Luciana Picchiello – Cenere

  • ARATRO

Informazioni Evento

Luogo
ARATRO
Via Francesco De Sanctis , Campobasso, Italia
Date
Dal al

dal lunedì al venerdì su appuntamento

Vernissage
25/01/2024
Artisti
Luciana Picchiello
Curatori
Lorenzo Canova, Piernicola Maria Di Iorio
Generi
arte contemporanea, personale
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ARATRO, il Museo laboratorio di arte contemporanea dell’Università del Molise, inaugura la terza mostra del suo nuovo spazio presso l’Aula Magna Unimol partecipando alle celebrazioni del Giorno della Memoria con la mostra Cenere di Luciana Picchiello.

Comunicato stampa

ARATRO, il Museo laboratorio di arte contemporanea dell’Università del Molise, il 25 gennaio 2024 alle 18 inaugura la terza mostra del suo nuovo spazio presso l’Aula Magna Unimol partecipando alle celebrazioni del Giorno della Memoria con la mostra Cenere di Luciana Picchiello.

Picchiello, artista che vive e lavora a Campobasso, lavora da anni sul tema della Memoria a cui ha dedicato anche l’importante mostra personale Vivere tenuta al Museo Riso di Palermo nel 2021, in un grande racconto poetico dove la stessa Memoria assume diversi significati, dai ricordi di singole persone disperse nel tempo, fino al dovere di ricordare e di trasmettere l’orrore della Shoah alle generazioni future.

La mostra all’ARATRO presenta però anche due importanti installazioni del 2023, realizzate appositamente per questa occasione, come Cenere e La notte dei cristalli, grandi lavori in cui l’artista elabora con forza elementi storici e simbolici legati alla Shoah e alle tragiche dinamiche criminali che l’hanno preceduta.

L’opera Cenere, una scala fatta di ferro e filo spinato, rappresenta con dolorosa eloquenza la tragica discesa verso le camere a gas, alludendo a illusioni, speranze, consapevolezze e paure di persone assassinate negli spietati meccanismi dei campi di sterminio, un abisso di ferocia a cui allude anche l’installazione che rievoca l’incontrollata e crudele violenza distruttiva della Notte dei Cristalli, precedente diretto dell’orrore della Shoah.

L’artista decide dunque di testimoniare qualcosa che non ha vissuto in prima persona, ma che ha raccolto idealmente dalle mani e dalle parole dei superstiti, anche per restituire realtà e verità a quello che ha rischiato spesso di essere cancellato come se non fosse mai accaduto.

Nelle opere Vivere II-III-IV-V gli abiti femminili e infantili sembrano pertanto recuperati tra le migliaia e migliaia di vestiti che sono rimasti privi dei corpi che li indossavano, donne e bambini costretti a inalare gas e a diventare cenere.

Picchiello vuole salvare idealmente quei poveri vestiti custodendoli e impreziosendoli nelle teche chiuse, però, dal filo spinato che circondava i luoghi delle stragi, diventando spesso anche uno strumento di morte.

In tale contesto assume un potente valore metaforico la corona di fiori secchi di Vivere V, opera in cui i pennelli si accompagnano alla presenza delicata dei petali che si disfano, quasi a voler ricordare che l’arte, nonostante la sua apparente fragilità, riesce ancora a dare senso alle cose, anche a quelle difficili da riportare alla luce.

Nell’opera dedicata a Shlomo Venezia, superstite e testimone di Auschwitz, campeggia invece, come in una lapide, il numero della matricola che gli fu tatuato sulla pelle e che si staglia nello spazio come documento inconfutabile delle nefandezze compiute nei campi di sterminio, allargandosi simbolicamente a tutti i massacri passati, presenti e futuri perpetrati da esseri umani contro i propri simili.

Picchiello si confronta così con la dura e inderogabile presenza della morte, fotografando con vibrante nitore i cadaveri delle catacombe dei Cappuccini di Palermo, un omaggio alla grande scrittura di Gesualdo Bufalino, dove gli scheletri formano una narrazione dolente e intensa.

Il senso della mostra, tuttavia, non è solo quello della fine, ma anche quello della possibilità di vita e di rinascita, forse allusa nella stella colorata che si staglia in questo percorso, in un dialogo tra macrocosmo e microcosmo composto dalla geometria astrale e cromatica di Arturo o nel bronzo Vivere, dove il cuore sembra rappresentare il segno di un flusso vitale ancora non interrotto, dal valore archetipico dei vecchi ex voto.

Questa costellazione ideale ci induce così a riannodare i fili del tempo e a non dimenticare, a ripercorrere la storia e le storie di un passato prossimo o remoto (come accade anche nella drammatica installazione Mare Mediterraneo- area cimitero), per cercare di ritrovare il senso di una Memoria che non deve essere solo commemorazione, ma strumento attivo per una visione consapevole del presente e del futuro.