Opera haec levia

Informazioni Evento

Luogo
MAM - MUSEO D'ARTE MODERNA DELL'ALTO MANTOVANO
Via Guglielmo Marconi 126, Gazoldo degli Ippoliti, Italia
Date
Dal al

dal lunedì al sabato dalle ore 9:00 alle ore 12:30
pomeriggio: sabato e domenica dalle ore 16:00 alle ore 19:00
La mostra resterà chiusa il 2 giugno, festa della Repubblica.
Per scuole e gruppi di almeno 10 persone è possibile concordare visite su appuntamento (0376 659315)
ingresso gratuito

Vernissage
20/05/2018

ore 18

Curatori
Gianfranco Ferlisi
Generi
arte contemporanea, doppia personale
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Un confronto tra due incredibili talenti e la levità della loro opera. È questo il tema di «Opera haec levia».

Comunicato stampa

Un confronto tra due incredibili talenti e la levità della loro opera. È questo il tema di «Opera haec levia» e già il titolo della mostra allude alla loro capacità di realizzare raffinate fluenze emotive, una matericità astratto/informale intesa come esercizio di ricercata raffinatezza e di superlativa applicazione tecnica. L’omaggio a Danilo Guidetti arriva dopo il lungo silenzio seguito alla sua scomparsa nel dicembre del 1990; un silenzio interrotto solo da alcuni piccoli eventi postumi curati dagli amici. Con Danilo, ma anche con Enos, si guarda alla «seconda generazione del chiarismo Mantovano», a due autori inizialmente legati a una visione naturalistica del paesaggio. Ma in mostra si propone solamente la più recente declinazione lirico/astratta; quella che sfocia nell’astrazione informale. Sono gli anni Ottanta a segnare una svolta nella produzione di Danilo Guidetti che avvia e sperimenta con decisione un nuovo modo di fare pittura, utilizzando carte di recupero, che ritaglia, che incolla, che sovrappone. Nascono, parallelamente, speciali libri d’artista, suggeriti dalle frequentazioni di poeti come Luzi, Cappi, Finzi, o di artisti, come Munari. È questo il periodo che mostra gli esiti più compiuti di Guidetti: dietro gli strati sovrapposti di carta, di stagnole, di fili di corda il pittore fa intravvedere una struttura nuova dell’immagine.
La vicenda di Enos Rizzi si specchia in quella di Danilo. L’amplifica. Ne offre una dimensione non solitaria ed episodica. Parallele trame forti e sicure, alimentate come dall'interno di un'anima segreta onnisciente, si palesano in un modo alternativo e autonomo. Se è vero, infatti, che la ricerca del segno fa parte di una ricerca dell'artista che data almeno dalla metà degli anni Settanta, questo si è definitivamente rivelato solo a partire dagli anni Novanta nella sua piena maturità: sono i codici identificativi della sua scrittura per immagini, sono gli accostamenti inusuali di materiali adespoti e senza immediato carisma estetico, offerti spesso dal caso a tradursi in metafora della propria sensibilità interiore. Le opere su carta – in un confronto serrato - ci presentano dunque, come si diceva, un artista altrettanto abile, un autore di collages che dichiara, innanzitutto, l’antico apostolato con il geniale e indimenticabile Danilo, ma che, nell'attuale struttura dell’organizzazione rappresentativa delle opere, si affida ad esiti tutti personali, di una essenzialità sorprendente. Le carte decomposte, accartocciate, decolorate, lacerate, strappate, incollate, ridipinte e ricombinate non rimandano alle tracce figurali che pur possedevano. Non hanno antiche memorie da riproporre, non appartengono alla suggestione dei décollage di Mimmo Rotella e meno che mai a papiers collés tronfi di rimembranze cubiste di trompe - l’oeil. Sono semmai lavori che si muovono con sicurezza lungo la linea di confine tra scrittura e visione e in cui si intersecano pratiche artistiche dissimili, al di là di ogni qualsivoglia gerarchia intellettuale e tecnica. Ecco allora che i giardini estetici delle carte d’artista diventano rigogliosi, tra sentori di meraviglia, tra sogni ad occhi aperti, tra una ritrovata felicità nel fare arte. Opera haec levia: da lì eravamo partiti e alla fine abbiamo scoperto orizzonti eterei e scenari velati che si producono per trasparenza e sovrapposizione di materie fragili ma che determinano, nell’abilità e nell’eccellenza degli artisti, una dimensione che crea meraviglia e stupore, e lontananze poetiche degne di essere ammirate.

