Matteo Campulla – Limiti
« Limiti » di Matteo Campulla è la prima mostra personale realizzata in seno al Premio Babel e prevista dal bando di concorso.
Comunicato stampa
« Limiti » di Matteo Campulla è la prima mostra personale realizzata in seno al Premio Babel e prevista dal bando di concorso.
Matteo Campulla è il vincitore della sezione Video.
Limiti - a delusional documentary by Matteo Campulla, prosegue la ricerca iniziata con « They know it » progetto video vincitore del Premio Babel ed attualmente parte della mostra itinerante.
Se in « They Know it » le formiche, giganti metafore kafkiane, riversavano la loro feroce ingordigia sulle architetture fatiscenti della periferia cagliaritana, ora ad essere colpito è il cuore cittadino, con i suoi monumenti, i suoi palazzi storici. La città è un unico complesso organismo vivente policentrico. Non possono esistere parti malate e parti sane. E’ solo questione di tempo: l’ipocrisia perbenista di chi non vuole vedere si scontra inevitabilmente con una spietata realtà.
Il Premio Babel è un concorso per giovani artisti sardi, o ivi residenti, che ha previsto la realizzazione di una mostra collettiva itinerante nei principali centri d’arte della Sardegna. Il concorso, a tema libero, ha riguardato le seguenti discipline: Pittura, Scultura, Fotografia, Installazione, Grafica, Video. Gli artisti vincitori e segnalati sono stati selezionati da una giuria composta da 16 persone tra curatori del premio, galleristi, critici, curatori e storici dell’arte di diversa provenienza territoriale. La collettiva è stata esposta al Ghetto degli ebrei di Cagliari, alla Pinacoteca Carlo Contini di Oristano, alla Stazione dell’Arte di Ulassai; nel mese di marzo sarà la volta del Tribu di Nuoro.
MATTEO CAMPULLA (IGLESIAS, 1982) Dopo anni di produzione e sperimentazione sommersa, tra l’anonimato e il co-individuo, decide di usare il suo vero nome solo nel maggio 2009, quando forma ed entra a far parte del Movimento Oscurantista - un collettivo pittorico di agitazione culturale. Nel 2012 decide di far emergere pure la sua ricerca video pubblicando vari progetti come “ SCARS [Video Project]” Nel 2013 nasce il progetto audiovisivo “Boga Bisuras!” con Marco Fadda. Nel maggio del 2013 vince il Premio Babel nella sezione video.
"La città, questa città, come ogni altra città, non agonizza. E’ già morta. La città è un anacronismo della storia del genere umano. Ha ormai perduto la sua ragion d’essere.” La città del futuro è una città morta fatta di desolazione e rovina. Una città abbandonata a se stessa, rassegnata alla decadenza. Un rifugio temporaneo deputato a fagocitarsi i cui abitanti contrastano ogni forma di innovazione socioculturale. Uno dei segni più che tangibili del tragico fallimento dell’umanità. La ricerca di Matteo Campulla origina dal concetto di paesaggio urbano come spazio d’azione della vita, come costruzione dell’identità e senso di appartenenza per confluire in uno stato di alienazione, proprio della società contemporanea, che ha come sfondo la città di Cagliari, invasa da un brulicare di gigantesche formiche, simbolo di decadenza e morte secondo i dettami del Surrealismo. “Non c’è sito più temibile e delicato di un formicaio. E’ l’orecchio della terra. E’ il luogo in cui si abbandonano i resti del sacrificio. E’ la casa del serpente. E’ la soglia del mondo sotterraneo.”
Come nella Metamorfosi di Kafka, anche in Limiti è l’incubo a materializzarsi, l’inverosimile che da stato di allucinazione si trasfigura in realtà. In continuità con il precedente progetto THEY KNOW IT, secondo il quale il concetto di città morta attecchisce nei luoghi abbandonati della periferia di Cagliari, Limiti è conseguenza di un’indagine ossessiva e in parte casuale, dal momento che l’artista si serve di una tecnica similare al cut-up dadaista montata in loop. Un’ossessione formale e ritmica che si riflette nel sonoro affiancato alle immagini dei luoghi chiave cittadini - dal Bastione al Palazzo di Giustizia, dalla Cattedrale alle mura di Castello fino al Cimitero Monumentale -, e dove la drammaticità dell’invasione degli insetti è accentuata dall’intenzione di dare loro voce mediante una sorta di verso straniante e ripetitivo che rende lo spettatore inerme davanti all’opera. E al degrado che inevitabilmente lo circonda.
Roberta Vanali