Language Games

  • FRANCA

Informazioni Evento

Luogo
FRANCA
via Intorno Fosso, 41 , Cannara, Italia
Date
Dal al

su appuntamento

Vernissage
18/05/2019

ore 12

Artisti
Marco Raparelli, Nyla Van Ingen, Fabio Giorgi Alberti, Keith Arnatt, Gene Beery, Jeff Gibbons
Curatori
Jo Melvin
Generi
arte contemporanea, collettiva
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Franca è lieta di presentare Language Games, una mostra a cura di Jo Melvin.

Comunicato stampa

Franca è lieta di presentare Language Games, una mostra a cura di Jo Melvin, con opere di Keith Arnatt, Gene Beery, Jeff Gibbons, Fabio Giorgi Alberti, Marco Raparelli e Nyla Van Ingen.

Gli artisti invitati condividono l’interesse per i giochi linguistici e per un uso delle parole che le traduce in elementi visivi da leggere e da guardare, come avviene nei rebus, dove si ha un continuo slittamento tra immagine e parola. Da bambini i giochi linguistici si basano sul principio del vedere e del riconoscere. Diventano poi più complessi via via che immagini ed espressioni colloquiali vengono associate a diversi livelli di significato e collegamenti culturali. Interpretiamo certe immagini-segno per dare una direzione alle nostre azioni.
Ognuno di questi artisti, in modo diverso, si sofferma a considerare i linguaggi dell’arte. È forse impossibile anche solo pensare a un’arte visiva che non coinvolga la sfera linguistica, perché le pratiche di produzione hanno necessariamente a che fare con la comunicazione, e sono quindi immerse nelle diverse tradizioni di ciò che si considera linguaggio. Il titolo Language Games indica da una parte i diversi modi con cui questi artisti comunicano utilizzando ciascuno il proprio metodo e la propria ricerca individuale come pratica riflessiva, e dall’altra le relazioni che si creano una volta che queste ricerche vengono accostate e viste insieme. L’uso della parola games (giochi) suggerisce la giocosità e anche i processi, i sistemi, le regole e i metodi che costituiscono una serie di parametri convenuti. Games suggerisce inoltre spazio di manovra, strutture, regole, schemi, condizioni e l’atto stesso del giocare. C’è spazio per lo slittamento e per l’ellissi.

Qui la pittura gioca fra letteralità e tradizione e su questa tradizione si interroga. Le idee associate con qualsiasi pratica riflessiva critica non hanno una specificità di medium, anche se possono emergere da una particolare tradizione. Un film può essere un modo di dipingere, e introdurre nell’idea di pittura l’idea del filmico e della durata, così come un dipinto può portare nuove considerazioni su come vedere un film. Allo stesso modo, il suono richiama lo spazio architettonico, così come l’esperienza della durata e dell’abitare. Questi dipinti usano il linguaggio della pittura, dell’arte, o di uno specifico medium – o della mancanza di esso – e nel farlo sottintendono il movimento o lo spostamento da un materiale a un altro – creando una sorta di transizione. È implicita un’idea di traduzione.

Lo spazio architettonico di Franca diventa una struttura ospitante per pitture, disegni, sculture, un po’ come un telaio è il supporto per presentare un dipinto. L’opera sonora di Nyla Van Ingen è realizzata appositamente per lo spazio di Franca.

Franca è lo studio di Adelaide Cioni e Fabio Giorgi Alberti, e continuerà a essere attivo in questo senso per tutta la durata della mostra.

Language Games inaugurerà al pubblico sabato 18 maggio e sarà visitabile su appuntamento fino al 23 Giugno.

Franca si trova in via Intornofosso 41, Cannara (PG), fra Bevagna e Assisi
Per info e appuntamenti chiamare il 328 1688775 oppure il 340 3837989

