Leila Erdman Tabukashvili / Maria Antonela Bresug

Due mostre personali in contemporanea, creando un dialogo sottile ma intenso tra linguaggi differenti e ricerche artistiche lontane solo in apparenza: The art of saying goodbye di Leila Erdman Tabukashvili (Siberia, 1995), curata da Olga Gambari, ed Ethichette – Ideogrammi tessili di Maria Antonela Bresug (Romania, 2000), a cura di Ghëddo.
Comunicato stampa
Dal 6 maggio A PICK GALLERY è lieta di presentare The Art of Saying Goodbye, mostra personale di Leila Erdman Tabukashvili, un’esplorazione visiva e poetica dell’addio, inteso non come semplice perdita, ma come atto profondo, ambiguo, necessario. Una soglia emotiva in cui convivono dolore e ironia, nostalgia e futuro, bellezza e assenza.
"Dire addio non è solo lasciare andare, ma imparare a portare con sé ciò che non tornerà."
La mostra raccoglie una serie di lavori inediti, fotografie realizzate nell’arco dell’ultimo anno durante i suoi “oculati viaggi”, come lei stessa li definisce. Spostamenti geografici che sono anche viaggi interiori, luoghi da cui attinge frammenti preziosi di realtà: corpi, volti, scorci che diventano emblemi di emozioni universali. Ogni scatto è selezionato con attenzione, seguendo tematiche ricorrenti che Leila sente come urgenti, intime eppure condivisibili: l’amore, la partenza, la perdita, il senso di appartenenza, il ricordo.
Alcune immagini sono accompagnate da testi scritti a mano, brevi ma intensi, lampi poetici e ironici che sospendono il tempo, trasformando la fotografia in una scena “viva”, tridimensionale. In queste parole si percepisce il suo tono inconfondibile: una voce viscerale e lirica che, pur nell’intimità, lascia spazio all’altro, allo spettatore, offrendo più di una chiave di lettura.
Nella mostra, Leila costruisce un setting espositivo che intreccia immagine, testo e oggetti personali, frammenti della sua vita, dettagli carichi di memoria che avvolgono il visitatore in un’atmosfera sospesa tra presente e passato. È un vero e proprio angolo di memoria, come lo definisce lei stessa, dove ogni dettaglio sembra trattenere un’emozione, una storia, un addio non detto.
Una performance musicale dal vivo apre la mostra e si trasforma in installazione permanente. Un pianoforte, delle cornici, oggetti affettivi: elementi familiari che parlano del concetto di casa, di ciò che si lascia, e di quello che si tenta di ricostruire altrove. Lo spazio si trasforma in diario visivo e sonoro, fatto di viaggi, volti, incontri e parole che galleggiano tra malinconia e desiderio.
Leila Erdman Tbukashvili, nata in Siberia nel 1995, è un’artista nomade e poliedrica, con un linguaggio che attraversa fotografia, video, musica e parola scritta. Le sue opere – intense, frammentarie, quasi sinestetiche – mettono in scena una generazione che vive in un mondo incerto, ma che non rinuncia alla voglia di amare, di ridere, di appartenere.
La sua è una fotografia che non cattura, ma intercetta. Che non chiude, ma apre. Ed è proprio in quella sospensione che si trova il cuore della mostra: lo spazio sottile in cui dire addio si trasforma in un atto di resistenza emotiva.
Una mostra intensa, poetica e sorprendente, che ci ricorda che ogni addio è anche una forma di rinascita.
In occasione di Exposed – Torino Photo Festival, TAG Torino Art Galleries propone il consueto appuntamento a colazione TAG Art Breakfast, nei giorni 9-10-11 maggio dalle ore 10 alle ore 12. In questa occasione A PICK GALLERY offrirà al suo pubblico i prodotti dell’azienda Lolli Liquori per una colazione speciale e del tutto inconsueta.
Si ringrazia per il supporto alla mostra: Cilvea Vetri per l’Arte, Engitel S.p.A. Digital Company, Elesa Design, Piatino Pianoforti.
