Paolo Assenza – Street Food

Informazioni Evento

Luogo
FOURTEEN ARTELLARO
piazza Figoli 14 , Tellaro, Italia
Date
Dal al
Vernissage
19/08/2018

Ore 19.00

Artisti
Paolo Assenza
Curatori
Gino D’Ugo
Generi
arte contemporanea, personale
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L’artista romano è protagonista del settimo appuntamento di Fourteen per la rassegna La superficie accidentata. Presenta l’installazione Street Food

Comunicato stampa

Il settimo appuntamento di Fourteen per la rassegna La superficie accidentata è con l’artista romano Paolo Assenza e l’installazione STREET FOOD. ‘O pere e ‘o musso a Napoli, il lampredotto a Firenze, fish and chips in Inghilterra e shawarma mediorientale affine al Kebab turco, chiaramente Pani câ meusa a Palermo e chissà quanti altri in Italia e nel mondo. Cibo già pronto al consumo, venduto per strada, veloce e provvisorio e spesso legato alla tradizione di un luogo, anche più economico e meno formale. Suggestioni dei luoghi, gustati e assimilati velocemente e dei migliori rimane un ricordo indelebile che appartiene al viaggio intrapreso, a volte ritorna nel tempo quel sapore per poi diluirsi negli strati della memoria. Ma quello di Paolo Assenza è uno street food per l’anima, nutrimento lirico, estetico, forse etico, trasmesso dai luoghi. Da gustare con i sensi e rielaborare con la ragione. Ricordi e suggestioni da contenere, far decantare e assimilare per poi magari trasmettere. Cosa resta? È qui che il viaggio non è fatto solo per viaggiare e al di là dello scatto di una fotografia scava qualcosa dentro, si stratifica nei meandri della memoria, si dissocia dal turismo di massa, ci arricchisce e nutre di tradizione e di memorie degli altri. Cosa resta di tutte queste impressioni? “Giugno/Luglio 2018. A Palermo ho passato lunghe giornate percorrendone le strade, ammaliato dai continui tesori che si nascondevano in ogni angolo della città, inoltrandomi in luoghi chiusi abbandonati, colori, profumi e una luce che dopo poco mi suggeriva alla memoria i netti contrasti che metteva in evidenza. Le strade della città erano un continuo sovrapporsi di cose, le tracce dei secoli e dei popoli che di tanto in tanto affiorano dalle mura che si sbriciolano, o riaffiorano come dettagli estetici ovunque, inaspettatamente.
Di li a poco avevo assorbito una quantità tale di suggestioni che necessariamente, per fissarne i contorni ho iniziato a riportare su dei piccoli tovaglioli, trovati nei tanti ristori di strada, appunti di viaggio che non volevo lasciare sbiadire nel tempo. Su un tavolo di vetro del mio studio improvvisato, con quei pochi materiali che porto sempre con me, ho iniziato a lavorare. La trementina rendeva trasparenti i fogli, che l’assorbivano con avidità e l’olio e gli inchiostri si scioglievano passando oltre il sottile strato di carta. E cosi facevo quotidianamente, durante le notti ,quando le strade su cui si affacciavano le mie finestre (le stesse strade che percorrevo bramoso di luci e forme), si popolavano di una vita che nelle ore diurne rimaneva nascosta in quelle intense ombre, che il sole altissimo all’orizzonte riduceva a sottili lame sfrangiate sulla pietra bianca, riflettendo la luce divenendo ancora più oscure. Ossessivamente fino ai primi bagliori dell’alba svuotavo la mia memoria, come se sentissi che il giorno successivo avrei dovuto nuovamente ostruirla d’immagini... empty space. Distratto dal lavoro, ancora accecato dai contrasti che cercavo di trasferire sulla carta, notavo, soffermandomi pochi istanti sul vetro che parte del dipinto rimaneva impresso lì, su quella superficie, una traccia misteriosa mi suggeriva di volta in volta essere parte di quella memoria che tentavo di cristallizzare. Buona parte delle forme sciolte si sfibravano prendendo dalle trame della carta nuove fattezze che dissimulavano le mie annotazioni. Rifletto sul senso di queste tenue vestigia, che sempre più prepotenti iniziavano a interrogarmi su cosa sarebbe rimasto di quel divorare quotidiano, lì su quel vetro la notte successiva, prima di cancellarle implacabilmente, con un sol colpo di spugna. Effimere testimonianze che oggi ancora più precarie riporto sotto forma di luce, su quella stessa carta da cui si sono generate.” Paolo Assenza