Keith Arnatt (Oxford, 1930 - Galles, 2008) ha studiato pittura alla Oxford School of Art all’inizio degli anni Cinquanta e in seguito alle Royal Academy Schools di Londra. Ha vissuto e lavorato a Londra, Liverpool, nello Yorkshire e nel Monmouthshire. Negli anni Sessanta Arnatt ha insegnato arti visive prima presso Liverpool School of Art, e poi presso Manchester School of Art. A partire dal 1969 ha vissuto nel Galles e ha insegnato alla Newport School of Art.
Arnatt ha partecipato a numerose mostre di arte concettuale, fra cui le mostre curate da Lucy R. Lippard: 557,087 presso la Seattle Art Gallery e 955,000, presso la Vancouver Art Gallery (in entrambe era presente anche Gene Beery), Konzeption-Conception, Städtichen Museum, Leverkusen, nel 1969, a cura di Konrad Fischer; Information, MoMA, New York nel 1970.
Fra le mostre personali recenti: Box, Body, Burial: The sculptural imagination of Keith Arnatt, Henry Moore Institute, Essays on Sculpture, Leeds, (2009), Keith Arnatt, I’m a Real Photographer, Photographers’ Gallery, Londra, (2007).
Fra le mostre collettive recenti: Conceptual Art in Britain 1964-1979, Tate, Londra, (2016), Konception/Conception, more Konzeption Conception now, Museum Morsbroich, Leverkusen, (2015), Ends of the Earth, Land Art to 1974, MOCA, Los Angeles, (2012), Modern British Sculpture, Royal Academy, Londra, (2011).

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Gene Beery (nato a Racine, Wisconsin, 1937), vive e lavora a Sutter Creek, in California. La sua pratica include dipinti, pubblicazioni, video, fotografia e musica. Ha studiato design industriale prima di passare ad arti visive alla Layton School of Art, Milwaukee, e in seguito alla Arts Student League di New York. Una retrospettiva di Beery è in corso presso FriArts, a Friburgo, in Svizzera e sarà visitabile fino a fine giugno 2019.
Beery ha partecipato a tre delle collettive organizzate da Lucy R. Lippard, le cosiddette ‘number exhibitions’ che hanno posto le fondamenta della storia recente dell’arte concettuale e delle pratiche artistiche sperimentali: Number 7 presso Paula Cooper Gallery, New York, nel 1969, 557,087 presso Seattle Museum of Art, Seattle, nel 1969 e 955,000 presso Vancouver Art Gallery, nel 1970.
Fra le mostre personali recenti: Early Paintings, Later Photographs Algus Greenspon, 2013, Logoscapes Visual Percussion a cura di Georg Quack, Jan Kaps, Colonia, 2016 e Wall Dancers Shoot the Lobster, Los Angeles, California, 2017. Fra le mostre collettive recenti: Sol Lewitt as Collector. An Artist and his Artists, Museo d’ Arte Contemporanea Donna Regina, Napoli; Centre Pompidou-Metz, Parigi, 2013, Materializing “Six Years”: Lucy R. Lippard and the Emergence of Conceptual Art, Brooklyn Museum, Brooklyn, New York, 2012, White Columns Annual (a cura di Bob Nickas), White Columns, New York, 2010.

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Jeff Gibbons (Londra, 1962) lavora con pittura, performance e pubblicazioni. Vive e lavora a Londra e nel Norfolk, in Inghilterra. Ha studiato presso il Middlesex Polytechnic, e la London University. Vincitore del John Moores Awards nel 1995, Liverpool, e del NatWest Art Prize, nel 1997 e 1998. Fra le mostre personali ricordiamo: 2018 Volare/Cantare, Campello sul Clitunno, Xed, Viaggiatori sulla Flaminia, Volare, Cappella Madonna Del Pozzo, Spoleto, Italy, 2018, The Studio of The Greatest Painter in England, Centre for Better Health, Hackney, Londra, 2017, THis, Westminster Library, Londra, 2016 Rue des Trois Visages, Arras, Francia, 2013, IN Signific Landscapes, Take 5 Gallery, Tombland, Norwich, 2012.
Fra le mostre collettive: 2018 X ed. Viaggiatori sulla Flaminia, Palazzo Ducale, Gubbio, 2017 Bag Book - A Bigger Profile, con Jo Melvin e Joschi Herczeg, (FTHo), Londra, Umbria in Umbrella, performance, Spoleto X˚ ed. Viaggiatori sulla Flaminia, Art of the Postcard, Handel Street Projects Gallery, Londra, 15 People Select Their Favourite Book, Mahler & LeWitt Studios, Spoleto, 2016 Make-shift, Black Barn Norfolk, 2014
Drive the Change, Zurigo, Svizzera, 2012 Summer Exhibition, Royal Academy of Art, Londra, 2011.