La mostra sarà visitabile fino al 31 maggio 2025.
BIOGRAFIA
Nata nel 1995 in Siberia. Vive e lavora tra Mosca, Tbilisi, New York e Tel Aviv
La sua ricerca si snoda tra foto e video.
Attraverso il medium fotografico tenta di esplorare le trasformazioni dell’animo umano.
Con l’opera video “I’m not afraid of the Apocalypse, I am afraid you don’t love me anymore” vince nel 2024 il Jerusalem Film Festival nella sezione The experimental Cinema and Video Art competition e il Combat Prize, nella sezione video. Ad Artefiera (febbraio 2025) vince il premio The Collectors.Chain by Art Defender; a Cremona Art Fair (marzo 2025) vince il premio Prospettiva.
Tra le principali mostre: “Portraits” A PICK GALLERY, Torino (2024); “Death. Redeath. Rebirth” together with Eugene Petrushansky curated by Gili Zaidman, Indie gallery, Tel Aviv (2023); exhibition “Connection lost” composer Vladimir Volkov, curated by Adi Yekutieli, Artists’ House, Tel Aviv (2023); “Oblivion” as a part of collective studio show, Art-residence Kakdelart, Old Yaffo (2023); “Mother, show me a world without war”, Talis Gallery, Jerusalem (2023); “Misunderstandings”, Foco gallery, Lisbon (2023); “World and Peace. Fragility”, supported by Ria Keburia foundation and Tbilisi City hall, Deda Ena park (2022); “Temporary infinity/ The choice”, supported by Fotografia gallery, Fabrika, Magnolia photo laboratory, Tbilisi, Fabrika (2021); Tbilisi Photo Festival with Ria Keburia Foundation (2017).
THE ART OF SAYING GOODBYE
Leila Erdman Tabukashvili
Testo critico di Olga Gambari
È difficile essere giovani nella caoticità del mondo, oggi più che mai, mi dice Leila dopo che le ho
chiesto il senso del suo lavoro, quale sia la voce, lo sguardo a cui cerca di dar forma. Una forma
mai didascalica ma sensoriale, che si fa emozione, suono, che parte da una parte di mondo, di
umanità, per provare a rappresentarne anche il resto.
I giovani sono i teenagers, quell’età compresa da quando l’infanzia diventa adolescenza fino ai
limiti del momento in cui si inizia ad appartenere al mondo degli adulti.
Leila è una giovane artista, che tiene dentro di sé lo spirito della fotoreporter poetica, della
testimonianza lirica in cui componente importante, per comprendere, è anche la sua natura di
musicista e filmaker. Gira il mondo, il suo DNA composito la rende sensibile e cittadina di
un’identità fatta di identità, di geografie, culture, lingue. È nata nel 1995 in Siberia e vive, lavora tra
Mosca, Tbilisi, New York e Tel Aviv.
Il suo lavoro è un viaggio continuo tra i giovani che vivono in zone difficili, di tensione, di guerra, di
margine, di instabilità. Di lotta per la libertà. Giovani, amici e persone incontrate per caso, a volte
per strada anche solo per il tempo di uno scatto veloce, che combattono per la vita, per i diritti. Di
loro mostra momenti di vita non contaminati dalla difficoltà tangibile e intangibile in cui sono
immersi. La senti ma non la vedi.
Penso ai desideri fondamentali, di amare ed essere amati, di vivere, dice. Ed ecco che i giovani
diventano lo specchio dell’umanità, sono qui e ora ma sembrano anche recuperare un passato
fatto di storie personali e di Storia collettiva. Quante situazioni che declinano concetti opposti a
benessere e vita normale, serena? Quante guerre di natura diversa accadute, in corso,
all’orizzonte? Non ci sono solo i conflitti protagonisti delle cronache, che comunque non sono mai
dichiarati né localizzati nelle fotografie di Leila, ma anche quelli che in loro si rappresentano
simbolicamente, con valore universale.
