Nulla die sine linea

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA DELLE BATTAGLIE
Via Delle Battaglie 69A, Brescia, Italia
Date
Dal al

mart-sab 10.30- 12.30 e 16-19.30
e su appuntamento Mostra in corso: "NULLA DIE SINE LINEA" Albano Morandi dialoga con quattro giovani artisti a rotazione:

Sara Apostoli, opening 11 Novembre; Alberto Locatelli, opening 19 Novembre; Corrado Galli, opening 26 Novembre; Chiara Butti., opening 3 Dicembre.

Vernissage
11/11/2011
Artisti
Albano Morandi, Sara Apostoli, Alberto Locatelli, Corrado Galli, Chiara Butti
Generi
arte contemporanea, personale, collettiva
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Albano Morandi sceglie di dialogare con altri artisti. All’interno dell’esposizione,a rotazione, ogni settimana si alterneranno le opere di quattro giovani artisti: Sara Apostoli, Alberto Locatelli, Corrado Galli e per finire Chiara Butti. Le opere di Morandi esposte in galleria fanno parte di una serie di Collage inediti del 1981, riconducibili al periodo romano dell’artista, il quale, finito da poco l’Accademia, cominciava a muovere i primi passi nel mondo dell’arte, un po’ come i quattro artisti, suoi ex-studenti, si apprestano a fare oggi.

Comunicato stampa

NULLA DIE SINE LINEA. IL PERCORSO DI ALBANO MORANDI.
di Mariacristina Maccarinelli.

