Mascherada
La mostra inaugurale, Mascherada, nasce dalla collaborazione con AKKA Project, una delle realtà più autorevoli nel panorama dell’arte africana contemporanea. In mostra cinque artisti, alcuni dei quali esposti per la prima volta a Milano.
Comunicato stampa
Il 6 novembre 2025 apre al pubblico Spazio MU.RO, la nuova casa milanese di Collezione MU.RO, progetto fondato da Andrea Musto ed Elisabetta Roncati e dedicato all’arte contemporanea, alla sperimentazione e alla cultura come strumento di incontro tra mondi e linguaggi.
La mostra inaugurale, Mascherada, nasce dalla collaborazione con AKKA Project, galleria fondata a Dubai nel 2016 da Lidija Kostic Khachatourian e Kristian Khachatourian, oggi con sede anche a Venezia. Riconosciuta come una delle realtà più autorevoli nel panorama dell’arte africana contemporanea, la galleria ha curato il Padiglione del Mozambico alla Biennale Arte di Venezia 2019 e continua a promuovere una nuova generazione di artisti africani attraverso mostre, residenze e progetti internazionali.
La scelta di inaugurare Spazio MU.RO con AKKA Project non è casuale: entrambe le realtà condividono la convinzione che la cultura sia un ponte capace di superare confini geografici e simbolici. Questa collaborazione intreccia due visioni complementari, rafforzando un dialogo culturale che unisce Venezia, Milano e l’Africa in una prospettiva di contemporaneità aperta, inclusiva e transnazionale.
Spazio MU.RO ambisce a diventare un punto di riferimento per la ricerca e la diffusione dell’arte contemporanea, con particolare attenzione – ma non esclusiva – alla produzione artistica della MENA Region. Dal 2026, un ciclo di mostre consoliderà questa direzione, trasformando la sede in un osservatorio privilegiato sul panorama del Nord Africa e del Medio Oriente, ampliando lo sguardo della città di Milano verso Sud e rafforzandone il ruolo di crocevia culturale internazionale.
LA MOSTRA
Il titolo della mostra, Mascherada, deriva dal dialetto veneziano e significa “festa in maschera”: un termine che richiama la doppia anima del progetto, sospesa tra memoria e metamorfosi. Venezia, città di scambi e contaminazioni, diventa così il punto d’incontro ideale con l’Africa, dove la maschera rappresenta al tempo stesso rito, identità e resistenza culturale.
In mostra cinque artisti, alcuni dei quali esposti per la prima volta a Milano: Reinata Sadimba, Teddy Mitchener, Gonçalo Mabunda, Filipe Branquinho e Kelechi Charles Nwaneri. Le loro opere costruiscono un percorso che intreccia memoria storica, trasformazione e rinascita, esplorando le molteplici identità dell’Africa contemporanea.
• Al centro del progetto spicca Reinata Sadimba (1945, Mozambico), pioniera dell’arte mozambicana e tra le più importanti artiste africane viventi. Nata nella provincia di Cabo Delgado, ha rivoluzionato la ceramica — tradizionalmente considerata un mestiere domestico — trasformandola in un linguaggio di emancipazione femminile e spirituale. Le sue sculture, corpi totemici che intrecciano maternità, dolore e rinascita, custodiscono la memoria della tradizione Maconde e danno voce a generazioni di donne escluse dall’arte. Le sue opere figurano oggi in importanti collezioni internazionali, dal Museo Etnologico di Lisbona al Museo di Storia Naturale di Maputo, fino alle Nazioni Unite di New York
• In dialogo con la poetica di Reinata Sadimba, Filipe Branquinho (1977, Mozambico), fotografo e illustratore, esplora nella serie “Bestiarium” (2020) la bestialità dell’essere umano e i sentimenti di paura e disagio che hanno segnato l’epoca della pandemia, durante la quale la serie è stata concepita. Interamente fotografica, Bestiarium abbandona la combinazione tra illustrazione e immagine per concentrarsi sulla forza simbolica del volto e della maschera, intesa come spazio di metamorfosi e rivelazione. Le sue opere evocano le maschere maconde, stabilendo un legame ideale con l’eredità culturale e spirituale di Sadimba, e riflettono sulla condizione dell’uomo contemporaneo sospeso tra istinto e coscienza. Dopo aver rappresentato il Mozambico alla Biennale Arte di Venezia 2019, Branquinho ha consolidato la propria presenza sulla scena internazionale con una mostra personale al MUSEC – Museo delle Culture di Lugano nel 2023, affermandosi come una delle voci più intense e riconoscibili della fotografia africana contemporanea.
• Le sculture di Gonçalo Mabunda (1975, Mozambico), realizzate con armi dismesse dopo la lunga guerra civile mozambicana, raccontano la possibilità di trasformare la violenza in bellezza. Le sue maschere e i suoi troni, costruiti con pistole, proiettili e rottami di guerra, danno forma a una nuova iconografia del potere e diventano simboli di resilienza collettiva. Le opere di Mabunda sono state esposte in contesti internazionali di rilievo, tra cui la 56ª Biennale di Venezia, l’Africa Museum di Bruxelles e la Saatchi Gallery di Londra.
• Teddy Mitchener (1972, Stati Uniti/Kenya), artista e fotografo americano residente a Nairobi, restituisce alla fotografia una dimensione rituale e spirituale. Nella serie “Disappearing Africa” l’artista affronta il tema della conservazione della memoria culturale attraverso la digitalizzazione delle maschere tradizionali in un momento storico in cui molti maestri intagliatori stanno scomparendo e le nuove generazioni non apprendono questo tipo di arte. Mitchener utilizza la tecnologia come strumento di tutela e rinascita trasformando la maschera in immagine e l’immagine in archivio. La sua ricerca, tesa tra documentazione e visione simbolica, si inserisce nel solco della riflessione sull’identità africana e sulla necessità di preservare un patrimonio immateriale che rischia di dissolversi.
• Kelechi Charles Nwaneri (1994, Nigeria), tra le voci più interessanti della nuova generazione nigeriana, costruisce un linguaggio sospeso tra realismo e surrealismo, dove cicatrici e segni del corpo diventano mappe interiori dell’anima. I suoi lavori, ricchi di riferimenti alla tradizione Igbo e alla psicologia junghiana, esplorano le relazioni tra passato e futuro, memoria e guarigione, spiritualità e potere.
LO SPAZIO
La sede milanese di Spazio MU.RO, in Viale Campania 33, è concepita come un luogo vivo, accogliente e dinamico dove collezionismo, ricerca e sperimentazione convivono in equilibrio. Una reception luminosa introduce il visitatore a un percorso che si snoda tra ambienti distinti ma in dialogo costante. Una biblioteca d’arte, in continuo arricchimento, accompagna alla scoperta dei linguaggi contemporanei, mentre la lounge — vero cuore pulsante dello spazio — ospita la Collezione MU.RO e, tra le opere esposte, anche quella acquisita con la prima edizione del Premio Collezione MU.RO, assegnato durante la 14ª edizione di The Others Art Fair nella Torino Art Week 2025. Ogni ambiente è caratterizzato da arredi e dettagli differenti, che contribuiscono a creare un’atmosfera intima e al tempo stesso internazionale: uno spazio espositivo ma anche un luogo di incontro e di pensiero.