Marco Turlini – Im-mutevole
La mostra propone una selezione di circa venti lavori particolarmente rappresentativi della produzione dell’artista, un progetto articolato, che consente al pubblico di apprezzarne il linguaggio espressivo incentrato sul tema della natura e della memoria.
Comunicato stampa
La scultura di Turlini si muove al confine tra sacro ed umano, assume una funzione rituale, in cui lo scultore plasma con le mani un racconto che è uscito dalla realtà e ci narra della vita e della morte, dominandone con grazia il mistero quando consegna i suoi soggetti all’eterno.
Turlini sceglie di realizzare sculture monocrome - bianche e nere - che apparentemente imitano la natura, ma che non hanno la funzione di celebrarne la bellezza. Apre la mostra un nobile gufo in terra nera, che si erge a guardiano silente; alter ego dello scultore, questo animale è in grado di muoversi nel buio della notte, che è metafora della morte ed è dunque in grado di sovrastarne il mistero.
Altri piccoli animali compaiono in questa mostra: una farfalla, un topolino di campagna, un uccellino, non rappresentati nella bellezza e nel vigore della vita. Così lo stesso Turlini racconta come è nato questo lavoro: “La mia gatta, nei giorni precedenti la sua morte, abbandonava sulla soglia di casa dei piccoli animali, facendomene dono; questo lavoro nacque dall’osservazione di quelle inanimate creature. Ho intuito l’attitudine dell’uomo a recepire, dal mondo naturale, esclusivamente cose piacevoli, sotto il suo controllo e a costruire muri che lascino fuori tutto ciò che è brutto e minaccioso. La soglia di casa diventa così il luogo in cui la natura ci mette al corrente che la sua vita si svolge comunque e con regole proprie, leggi a cui noi tentiamo in tutti i modi di sottrarci.
L’utilizzo della porcellana, materiale nobile e di uso domestico, mi dà la possibilità di mettere in relazione la cruda realtà della morte con la delicatezza dei corpi modellati, facendoli rivivere, affermando attraverso la fragilità della materia, quella della loro vita”.
In mostra vengono rappresentati anche altri elementi: dei frammenti di barriera corallina, che Turlini realizza in terra bianca, proponendosi di celebrare con l’elaborata ricerca tecnica la complicata raffinatezza del capolavoro già compiuto dalla natura, fissandolo in un istante destinato a durare per sempre, mentre, per contrario, l’assalto dell’uomo ha condannato alla scomparsa questa meraviglia del mare.
In terra nera vengono presentati dei fiori, deprivati del colore e della soavità che sono loro tipici; essi diventano delle campane mute che suonano all’unisono. Quel silenzio emesso celebra la vita e la morte nella stessa sinfonia. Sono presenti in mostra altre sculture in terra nera, che assumono la forma di cornici; il loro riquadro appeso simboleggia la soglia che sta tra il presente e il passato dell’immagine che potrebbero contenere, ma che Turlini nega alla vista dell’osservatore, spingendolo a legarsi emotivamente all’oggetto cornice.
Altre immagini giacciono nella memoria dell’autore, dove albergano sentimenti subconsci. Sono questi a guidare la sua mano quando, con l’intento di riprodurre i movimenti apparentemente casuali degli stormi che si librano nei nostri cieli, disegnando mutevoli effetti chiaroscurali, condiziona la penna a comporre addensamenti, sfumature e forme che suggeriscono nuove connessioni.
La funzione della scultura per Turlini è chiara: se dopo la morte nulla esiste, compito dell’artista è preservare la memoria attraverso la materia plasmata. L’essere umano, il fiore e l’animale fanno parte di un medesimo cosmo, ogni forma di vita ha così la dignità di essere celebrata e ricordata attraverso le mani sapienti dello scultore.
Marco Turlini è nato a Brescia nel 1974 ha frequentato l’accademia di belle Arti di Brera ha collaborato con importanti artisti del panorama contemporaneo nazionale. Alcuni degli oggetti in mostra sono stati esposti all’edizione MAGra del 2009. Attualmente è docente di Discipline plastiche e scultoree del Liceo Artistico “Tartaglia Olivieri” di Brescia.