Al centro dell’obbiettivo di Leila ci sono corpi e paesaggi, di cui lei percepisce la sensualità, quel
sentire che trasmette attraverso le sue immagini e che arriva a noi, come un ponte tra i suoi
soggetti e lo spettatore. Una presenza fisica che ne dà la consistenza, ne cattura la tensione e li
rende memoria viva, vissuta, non immagine disincarnata. Infatti per Leila la memoria è un tema
centrale, il suo lavoro è un museo di memorie, di frammenti preziosi di vite che lei raccoglie e
preserva. La condizione umana. Il suo fotografare ha insieme levità e rigore, fragilità e bellezza, in
un collezionare dove pone grande attenzione, dove ogni dettaglio, volto, figura, scorcio, oggetto
entra nel suo bagaglio sentimentale, e leggero, di nomade.
Insieme alle fotografie - in bianco/nero e a colori, sempre di formato diverso e presentate in libere,
irregolari composizioni che sembrano esplosioni di note fuoriuscite da partiture musicali - c’è la
parola, testi che possono essere della lunghezza di un verso così come di pensieri più articolati,
con cui accompagna le immagini. Si creano così dialoghi su diversi livelli che animano opere
tridimensionali, che attivano narrazioni.
I testi sono scritti a mano da Leila, sono lampi da un suo diario personale, dove ragiona sulla vita, la sua e quella degli altri che incontra. Un documentare poetico, si diceva.
Leila parla del suo fare come di cinema frammentato, lei stessa gira video, di immagini e appunti
montati liberamente, pagine di uno sketchbook in progress a cui lavora per creare quell’attrazione
emozionale che vuole sia lo spirito e l’energia dinamica della sua opera. Una sorta di sinestesia.
La mostra da A PICK GALLERY di Leila Erdman si apre con una sua performance musicale, un live il
giorno dell’opening che diventerà poi installazione: un pianoforte al centro e sopra una serie di
oggetti affettivi bloccati in cornici, così come lo sono le immagini alle pareti. Un angolo di memoria,
lo chiama, quei tavolini che si trovano in ogni casa con sopra le fotografie care messe in cornice,
spiega. La memoria della famiglia, della casa, che tanti sono costretti a lasciare, pezzi di vita che
mai più torneranno, il cui ricordo è un rifugio. Dire addio e iniziare una nuova vita, per
sopravvivere, aggiunge Leila. “The art of saying goodbye”, infatti, il titolo della mostra. Attorno, si
aprono le pagine dei suoi viaggi e dei suoi incontri, di quel reportage fotografico e testuale di
carattere lirico ed emozionale. Scorrono volti e corpi, natura (molta acqua) e attimi colti, mescolati
suo pensare, alle sue piccole, potenti riflessioni e note scritte a mano, che portano anche noi a
riflettere, a sentire, con un’empatia che rende il suo lavoro un materiale sempre vivo.
ETHICHETTE - Ideogrammi tessili
Maria Antonela Bresug
Inaugurazione martedì 6 maggio 2025, ore 19
06.05.25 - 31.05.25
A PICK GALLERY presenta martedì 6 maggio alle ore 19, in via Bernardino Galliari 15/C, la mostra personale di Maria Antonela Bresug ETHICHETTE - Ideogrammi tessili, a cura di Emanuela Romano e Ghëddo.
L’artista, nata in Romania nel 2000 e cresciuta in Italia, presenta un ciclo di opere inedite che intrecciano le sue radici culturali con la ricerca tessile, in un progetto che nasce da anni di studio e sperimentazione.
Attraverso l’uso esclusivo di materiali di recupero, pigmenti naturali e antiche tecniche di tintura, Bresug trasforma i simboli industriali legati alla produzione e alla cura dei tessuti in un nuovo linguaggio visivo ed emozionale. Il cuore della mostra è infatti un’indagine poetica sul sistema internazionale di etichettatura dei tessuti — un glossario di icone che, pur presenti nella nostra quotidianità, restano spesso invisibili. Questi segni, nella loro ripetizione e decodificazione, si trasformano in ideogrammi universali capaci di raccontare storie collettive e personali, evocando tradizioni, memoria e attenzione ambientale.