I due personaggi in sintesi
Danilo Guidetti nasce a Castiglione delle Stiviere il 22 settembre del 1928. Nel periodo in cui frequenta il locale Istituto Commerciale, scopre la sua propensione per l’Arte. Vorrebbe iscriversi all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza, ma le difficoltà economiche non gli consentono di coronare tale indirizzo suggeritogli dall’amico Oreste Marini. Frequenta però lo studio dello scultore Giuseppe Brigoni (1901-1970), studia disegno con Tognolini e, talvolta, si unisce al gruppo dei pittori appartenenti al cenacolo di Oreste Marini. Ha modo comunque di osservare, appena diciottenne, il lavoro dei protagonisti della fertile stagione del Chiarismo, da Del Bon a Marini, da Ezio Mutti a Nene Nodari, da Lilloni a Malerba.
Inizia poi a frequentare le scuole serali INAPLI, mentre, di giorno, collabora nella bottega di alimentari del padre. Il costante contatto con Marini, che insegna proprio nella Scuola serale di disegno di Castiglione, le amicizie con Ermanno Pittigliani e con le pittrici Dina Pastore e Clara Serafini, nonché col critico Giuseppe Tonna, sono decisive per la crescita della sua formazione artistica.
A vent’anni Guidetti, nel 1948, col gruppo artistico mantovano, espone nel Palazzo della Ragione di Mantova. Successivamente, nel 1954, partecipa alla collettiva a Milano, intitolata Incontri per la gioventù. Nel l96l è inaugurata la sua prima personale, alla Galleria d’arte La Loggetta di Brescia: è presentato in catalogo da Giuseppe Tonna. Seguono molti altri riconoscimenti, come, nel 1962, la medaglia d’oro nel Premio di pittura Marpicati di Ghedi, e, due anni dopo, quella del concorso Treccani Degli Alfieri, a Montichiari. Nel 1966 è invitato a una mostra dei Chiaristi mantovani a Castel Goffredo, mostra che precede l’oramai storica prima Mostra dei “Chiaristi” allestita, dal 21 settembre al 10 ottobre, in Palazzo Lanzoni, a Mantova e trasferita, subito dopo, a Castiglione delle Stiviere, in Palazzo Zanetti. Sulla gamma cromatica chiarista, progressivamente, il pittore accentua declinazioni liriche informali, fino a raggiungere, negli anni Ottanta, un’immagine che sfocia nell’astrazione.
Nel l982 partecipa al Salon d’Automne, al Grand Palais di Parigi, mentre si infittiscono le partecipazioni a collettive e gli inviti ad allestire personali. Nel 1983 Guidetti espone, per la prima volta con una personale a Mantova, alla Galleria Einaudi, dove è invitato anche a partecipare a tre collettive, nel 1983, nel 1985 e nel 1990. In questo ambiente, come in quello della Galleria di Maurizio Corraini, sempre a Mantova, intreccia nuovi rapporti di amicizia e di confronto. Si apre ora per lui una stagione di grande autonomia estetica, di grande maturità e di notevoli consensi. Gino Baratta, Francesco Bartoli, Bruno Munari, Renzo Margonari, Alberto Veca e tante altri voci critiche sottolineano la suggestione di queste originali e più libere partiture materiche, in cui la carta, da sostanza ormai vilipesa e ridotta a eliminazione, si esalta.
Il pittore muore il 27 dicembre 1990, nella sua casa di Castiglione delle Stiviere, nel pieno di un’attività espressiva felice e originale.

Enos Rizzi nasce il 10 gennaio del 1944 in località Levatello di Gozzolina, frazione di Castiglione delle Stiviere, in quella terra gonzaghesca che nel ‘900 fu del Chiarismo. Figlio di Rocco, allievo dello scultore medolese Giuseppe Brigoni, Enos fin da bambino è a contatto con la materia dell’arte.
La famiglia Rizzi, trasferitasi a Castiglione delle Stiviere, vede Enos scolaro e studente presso le scuole della cittadina, sino al conseguimento del diploma di ragioneria. Successivamente, a fine anni Cinquanta, Enos è assiduo alla Scuola Serale di Disegno e Pittura diretta da Oreste Marini (pittore, storico e critico d’arte), scuola in cui operano anche artisti quali Mario Porta e Danilo Guidetti.
Da molti anni Enos dipinge, sperimentando svariate tecniche e nuovi itinerari di ricerca.
Lavora alacremente, studia e guarda ai grandi maestri; parallelamente osserva con una lente le fantasie dell’anima sua.
È attivo della vita artistica d’oggi e ha partecipato a importanti rassegne collettive oltre ad aver allestito prestigiose mostre personali. Sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero.