Migrant workers journey

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA SAN FEDELE
Via Ulrico Hoepli 3A-B, Milano, Italia
Date
Dal al

16,00 – 19,00 dal martedì al sabato
al mattino su richiesta

Vernissage
19/01/2012

ore 18

Artisti
Michele Palazzi, Alessandro Penso
Curatori
Andrea dall’Asta S.I., Gigliola Foschi
Generi
fotografia, doppia personale
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E’ questo che ci mostrano le immagini nitide e dirette di Michele Palazzi e Alessandro Penso: la condizione degli immigrati che lavorano come stagionali nei campi della Basilicata, della Calabria e della Puglia, ma anche e soprattutto la loro devastante disperazione. Una disperazione che emerge con forza, immagine dopo immagine, proprio perché nell’approfondita ricerca di questi due autori non c’è nessun pietismo, nessun tentativo di ostentare il loro dolore, di sottolineare la drammaticità delle condizioni di vita di queste persone considerate non persone.

Comunicato stampa

Un tempo sarebbero stati chiamati schiavi, oggi vengono definiti clandestini o lavoratori stagionali. Ma lo sfruttamento è rimasto lo stesso e non hanno nessuna voce, nessun diritto. Neanche quello di ammalarsi o di farsi curare in ospedale perché, se privi di permesso di soggiorno, rischiano fino a quattro anni di carcere. Ogni giorno devono procurarsi un lavoro nei campi, spostandosi dal Sud al Nord Italia. Raccolgono meloni, pomodori, olive e arance per 25 euro al giorno, poi devono sparire dentro abitazioni di fortuna e cercare di sopravvivere malgrado tutto. Nonostante le botte dei caporali che gli danno o gli tolgono il lavoro, nonostante i tuguri dove sono costretti a vivere, nonostante la sporcizia, l’avvilimento, la solitudine e lo sconforto. E’ questo che ci mostrano le immagini nitide e dirette di Michele Palazzi e Alessandro Penso: la condizione degli immigrati che lavorano come stagionali nei campi della Basilicata, della Calabria e della Puglia, ma anche e soprattutto la loro devastante disperazione. Una disperazione che emerge con forza, immagine dopo immagine, proprio perché nell’approfondita ricerca di questi due autori non c’è nessun pietismo, nessun tentativo di ostentare il loro dolore, di sottolineare la drammaticità delle condizioni di vita di queste persone considerate non persone. Le loro immagini si limitano a mostrare, con serietà e rigore, dove vivono e lavorano questi immigrati irregolari. E proprio per questo ci rivelano la nostra crudeltà, le nostre responsabilità collettive protese a non sapere, non capire, non immaginare. Perché l’unica domanda che ci facciamo è sempre: “Ma quanti saranno gli stranieri immigrati in Italia?”. E invece non ci chiediamo mai: “Chi sono, come li obblighiamo a vivere a causa delle nostre leggi, da dove vengono e perché hanno voluto o dovuto lasciare il loro paese?”.

Gigliola Foschi, storica e critica della fotografia