Con ETHICHETTE, Maria Antonela Bresug propone un viaggio tra arte, sostenibilità e tecnologia, dando vita a una narrazione che esplora il valore della cura e la possibilità di instaurare una relazione affettiva con gli oggetti che ci circondano. I tessuti e le etichette si fanno così materia preziosa da indagare, preservare ed elogiare.
Il progetto si inserisce all'interno di una riflessione più ampia che caratterizza tutta la ricerca dell’artista: come cambia il processo creativo nell’epoca della rivoluzione digitale? Quali nuove forme di dialogo possono nascere tra arte, scienza e cambiamento climatico? In un'epoca segnata dalla frammentazione storica e dall'avanzata della tecnologia, Bresug abbraccia la duplicità tra mondo fisico e mondo digitale come due facce della stessa medaglia, senza contrapporli, ma promuovendone un incontro fertile.
Dopo la laurea in Nuove Tecnologie dell’Arte con una tesi dedicata all’incontro tra big data e arte tessile, e il progetto Polyestere, in cui rifletteva sull’inquinamento da microplastiche e sull’importanza della cura dei tessuti, Bresug continua il suo percorso con ETHICHETTE: un manifesto visivo che esprime l'urgenza di un’arte etica, capace di trasformare materiali marginali in simboli di resistenza, memoria e rigenerazione. Maria Antonela Bresug porta avanti un impegno concreto nella promozione della moda sostenibile e degli antichi saperi tessili, ampliando il suo orizzonte di ricerca attraverso percorsi formativi nel campo della moda circolare e della cultural sustainability. Lavora con Atelier Riforma – Tecnologia per la moda circolare.
Attraverso le opere di ETHICHETTE, l’artista invita a una lettura nuova e più consapevole della nostra relazione con gli oggetti, un invito a rallentare, osservare, preservare.
La mostra si svolge nell’ambito di Il futuro è una schiuma cosmica, terza edizione del bando TO.BE dedicato alla crescita professionale di artisti emergenti, che stanno completando o che hanno terminato la loro formazione.
In occasione di Exposed – Torino Photo Festival, TAG Torino Art Galleries propone il consueto appuntamento a colazione TAG Art Breakfast, nei giorni 9-10-11 maggio dalle ore 10 alle ore 12. In questa occasione A PICK GALLERY offrirà al suo pubblico i prodotti dell’azienda Lolli Liquori per una colazione speciale e del tutto inconsueta.
La mostra sarà visitabile fino al 31 maggio 2025.
BIO
Maria Antonela Bresug nata nel 2000 in Romania e cresciuta in Italia, è un'artista versatile con una profonda connessione alle sue radici culturali. Fin da giovane, ha coltivato una passione per le arti, in particolare per il teatro e la sartoria. Il suo percorso di performer vede la luce a Mantova con Teatro Magro e matura a Torino, con gli studi all’Accademia Albertina e la collaborazione con Teatro Selvatico, dove si occupa di teatro natura, organizzazione di eventi e gestione delle politiche di sostenibilità dell’associazione. Nel 2023 consegue la laurea in Nuove Tecnologie dell’Arte con una tesi intitolata “Coltivare l’opera”, che mira a creare un dialogo tra big data e arte tessile, mettendo in campo una sperimentazione artistica che affonda le sue radici nel Dadaismo, per attraversare la Data Visualization, approdando all’Arte Generativa, “con un occhio attento alla sostenibilità ambientale”. Conclusi gli studi in Accademia, inizia a frequentare un master in Data Analyst, approfondendo la sua ricerca artistica che si concentra, ad oggi, sulla Textile Art. Nel 2024 fonda Batik Collective, la cui missione è la divulgazione della moda sostenibile e degli antichi saperi tessili. Da febbraio 2025 continua i suoi studi con un secondo master in Moda Circolare, per concentrare la sua ricerca sulla fashion e cultural sustainability.
