Le donne i cavalier l’armi, gli amori …
La mostra ha tutti gli ingredienti per apparire come una sapida parodia della frenetica smania contemporanea di catalogare l’universo mondo, visto che ci induce a scivolare con disinvolta leggerezza dai rimandi al mito alle citazioni Belle Epoque, dalle favole ai capolavori del romanzo e ai poemi cavallereschi, dal celebre “mito di fondazione” della scienza moderna – la mela di Newton – alla trilogia di Italo Calvino.
Comunicato stampa
Le fiabe sono vere. Anche per Enrica Campi e Massimo Voghera.
La mostra di opere di Enrica Campi e Massimo Voghera, che si inaugura il 19 maggio 2012 presso gli spazi di “Arte per Voi”, ad Avigliana, in piazza Conte Rosso n.1, ha tutti gli ingredienti per apparire come una sapida parodia della frenetica smania contemporanea di catalogare l’universo mondo, visto che ci induce a scivolare con disinvolta leggerezza dai rimandi al mito alle citazioni Belle Epoque, dalle favole ai capolavori del romanzo e ai poemi cavallereschi, dal celebre “mito di fondazione” della scienza moderna – la mela di Newton – alla trilogia di Italo Calvino.
E appunto vale la pena prendere spunto da Calvino e in particolare dalle sue Lezioni americane, proprio perché in esse chiarisce con precisione didascalica i meccanismi che presiedono alle modalità della sua costruzione letteraria.
Il punto di partenza, sostiene lo scrittore, è sempre dato dall’insorgere preliminare nella nostra interiorità di una immagine, dal cui insistente, anche se a prima vista incomprensibile affioramento e dalla conseguente persistenza alla coscienza - un uomo tagliato a metà, un ragazzo arrampicato su un albero, un’armatura vuota che cammina – prende vita una intenzione narrativa, che solo alla fine si trasforma in opera d’arte.
Ora, il ricorso alle riflessioni di Calvino non deve apparirci affatto pretestuoso, dal momento che esse hanno a che vedere irrimediabilmente con il percorso della creatività, che associa strettamente il mestiere dello scrittore – romanziere o poeta che sia – a quello dell’artista figurativo.
Se il gioco prepotente dell’immaginario, in preda ad una vena fantastico-allegorica, anima nel primo azioni e dinamiche narrative, che inizialmente appaiono ancora provvisorie e scoordinate e che solo in ultima istanza prendono la forma e la consistenza dell’opera d’arte, nel secondo, abbandonati (o forse solo accantonati e per lo meno posti in secondo piano) gli strumenti verbali, si manifesta tutto all’interno del percorso compositivo pertinente alla visività.
L’invenzione, ossia ciò che si trova, che ci mette “spontaneamente” a disposizione l’immaginazione, – che siano le Dame, le Donne, le Muse o i Tatà di Enrica Campi, o le varie trasposizioni-reminiscenze letterarie di Massimo Voghera, da Astolfo a Rinaldo e Bradamante, dal mito di Europa a San Giorgio, da Newton al Cantastorie – insomma, l’ ”idea” di Erwin Panofsky, non è che il punto di partenza di un processo di costruzione dell’opera, dall’argilla, alla cottura in forno, alla decorazione e di nuovo al forno, che oltre a presupporre competenze tecniche, è anche trascorrere di un tempo, in cui si compongono e ricompongono le materie e le forme, prima del risultato definitivo.
È, cioè, il tempo in cui, a suo modo, prendono corpo per prove successive gli ingredienti – materici e visivi - i tentativi progressivamente articolati e messi a punto che confluiscono a conferire alle opere finite la possibilità di produrre una narrazione, di raccontare la propria storia. Esse, come i testi di Calvino, sono ispirate alla “formula del divertimento”, ma altrettanto, se lo vogliamo, sono “vere e proprie allegorie della condizione umana anche nei suoi aspetti più difficili e come tali richiedono quindi una lettura sostanzialmente seria”.
D’altra parte, come dichiarava lo stesso Calvino nel 1956 “Le fiabe sono vere”.
Paolo Nesta
A noi sembra che l’argilla fra tutti i materiali usati per fare “arte”contenga di per se il potere intrinseco del narrare.
Il marmo, il legno, il bronzo e quant’altro ci pare celebrino e fissino affermazioni più perentorie, più metafisiche, più monumentali; mentre la creta e l’atto del modellare e quindi dell’ ”aggiungere” anziché del “togliere” ci conducano per uno strano e insondabile percorso a raccontare per immagini, storie che sono già state narrate mille e mille volte oppure storie nuove che affiorano per chissà quale altra imponderabile necessità.
Sia io che Enrica proveniamo guarda caso dal teatro, più precisamente dalla scenografia, un’arte “minore” come è sempre stata erroneamente definita; molto spesso, guarda caso, lo stesso aggettivo è stato, sempre ingiustamente, abbinato anche all’arte della ceramica.
E’ proprio nel far ceramica che abbiamo trovato il coraggio di uscire da dietro le quinte, mettendoci in gioco e cominciando a illustrare le tante storie e i tanti personaggi ai quali avevamo voglia di dar vita.
Volendo condurre questa breve presentazione su di un piano più leggero e divertente, (come speriamo troverete i nostri lavori), ci piace dirigerci verso una citazione di Woody Allen: un rimando biblico che viene spesso usato quando si parla di argilla è quello di un Dio che impasta del fango per dar vita al primo uomo, e qui inevitabilmente appunto torna alla memoria la battuta fulminante di un genio come Allen che alla domanda: “Ma chi ti credi di essere, DIO?” risponde …… ”bhe! A qualcuno dovrò pur ispirarmi non credi!?”
Buon divertimento, sipario!!
Massimo Voghera