La mostra prende il titolo da una frase tratta dall’opera Naturalis Historiae attribuita da Plinio il Vecchio al pittore Apelle, del quale si dice non passasse giorno senza che tracciasse almeno una linea, perché sosteneva che solo con l’esercizio costante si procede sulla via dell’Arte. Ed è quello che trovo abbia fatto e continui a fare Albano Morandi nel suo percorso artistico. Dopo aver iniziato nei primi anni Ottanta a Roma, in un clima che risentiva ancora fortemente dell’arte concettuale, ha saputo in questi anni affrontare la sua personale ricerca con metodo e curiosità ampliando il suo sguardo in molteplici direzioni. Questo titolo vuole dunque essere un omaggio al suo modus operandi, da quattro decenni egli coltiva la sua arte in una pluralità di forme differenti, aggiungendo ogni giorno un segno, un pensiero, una traccia al progetto poetico unitario della sua opera. Ma questa citazione vuole essere altresì monito e, allo stesso tempo, augurio per i giovani artisti (Sara Apostoli, Alberto Locatelli, Corrado Galli e Chiara Butti) che con le loro opere dialogano, a rotazione, con quelle di Albano Morandi all’interno di questa mostra.
Le opere esposte fanno parte di una più numerosa serie di Collage, inediti, quasi tutti del 1981, che erano restati chiusi in una cartelletta nera e dimenticati sotto innumerevoli altri lavori di carte in uno dei cassetti nello studio dell’artista. Poco tempo fa, sono tornati alla luce e questa è sembrata l’occasione giusta per mostrarli al pubblico.
Il giovane Morandi amava “lavorare con immagini del mondo e fare variazioni sul tema”.
Il supporto di quasi tutti i collage sono i grandi fogli, scarti di stampa, che Morandi andava a prendere nella sede del giornale Il messaggero, poco distante dalla sua abitazione romana. L’intervento dell’artista era poi quello di lavorare con vari tipi di carta: velina, carta vetro, carte di riso, cartine per sigarette, elenchi telefonici giapponesi, cartine della città di Roma, Cartoline del Lago di Garda, cartoncino di un pacchetto di sigarette, immagini di Pin-up degli anni ’50. Tutte queste tipologie di carte diverse, rigorosamente strappate, andavano via via a dare forma alla composizione dell’opera e la sovrapposizione in veri e propri strati, conferiva un’evidente tridimensionalità al collage, pur mantenendo un’aurea di leggerezza. Altra cosa importante: l’assoluta mancanza di colla, ma solo e unicamente l’uso di scotch o nastro adesivo per non “perdere l’attimo”. Infatti, come ricorda Morandi, queste opere nascevano da una pratica immediata, che non aveva alle spalle una progettualità ma che era creatività pura e ricerca di un equilibrio e un’armonia formale ed estetica. L’ultimo passaggio: l’aggiunta di un gesto pittorico, in alcuni collage più evidente, in altri meno. Questi interventi per lo più con acquarelli, svelano la volontà di intervenire e modificare il materiale recuperato. Nei collage più pittorici notiamo nella parte inferiore dell’opera la presenza imponente della firma dell’artista che, così facendo, vuole rendere omaggio al grande maestro Giorgio Morandi che era solito firmare in maniera simile i suoi dipinti.
Guardando oggi questi primi lavori, trovo incredibile come già siano presenti gli elementi che più caratterizzeranno i vari periodi della ricerca futura di Albano Morandi. Ecco che l’uso di un semplice frammento di carta di riso da lì a poco darà vita proprio alla serie delle Carte di riso, serie di opere in cui analizzerà e interverrà riportando alla luce degli elementi propri della materia-carta, quasi fossero delle presenze animate. Così come la scelta di un piccolo coperchio di una scatolina di cartone, sigillata sotto altre carte, non può che far pensare a cosa diventeranno delle semplici scatole trasformate in altro, nella serie dei Gesti quotidiani. È come se in questi collage ci fossero, in forma embrionale, i punti cardini dell’arte di Albano Morandi e che poi, con il passare degli anni, questi ci siano stati rivelati attraverso forme diverse che egli ha scelto di dare. In questo senso penso che, con il suo operare quotidiano, si avvicini a una progettualità costante e coerente, che gli permette di rinnovarsi pur restando sempre fedele alla propria poetica.
Altro aspetto dell’essere artista di Morandi è l’amore per lo studio dell’Arte e per la didattica. Paul Klee affermava che l’arte non deve riprodurre il visibile, ma renderlo visibile. La lezione che vuole trasmettere Albano Morandi riguarda proprio la “Nuova arte”, l’arte dell’Evidenza, in cui il compito dell’artista è di rivelare allo spettatore ciò che sembra non visibile per l’incapacità di guardare oltre ciò che si vede. Grazie alle sue opere possiamo esercitarci a sviluppare questa capacità. Attraverso le sue sculture ci mostra la magia della poesia, una liricità che tocca il cuore e che sospende il pensiero, lasciandoci nella semplicità della bellezza estetica e formale. Attraverso le sue istallazioni ci mostra come oggetti di uso comune assemblati tra loro o dipinti in svariati modi e con tecniche diverse, possano assumere significati altri. Osservando le opere più recenti possiamo cogliere espliciti rimandi ad artisti fondamentali nella storia dell’Arte contemporanea, testimonianza che l’insegnamento di chi ci ha preceduto è inscindibile e presente nelle coscienze degli artisti.
Sara Apostoli espone un’istallazione molto scenografica e poetica.
Racconta: “Ho vissuto in prima persona le vicende giapponesi, con un viaggio lungo trenta giorni durante il mese di aprile 2011, poco dopo il terremoto e il conseguente tsunami che ha colpito le terre nipponiche. L'ho vissuto tanto intensamente da poterne riportare una sana esperienza e tanto da poter affermare quanto il sensazionalismo che invade i quotidiani e i telegiornali negli ultimi anni sia a tutti gli effetti un cancro della nostra società, dannoso quanto inutile”.
Si tratta di una grande coperta di carta e ricamo, fatta con le fotocopie delle prime pagine dei giornali di marzo 2011, che riportavano notizie riguardo al terremoto giapponese, sottolineate nei punti salienti a dimostrazione di quanto affermato sul sensazionalismo e cucite una con l'altra. La coperta, ricamata ai lati, va ad anteporsi all'installazione retrostante composta da una moltitudine di piccole immagini (154 foto a colori, 15x10 cm) racchiuse in cornici di legno bianco ed esposte in maniera casualmente estetica, riguardanti il viaggio in Giappone dell’artista, testimonianza di quanto vissuto e di come le notizie che c’erano fornite, non fossero del tutto realistiche. Precisa l’Apostoli: “Il sensazionalismo è un cancro della società contemporanea. Lo si produce, chiaro. Ma prima di tutto lo si subisce. Ed esserne consapevoli è già un primo passo. Perché non c'è niente di peggio nel credere fermamente in qualcosa che non c'è… Solo i fruitori più attenti e i più curiosi si spingeranno al di là della coperta, gustandosi il centro dell'installazione stessa, mentre altri si fermeranno al primo step. Quest’aspetto è direttamente collegato alla mia poetica artistica, che da anni sonda lo sguardo del fruitore e del pubblico e cerca di allenarlo nell'individuazione di quei dettagli che sono sempre necessari per capire a fondo ogni cosa”.

