Mario Sturani – Dodici capolavori
Il percorso delle collezioni di Palazzo Madama si arricchisce di un prestito d’eccezione: dodici lavori di Mario Sturani saranno esposti nella Sala Ceramiche del secondo piano e consentiranno un inedito confronto fra la tradizione storica e l’esperienza creativa della manifattura Lenci, attiva a Torino tra le due guerre.
Comunicato stampa
Dal 2 ottobre 2012 al 29 settembre 2013 il percorso delle collezioni di Palazzo Madama si arricchisce di un prestito d’eccezione: dodici lavori di Mario Sturani saranno esposti nella Sala Ceramiche del secondo piano e consentiranno un inedito confronto fra la tradizione storica e l’esperienza creativa della manifattura Lenci, attiva a Torino tra le due guerre. A due anni di distanza dalla mostra “L’avventura Lenci”, Palazzo Madama presenta questo progetto martedì 2 ottobre alle ore 18 durante un incontro in Camera della Guardie a cui parteciperanno Enrica Pagella, Direttore di Palazzo Madama, Cristina Maritano, conservatore per le Arti Decorative di Palazzo Madama e Valerio Terraroli, Professore dell’Università di Torino - Dipartimento di Studi Storici e curatore della mostra del 2010.
Delle 12 ceramiche esposte, tre opere appartengono alla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris: innanzitutto Il Mondo e la Luna, vaso del 1930 che raffigura sul corpo paesaggi collinari, nelle diverse stagioni dell’anno e sul coperchio la luna e un globo. I vasi con coperchi modellati riecheggiano quelli realizzati da Gio Ponti per la manifattura di Doccia. In Inverno e in Primavera del 1935 emerge invece il tema della testa come scultura d’arredo, con rimandi a precedenti importanti, come alcune opere di Picasso e di Amedeo Modigliani o le teste di Vally Wieselthier.
Le restanti nove opere esposte sono di proprietà privata, generosamente concesse in prestito a Palazzo Madama in occasione di questa esposizione. Arlecchino e Pierrot del 1928 sono tra le prime invenzioni di Sturani prodotte dalla Lenci: maschere futuriste ispirate alla commedia dell'arte e al carnevale veneziano che nascondono la prosaica funzione di posacenere. Amanti sul fiore del 1929 offre invece una visione fiabesca e sognante dell’incontro fra due innamorati ed è realizzata con grande attenzione alla decorazione: in particolare i colori sono accostati per gradazioni successive, seguendo l’esperienza futurista delle opere di Giacomo Balla. Risalgono al 1929 anche altre tre opere esposte: innanzitutto Orco bottiglia, una bottiglia vera e propria in cui viene raffigurato l’orco buono della commedia con protagonista il signor Bonaventura, messa in scena da Sergio Tofano di cui Sturani curò la scenografia; Regime secco, una parodia futurista del proibizionismo ambientata fra i grattacieli, con un lampione dalle linee sinuose e morbide perché visto attraverso gli occhi di un ubriaco e, infine, Scalata alle stelle, una lampada da tavolo il cui soggetto evoca il mondo ludico del circo, in una dimensione fantastica, con i bambini che afferrano le code delle comete per raggiungere le stelle più lontane.
Le Ciotole sono tra le più celebri invenzioni di Sturani: una forma che rimanda ad una funzione di contenitore ed è però trasformata in una struttura architettonica, dove un ponte che collega i bordi della tazza ospita scene di ballo. Le figure, modellate in forme sintetiche e levigate, evocano le plastiche delle Wiener Werkstätte, di Gio Ponti, Tullio d’Albissola e Arturo Martini. Il nuovo allestimento presenta in particolare Danza di contadini, del 1930 e Danza sul ponte del 1930-1931. Completa l’esposizione Vaso Pollaio, del 1937 (il cui modello originario risale però al 1930). Gli uccelli sul coperchio sono modellati in forme arrotondate e stilizzate, e il piumaggio è reso con pochi segni grafici.
Mario Sturani (Ancona 1906-Torino 1978) dopo il trasferimento della sua famiglia da Ancona a Torino, compie i suoi studi tra il liceo classico Massimo D’Azeglio, dove stringe una profonda e duratura amicizia con Cesare Pavese, Massimo Mila, Giulio Carlo Argan, e il liceo Cavour. Nel 1924 partecipa con lo pseudonimo di Ivan Benzina alla Prima Mostra di Avanguardia nel sotterraneo del teatro-caffè Romano, organizzata dal Movimento Futurista Torinese-Sindacati Artistici Futuristi. Nel 1925 invia alcune xilografie alla Seconda Mostra d’Arte Nazionale di Foligno e ottiene il secondo premio nella sezione del “Bianco e Nero”. Abbandonati gli studi liceali, si iscrive all’Istituto Superiore delle Arti Decorative di Monza, dove segue i corsi del designer dalmata Ugo Zovetti. Partecipa a varie esposizioni con artisti futuristi e inizia la collaborazione con la manifattura Lenci. Le prime ceramiche sono del 1928 e già l’anno seguente 32 sue opere sono esposte alla Galleria Pesaro di Milano. Dopo un soggiorno parigino nel 1932, riprende il lavoro alla Lenci, che durerà fino agli anni Sessanta, e sposa nel 1935 Luisa Monti, figlia di Augusto. Collabora con la casa editrice Frassinelli, fa esperienze di grafica pubblicitaria, si dedica agli amati studi di entomologia. Negli anni Quaranta riprende la pittura ed espone in alcune gallerie torinesi.
La fabbrica Lenci
Nel 1919 i coniugi Enrico e Elena König Scavini fondano a Torino la manifattura Ars Lenci, specializzata nella realizzazione di giocattoli in legno. A questi si aggiunge poco dopo la produzione, di immediato successo, di pupazzi e bambole in panno colorato (il famoso pannolenci). La ditta fa la sua prima apparizione pubblica nel 1923, quando allestisce due sale alla I Esposizione Internazionale delle Arti Decorative di Monza. Nel 1928, dopo un breve periodo di sperimentazione, la fabbrica inizia a produrre sculture e oggetti d'arredo in ceramica. Gli artisti coinvolti sono quasi tutti piemontesi: Gigi Chessa, Mario Sturani, Giulio da Milano, Teonesto Deabate, Claudia Formica, Giovanni e Ines Grande, Abele Jacopi (dalla Toscana), Giuseppe Porcheddu, Massimo Quaglino, Giovanni Riva, Felice Tosalli, Sandro Vacchetti. I riferimenti culturali oscillano dal futurismo all'Art déco, da Depero a Casorati, dai ceramisti delle Wiener Werkstätte ad Arturo Martini. Gio Ponti vede però nelle ceramiche Lenci (“acute, frigide e signorili nella espressione e nella caricatura, di castigata malizia nell’invenzione") “un’ispirazione caratteristicamente torinese”, un gusto “tra il Gozzano e il Casorati”. Sono oggetti d’arredo in bilico tra scultura e funzione d’uso, dotati di espressività e ironia, che spiccano nelle case contemporanee dall’arredo razionalista, ma anche nel contesto della tradizionale casa borghese. Scatole, vasi, centrotavola: anche i portaoggetti e i contenitori sono investiti di una valenza artistica, e caratterizzati, specie nelle opere di Chessa e di Sturani, da una vivace tavolozza e da richiami al mondo dell’infanzia e della fiaba.