soliloqui di grande inventività linguistica. Nei sui disegni da sfogo, con un
pizzico di humor, a una ricca galleria di personaggi in situazioni ricorrenti. Ribaltando i codici tradizionali del
fumetto, si autorappresenta spesso con il vestito che indosserebbe al suo matrimonio, nei panni di un attore adulato
sui palcoscenici, o come un cantante di successo.
CARLO ZINELLI
(San Giovanni Lupatoto 1916 – Chievo 1974)
A nove anni lascia la scuola e inizia a lavorare come garzone in una fattoria. In seguito si trasferisce a Verona, dove
viene assunto al mattatoio municipale. Nel 1938 viene arruolato “volontario” nell’esercito nel corpo degli alpini e
destinato, nel 1939, in Spagna, dove imperversa la guerra civile. Due mesi dopo il suo arrivo, inizia a manifestare
delirio di persecuzione e frequenti raptus. Rimpatriato dopo vari ricoveri, viene definitivamente internato nel 1947
nell’ospedale psichiatrico San Giacomo alla Tomba di Verona con la diagnosi di schizofrenia paranoide.
Accorgendosi che Carlo scrive e disegna sulle pareti dell’ospedale, il direttore lo invita a frequentare il nuovo atelier
dell’istituzione, creato dall’artista scozzese Michel Noble nel 1957. Carlo vi si reca quasi ogni giorno ed è in quel
contesto dove realizzerà oltre tremila composizioni alla gouache. Il linguaggio grafico che elabora è caratterizzato
da una ripetizione e da un accumulo di elementi figurativi, da cambi di punti di vista e di scale prospettiche. Dal
1962 utilizza sistematicamente le due facce dei fogli, dipingendo sia sul recto sia sul verso. La figura umana è
onnipresente nella sua opera: talvolta Zinelli insiste su alcuni dettagli anatomici come piedi, braccia o organi
sessuali, mai disegnati in modo naturalistico, ma stilizzati e ripetuti.
Dal 1966 al 1974, durante l’ultima fase creativa, la presenza della scrittura è prevalente nel suo lavoro. Muore nel
1974 in seguito alle complicazioni derivate da una tubercolosi.
EVENTI COLLATERALI
30 aprile dalle ore 16 alle 22
Vernissage della mostra “Parole in cammino”.
Interventi musicali degli allievi del corso jazz del Conservatorio di musica de L’Aquila.
SIC12 Art Studio Via Francesco Negri 65, Roma
08 maggio ore 18
“Di che segno sei? Musica, gioco, grafica, parole”
Incontro-concerto con Giancarlo Schiaffini, Eugenio Colombo,
Fausto Ferraiuolo, Stefano Zenni.
SIC12 Art Studio Via Francesco Negri 65, Roma
12 maggio ore 19.30
“Giovanni Bosco. Dottore di tutto”
Incontro con la storica dell’arte Eva Di Stefano.
Alla scoperta dell’Art Brut di Giovanni Bosco e dell’ultimo numero della rivista dell’Osservatorio Outsider Art.
Seguirà la proiezione del film documentario: “Giovanni Bosco. Dottore di tutto”.
SIC12 Art Studio Via Francesco Negri 65, Roma
28 maggio ore 18.00
“Scritti di Art Brut. Il linguaggio della rottura”
Incontro con lo scrittore e saggista Michel Thévoz, primo conservatore della Collection de l’Art Brut di Losanna.
Interventi musicali degli allievi del Conservatorio di musica de L’Aquila.
SIC12 Art Studio Via Francesco Negri 65, Roma
12 giugno ore 18.00
“Musica ricercata: itinerario nell’Avanguardia, dal segno al suono”
Incontro-concerto con il pianista Emanuele Stracchi.
In collaborazione con Roma 3 Orchestra.
SIC12 Art Studio Via Francesco Negri 65, Roma
Dal 12 al 18 settembre
workshop e concerti a cura del Barry Harris Institute (www.barryharrisinstitute.org)
7 ottobre ore 21.00
“Changing Walking/Cambiare camminando”
Concerto di Fausto Ferraiuolo (pianoforte) e
Gabriele Mirabassi (clarinetto)
SIC12 Art Studio Via Francesco Negri 65, Roma
21 ottobre ore 17.00
“Scrivere disegnando”
conferenza di Sarah Lombardi
Direttrice della Collection dell’Art Brut di Losanna.
Università La Sapienza, Piazzale Aldo Moro 5, Roma
10, 11 e 12 novembre
Festival Tracce: l’arte interroga la follia.
In collaborazione con il dipartimento di salute mentale ASL Roma 2 Centro di Salute Mentale UOC8 Centro Diurno
San Paolo
SIC12 Art Studio Via Francesco Negri 65, Roma
Programma in via di definizione
10 novembre
“Nannetti: il libro di pietra”
Incontro con la storica dell’arte Lucienne Peiry.
Proiezione del film: “I Graffiti della mente” di Erika e Piernello Manoni. Spettacolo “Nannetti il colonnello astrale”
della Cie SIC12.
11 novembre
“La poesia nella follia. L’opera di Lorenzo Pittaluga”
incontro con lo scrittore Marco Ercolani.
“Melina” film documentario di Davide Valolao
“Nannetti il colonnello astrale” spettacolo della Cie SIC12
12 novembre
“Calligrafie urbane”
incontro con il prof. Claudio Zambianchi,
“Nannetti il colonnello astrale” uno spettacolo della Cie SIC12
20 novembre ore 18.00
“Senza linee”
Concerto-incontro con Claudio Lugo (sax) e
Fausto Ferraiuolo (pianoforte).