Moira Ricci – 20.12.53 – 10.08.04

Mostra personale di Moira Ricci (Collecchio, 1977), 20.12.53 – 10.08.04, un progetto integralmente esposto per la prima volta negli spazi di La Veronica.
Comunicato stampa
Laveronica Arte Contemporanea è lieta di presentare la mostra personale di Moira Ricci (Collecchio, 1977), 20.12.53 - 10.08.04, un progetto integralmente esposto per la prima volta nei nostri spazi.
Uno degli aspetti che caratterizza le immagini prodotte in ambito familiare è il rimando ad un universo di relazioni preesistenti, relazioni che non nascono nel momento dello scatto e non si esauriscono nel momento immediatamente successivo. Dove è il piano emotivo/affettivo che ne determina il valore, e la “bella immagine” non è tale perché risponde ad un canone estetico, ma lo diventa quando riesce a trasmettere la densità di ciò a cui rimanda. Questo versante di carattere affettivo è intrecciato con la presenza di norme e comportamenti sociali: le fotografie prodotte contesti familiari contengono infatti indizi significativi su ciò che va mostrato (matrimoni, nascite, occasioni festive), e ciò che va escluso dall’album a venire – (malattie, morti, solitudini…).
È nell’immersione in questo universo che Moira Ricci ha sviluppato il suo lavoro in questi anni. Dove la pratica di uno sguardo fortemente emotivo è terreno fertile per rendere visibili alcuni di quei passaggi che il pensiero che oggi va per la maggiore preferisce non considerare. Siamo agli antipodi di visioni stereotipate e rassicuranti del nucleo familiare, questo lavoro ci porta piuttosto alle riflessioni di Judith Butler sulla relazione, sull’importanza che lei attribuisce alla destabilizzazione intendendola come segno distintivo di ogni vicinanza (Vite precarie, 2001).
In 20.12.53 - 10.08.04 (2004) questa relazione a doppio senso è ulteriormente accentuata – data l’entrata fisica dell’artista nell’album di foto della madre. In questa serie di fotografie, Moira si inserisce curando con precisione ogni dettaglio: abito, pettinatura, luci, in ogni foto appare con lo sguardo orientato in direzione della madre. Sono immagini ad alta densità, il titolo/data della serie allude all’inizio e alla fine di una vita.
Moira altera i documenti e costruisce un’altra storia. Mettersi nelle fotografie della madre è il prodotto di una sorta di azione performativa svolta fuori campo, diversi e complicati passaggi per arrivare al risultato. Si tratta di un corpo a corpo con il tempo, in 20.12.53 - 10.08.04 è impossibile che una figlia sia ritratta a fianco della madre da bambina. Se dunque il collasso temporale accomuna questi due lavori, tornando al gioco di sguardi in relazione in 20.12.53 - 10.08.04 è solo Moira che guarda più volte le immagini della madre e in momenti separati: guarda quando sceglie, agisce il proprio sguardo quando entra nell’immagine. A questo proposito, l’associazione introdotta da Roland Barthes tra la fotografia e la morte e ripresa infinite volte, qui è riproposta senza veli. Ma ciò che segna una differenza è che, in questo caso, la morte non è un fenomeno alieno ma è compresa come parte integrante della vita stessa.
Ed è nel farsi traccia materiale della tensione tra presenza e assenza che diventa esplicito il nucleo doloroso e potente delle relazioni intime, dove il carattere destabilizzante è una componente costitutiva e necessaria. Moira lo assume in prima persona, invitandoci a guardare con altri occhi la fragilità a cui siamo esposti nella cura del legame con la nostra origine, nell’accoglienza di tutti quelli successivi.
Emanuela De Cecco
Maggio 2017