ETHICHETTE. Ideogrammi tessili
mostra personale di Maria Antonela Bresug
A PICK GALLERY
6 maggio - 31 maggio
Inaugurazione martedì 6 maggio ore 19:00
Nell’ambito di Il futuro è una schiuma cosmica, la terza edizione del bando TO.BE dedicato alla crescita professionale dellə artistə emergenti, che stanno completando o che hanno terminato la loro formazione, A PICK GALLERY presenta martedì 6 maggio alle ore 18:30, in via Bernardino Galliari 15/C, la mostra personale di Maria Antonela Bresug “Ethichette”.
La proposta espositiva curata da Ghёddo si inserisce in un programma più ampio di mostre che prevede la collaborazione tra artistə e spazi d’arte contemporanea di Torino. L’intero progetto è realizzato con il sostegno di Fondazione Venesio e con il patrocinio di Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e Città di Torino.
ETHICHETTE – Ideogrammi Tessili è il nuovo progetto di Maria Antonela Bresug che trasforma i simboli industriali legati alla produzione e al trattamento dei tessuti in un linguaggio universale che intreccia memoria, cura e consapevolezza ambientale.
Il cuore della mostra è una serie di opere realizzate a partire da un’indagine sul sistema internazionale di etichettatura utilizzato nell’industria tessile per indicare le istruzioni di lavaggio, trattamento e smaltimento dei tessuti: un glossario composto di simboli e icone che, pur essendo parte della nostra quotidianità, spesso passano inosservati.
Attraverso installazioni realizzate con materiali di scarto, pigmenti naturali e tecniche di tintura antiche, l’artista trasforma un sistema simbolico convenzionale in uno strumento espressivo di resistenza, accessibile e semplice ma capace di guidare verso una relazione affettiva e personale con le cose, con la storia degli oggetti che ci circondano e ci accompagnano durante la nostra vita. Ripetuti, ingranditi e ricodificati, questi segni diventano ideogrammi universali, evocando storie personali e collettive che parlano di lavoro domestico, produzione industriale, tradizione e ambiente.
Maria Antonela Bresug nata nel 2000 in Romania e cresciuta in Italia, è un'artista versatile con una profonda connessione alle sue radici culturali. Fin da giovane, ha coltivato una passione per le arti, in particolare per il teatro e la sartoria. Il suo percorso di performer vede la luce a Mantova con Teatro Magro e matura a Torino, con gli studi all’Accademia Albertina e la collaborazione con Teatro Selvatico, dove si occupa di teatro natura, organizzazione di eventi e gestione delle politiche di sostenibilità dell’associazione. Nel 2023 consegue la laurea in Nuove Tecnologie dell’Arte con una tesi intitolata “Coltivare l’opera”, che mira a creare un dialogo tra big data e arte tessile, mettendo in campo una sperimentazione artistica che affonda le sue radici nel Dadaismo, per attraversare la Data Visualization, approdando all’Arte Generativa, “con un occhio attento alla sostenibilità ambientale”. Conclusi gli studi in Accademia, inizia a frequentare un master in Data Analyst, approfondendo la sua ricerca artistica che si concentra, ad oggi, sulla Textile Art. Nel 2024 fonda Batik Collective, la cui missione è la divulgazione della moda sostenibile e degli antichi saperi tessili. Da febbraio 2025 continua i suoi studi con un secondo master in Moda Circolare, per concentrare la sua ricerca sulla fashion e cultural sustainability.
Ghёddo un progetto di ricerca e un collettivo curatoriale indipendente attivo a Torino e composto da: Olga Cantini, Rachele Fassari, Davide Nicastro, Barbara Ruperti e Marta Saccani. Il collettivo è nato nel 2022 dall’esigenza di sperimentare e promuovere un dialogo aperto sulle pratiche artistiche e curatoriali contemporanee. Ghëddo si propone come incubatore per progettualità emergenti, con una visione curatoriale militante e un posizionamento etico attento alle anomalie del sistema dell’arte. Il nostro approccio si fonda sulla partecipazione, sull’interconnessione e su uno scambio orizzontale, privo di gerarchie.