Paola di Bello – Ottakringer Straße

Informazioni Evento

Luogo
FEDERICO BIANCHI GALLERY MILANO
Via Carlo Imbonati 12, Milano, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

mar. - ven. 15.00 – 19.00 sab. su appuntamento

Vernissage
21/03/2012

ore 18.30

Artisti
Paola di Bello
Curatori
Marco Scotini
Generi
fotografia, personale

Al suo secondo appuntamento con la Galleria Federico Bianchi, Paola Di Bello presenta ora il suo nuovo progetto fotografico “Ottakringerstrasse”. La mostra raccoglie opere storiche e recenti dell’artista che fanno da contesto a questo nuovo lavoro. Commissionata dal Comune di Vienna, la serie Ottakringerstrasse prende il nome dal rilievo fotografico di una delle arterie più lunghe della capitale austriaca che collega il Gürtel con i distretti periferici.

Comunicato stampa

Al suo secondo appuntamento con la Galleria Federico Bianchi, Paola Di Bello presenta ora il suo nuovo progetto fotografico “Ottakringerstrasse”. La mostra, che apre mercoledì 21 marzo, raccoglie opere storiche e recenti dell’artista che fanno da contesto a questo nuovo lavoro. Commissionata dal Comune di Vienna, la serie Ottakringerstrasse prende il nome dal rilievo fotografico di una delle arterie più lunghe della capitale austriaca che collega il Gürtel con i distretti periferici.

Il tema della strada non è nuovo per Paola Di Bello. La sua visione dell’urbano passa sempre per questo “piano terra” della città contemporanea: le sue topografie possibili, i suoi tempi ordinari, i suoi pubblici. Ciò che è al centro di questo sguardo tassonomico sono le pratiche spontanee che si accampano nella strada, le tracce fisiche che vi si depositano, i modi abusivi di abitarne lo spazio. Gli oggetti abbandonati in Concrete Island, i senzatetto lungo i marciapiedi di Rischiano pene molto severe…, gli interstizi tra le favelas di São Paulo, i prospetti urbani senza-fine di Strip-Milano sono soltanto alcuni capitoli, anche se tra i più riusciti, di questo grande racconto urbano. Un urbano marginale e in divenire, sempre periferico, in cui l’atto stesso di fotografare si trasforma in una tattica sociale.

Ma, all’interno di questo progetto, Ottakringerstrasse è qualcosa di comune e di diverso allo stesso tempo, qualcosa da sempre presente nella pratica fotografica della Di Bello e nel frattempo qualcosa di sorprendentemente nuovo. Come è possibile rappresentare un frammento urbano oggi, quando tale frammento corrisponde a una strada meticcia, ad alta densità di popolazione immigrata tanto da essere ri-nominata dagli stessi abitanti di Vienna “Balkanmeile”? C’è un’immagine che possa includere, da sola e al suo interno, una pluralità di elementi esogeni anche se lo spazio fisico è ancora quello omogeneo di un quartiere o di un’unica strada? C’è un’immagine che possa render conto dell’intreccio contemporaneo tra universalità anonima e singolarizzazione?

Paola di Bello coniuga perfettamente e in maniera inedita modi della street-photography e format del ritratto familiare. Interviene nella continuità spazio-temporale dell’immagine fotografica e in quella dello stesso fotografare. Alla contiguità di una quinta urbana fa da contraltare l’additività di gruppi o singoli che fissano l’obiettivo, in una posa precaria e improvvisata, ma ad una differente distanza: donne con il velo, magrebini in tuta, giovani turchi, anziane signore della Turingia con il trolley della spesa. Ritorna qui, in forma completamente nuova, la matrice a puzzle che aveva costituto il tessuto fotografico de La disparition. Non un’immagine ma un archivio d’immagini (350 foto), dove il totale è affidato al possibile montaggio dei singoli pezzi separati che riescono ad incastrarsi tra di loro, perdendo così la connotazione del frammento. Anche La disparition, pur nella distanza da questo nuovo progetto, consisteva nel lasciare affiorare all’interno del teatro astratto della mappa le figure e le pratiche che la producono. Che Ottakringerstrasse non sia altro allora che un tentativo di rappresentare ciò che, per statuto, si sottrae alla rappresentazione? Quella moltitudine che rifugge alla sintesi della composizione sociale? Ma che, mai come prima, produce del comune, è collettività?