Alberto Locatelli esporrà studi di città abbandonate ed edifici fatiscenti che ha realizzato in preparazione della graphic novel A White Canvas presentata ad inizio anno come tesi di diploma accademico. Il termine “graphic novel”, letteralmente traducibile come “romanzo grafico”, si riferisce ad un genere letterario a fumetti con storie autoconclusive, caratterizzate cioè da un’unità narrativa, con contenuti rivolti ad un pubblico adulto. Gli studi qui esposti sono di piccola dimensione (da un minimo di 10x15cm ad un massimo di 29,7x42cm) e sono realizzati a china, seppia e pantone su carta. Ci sono poi dei disegni di formato maggiore realizzati su carta da spolvero. Il tratto è decisamente incisivo e suggestivo. Le architetture evanescenti rappresentano luoghi sospesi nel tempo e nello spazio di un istante. Possono ricondurre a paesaggi del passato o a situazioni apocalittiche di un futuro lontanissimo poco importa allo spettatore che resta affascinato e rapito quasi in un labirinto di linee che non svelano, ma velano una realtà sconosciuta.
Corrado Galli presenta l’opera Lira text tube, l’istallazione si compone di innumerevoli provette che raccolgono coriandoli di vecchie lire. Lui stesso definisce questo lavoro morandiano per l’aspetto ludico (infatti i coriandoli ricordano giochi d’infanzia, ma in questo caso il materiale usato è da adulti), e per il recupero di un materiale di uso quotidiano come sono i soldi. L’artista precisa che nell’opera “predilige la complicanza alla complicazione”, e che ci sono più significati alla base: il rapporto conflittuale della società con il denaro, l’evocazione di un caos controllato. Caos al quale Galli, con rigore, vuole ridare un ordine, e lo fa attraverso l’azione di ridare ordine ai soldi, mettendoli nelle provette giungendo ad un equilibrio armonico, a un caos calmo. Così le lire, che ieri erano la nostra moneta, perso il loro significato e il loro valore originario vanno ad assumere un valore più alto: il valore artistico. Importante è anche sottolineare la disposizione delle provette nello spazio: la forma del quadrato come simbolo dell’ordine, riprendendo così la tradizione Suprematista. Galli parla anche di una sorta di “alchimia del numero” tra la forma delle provette che sembrano tanti 1 e la data dell’inaugurazione della mostra 11/11/11. Importante, infine, è rilevare che la sua opera nasce come puzzle di soldi, solo in un secondo momento, assume la funzione critica sul denaro, quindi l’artista passa dal gioco al caos per giungere all’ordine.
Le opere di Chiara Butti sono permeate d’introspezione e di sentimento. Nel titolo Elogio della famiglia è racchiusa l’intenzione di raccontare il suo mondo, le parsone a lei care, annullando il contesto attraverso l’annullamento dello sfondo, per rendere i soggetti protagonisti assoluti dei dipinti. Scrive : “Sono partita cercandomi, così ho rispolverato foto del mio passato, volevo rivedermi nella mia storia. Ritrovando certi fermi immagine ho allargato la mia indagine alla mia famiglia, al nucleo. Riprendo con tecniche varie, acquerello, olio e diversi supporti (carta, tavole preparate, tele) queste foto. Sottolineo quel fermo immagine, quella scena che è come sospesa nel tempo, ferma, immobile, immacolata.
Isolo le figure dal fondo, figure che sembrano vivere in uno spazio e tempo mitico.”
Sono piccoli quadretti che, appesi vicini gli uni agli altri, così come si fa con le foto ricordo, raccontano di una storia, di un nucleo famigliare, di momenti ideali, idealizzazione di una famiglia. Coraggioso il tentativo della Butti che riesce a rielaborare in maniera personale e originale il tema degli affetti, ridando luce ad attimi sicuramente molto importanti del suo vissuto che, attraverso l’intervento artistico, diventano vissuto comune, passando dal piano personale a un’apertura verso lo spettatore che lo conduce alla riscoperta dell’intimità del sentimento.