Marion Greenstone – Composition
Mostra antologica dell’artista americana Marion Isaacson Greenstone, (New York 1925 – 2005) a cura di Cora Hahn.
Comunicato stampa
All’interno dello spazio espositivo del Real Albergo dei Poveri, l'Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Carlo Vermiglio, il Dirigente Generale del Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana Gaetano Pennino, la Direttrice del Polo Museale Regionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Palermo Valeria Patrizia Li Vigni, hanno il piacere di inaugurare, in presenza del Capo Sezione del Public Affair del Consolato Generale degli USA a Napoli, Shawn Baxter, la mostra antologica dell’artista americana Marion Isaacson Greenstone, (New York 1925 – 2005) a cura di Cora Hahn.
La mostra organizzata da Mesime, Associazione Siculo Mediterranea per la Cultura, è realizzata con il Patrocinio dell’Assessorato ai Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, del Consolato Generale degli Stati Uniti d’America per il Sud Italia, dall’Accademia Americana di Roma e dalla FullBright, Commissione per gli Scambi Culturali Stati Uniti e Italia ed è realizzato a favore dell’ADMO, Associazione Donatori Midollo Osseo.
La mostra approda in Sicilia grazie all’idea di Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, membro del Comitato tecnico scientifico del Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese di Roma e Direttore del Museo Bilotti Ruggi D'Aragona Arte Contemporanea di Cosenza.
La Città di Palermo, grazie al Polo Museale Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo, ospiterà le opere di una delle più rappresentative artiste donne che hanno dato un contributo significativo all’arte contemporanea e in particolare alla Pop Art americana.
La direttrice del Polo Museale, Valeria Patrizia Li Vigni, dichiara: “Per il Polo, sempre attento ai più significativi fermenti dell’arte contemporanea, è un onore contribuire alla realizzazione di questa mostra dedicata a Marion Greenstone, una delle più talentuose sperimentatrici dei linguaggi del contemporaneo degli ultimi cinquant’anni. “Dispersione – Opposizione – Inclusione”, evidenziando il desiderio, espresso dall’artista, di connettere luoghi e culture differenti accomunati dal medesimo sentire dinanzi ai misteri della vita, ben si inserisce nei programmi culturali del nostro Museo, costantemente proteso, nella sua vocazione territoriale, al dialogo con le differenti culture.”
Marion Greenstone, donna di grande energia e sensibilità è infatti inserita a pieno titolo nell’ambiente artistico e culturale della New York del suo tempo. Come testimoniano le lettere conservate nel suo archivio, le sue frequentazioni e amicizie più strette e durature risalgono agli anni della Cooper Union (Accademia di Belle Arti di New York dove si laurea nel 1954) e del Pratt Institute, dove ha insegnato.
I suoi amici e colleghi erano artisti di rilievo: Paul Thek (1933–1988), Eva Hesse (1936–1970), Peter Hujar (1934–1987), Ray Johnson (1927–1995), R.B. Kitaj (1932-2007), Joseph Raffael (1933) e Wolf Kahn (1927). Una toccante lettera di Paul Thek, scritta nel 1972, ad esempio, testimonia quanta stima e amicizia ci fossero tra loro. Lei infatti veniva definita “seria” e “riservata” e conduceva una vita formalmente borghese nella sua casa e nel suo studio di Park Slope a Brooklyn. La Greenstone aveva anche vissuto e lavorato in Italia (1954–1956), in Venezuela (1957), a Los Angeles (1959-1960) e in Canada (1958–1962). Inoltre aveva viaggiato molto, e diversi dei suoi lavori su carta riportano impressioni visive e appunti dei luoghi da lei visitati.
Dalla sua biografia si evince che la sua esistenza era interamente dedicata all’arte e tutto girava intorno ad essa. Marion Isaacson Greenstone era nata a New York nel 1925. La famiglia era vissuta a Beacon, New York, durante gli anni Trenta, per poi tornare a New York City dove, durante la Seconda Guerra Mondiale, Marion aveva frequentato il liceo e l’università. Marion a 21 anni, dopo essersi laureata in letteratura e aver iniziato ad insegnare inglese, capì che la sua vera aspirazione era stata sempre un’altra. Lei la definì “la mia aspirazione segreta”. Una scelta diversa e coraggiosa, che si allontanava dall’educazione ricevuta in famiglia e dalla sua formazione scolastica: l’arte rappresentava il suo spazio di libertà così difficile da conquistare sia a livello esteriore che interiore. Marion Greestone non è stata solo un’artista della Pop Art. Le sue prime opere appartengono all’Informale e denotano il desiderio di connettersi ad altri continenti e ad altre culture, come l’Africa, il Sud America e l’Europa. L’assegnazione della prestigiosa borsa di studio Fulbright le aveva permesso di vivere in Italia dal 1954 al 1956, e da lì di viaggiare in Europa. Aveva avuto così modo di approfondire in Francia il lavoro di René Magritte e di Jean Fautrier, di assimilarne la portata innovativa e di metabolizzarla all’interno delle sue conoscenze e delle sua esperienze d’artista. Tutto questo si andava a connettere con la sua formazione americana. Tre maestri di rilievo le avevano dato l’imprinting artistico: l’espressionista astratto afro-americano Norman Lewis, Julian Levi, sostenitore della transizione tra Surrealismo e Astrattismo, delle artiste donne e della fotografia, e Vaclav Vytlacil, modernista e iconoclasta, maestro di Twombly, Rosenquist, Rauschenberg, Tony Smith e Louise Bourgeois.
Dalle opere e dagli scritti che ci ha lasciato, sappiamo che Marion Greestone è stata un’artista che ha lavorato per circa 50 anni, senza interruzioni e senza ripensamenti, percorrendo stilisticamente tre periodi, ben rappresentati dalla sorella Cora nel percorso espositivo della mostra siciliana: l’Informale (1955–1960), nell’ambito del quale il suo interesse era di mantenere il contesto dopo la rimozione del contenuto; la Pop Art (1961–1970), momento centrale di tutto il suo lavoro; l’Iperrealismo (1970–2005), nell’ambito del quale ha recuperato una cifra astratta più intima.