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Fabio Giorgi Alberti (Leiden, NL, 1980) vive tra Bevagna, in Umbria, e Roma. Lavora con la contaminazione fra scultura, video, pittura, poesia, per indagare il linguaggio e il rapporto dell’individuo con la realtà. Ha esposto in spazi indipendenti e luoghi istituzionali in Italia e all’estero tra cui: Clouds and steel, a cura di Franco Troiani, Madonna del pozzo, Spoleto; Premio Hdrà, a cura di Valentina Ciarallo, Palazzo Fiano, Roma; Straperetana, a cura di Saverio Verini, un progetto di Paola Capata e Delfo Durante, Pereto (Aq), 2017; The Milky Way 3, a cura della Fondazione Pianoterra, Galleria Giò Marconi, Milano, 2016; Matrimonio all’italiana, a cura di Home Movies e Nosadelladue, Ex Atelier Corradi, Bologna, 2016; Bomb Gallery Art Lazareti, Dubrovnik (Hr), 2015; Biotopographies, Citè Internationale des Arts, Parigi, 2014; A here in another now, a cura di Claudio Libero Pisano, La Colata project room, CIAC Genazzano, Roma, 2013; Tutto – Teoria e pratica di caos espositivo, a cura di Gabriele Gaspari e Sabrina Vedovotto, 26 cc, Roma, 2013; Above is only sky a Expograph, Vienna, 2012; Premio Roma centro storico, a cura di Cecilia Casorati, Palazzo del Monte di Pietà, Archivio del Consiglio di Stato, Roma, 2012; Bomb Gallery Preview Show, Galerie Axel Obiger, Berlino, 2012.

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Marco Raparelli (Roma, 1975, vive e lavora a Roma) affonda le sue radici nel bianco e nero dei comics books dai quali trae un linguaggio comunicativo apparentemente ironico ed efficace per indagare, grazie a un attento sguardo sociale, le svariate sfaccettature del mondo che lo circonda, compreso quello dell'arte. Tra le numerose mostre a cui ha partecipato si segnalano: Processo alla natura, Spazio Maria Calderara, Milano 2018, There is no Place like home, Roma, 2016; A Line Describing the Surface, Museion, Bolzano, 2013; Re-Generation, MACRO, Roma, 2012; When In Rome, Istituto Italiano di Cultura, LaXart, Los Angeles, 2011; Ceci nes’t pas du cinema! Cinema Massimo (Castello di Rivoli) Torino, 2011; Flow, Kunstraum Kreuzberg in Bethanien, Berlino, 2010. Tra le mostre personali: Terzo Tempo, per European Alternatives, MAXXI, Roma, 2017, Welcome to the rest of your life, Galleria Umberto Di Marino, Napoli. Ha pubblicato per Fine Arts Unternehmen books As a drop of water on a k-way, 2007, e per la casa editrice Purple press di Roma The economy of the leisure class, 2009. Call me yesterday Edizione Canopo, 2010. Permafrost è uscito per Cura Books nel 2012. A settembre 2019 pubblicherà Human Is a State of Mind con Nero.

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Il soprano canadese Nyla van Ingen (Montréal, 1964) si è diplomata alla University of Toronto in Musica e Letteratura Italiana. Il suo repertorio operistico e concertistico spazia da Monteverdi a Debussy, Messiaen, Alban Berg, John Cage fino a compositori contemporanei, e si concentra soprattutto su opera e Lieder del romanticismo tedesco. Ha lavorato con direttori d’orchestra come Simone Young, Semyon Bychkov, Dennis Russel Davies, Michael Gielen e Giuseppe Sinopoli in teatri come lo Staatstheater Unter den Linden di Berlino, il Teatro dell’Opera di Roma, la Tonhalle Zurigo e tanti altri festival e palchi prestigiosi da Tokyo a Tbilisi. Dal 1999 lavora intensamente con il regista e pittore tedesco Achim Freyer e il suo Freyer Ensemble. Costanti, fin dall’inizio della sua carriera, sono state le collaborazioni con curatori e artisti visivi per i quali ha creato musica e suono per mostre, performance e installazioni. Nel 2010 incomincia a fare registrazioni sul campo e collage sonori. Nel 2017 il suo progetto , curato insieme a Myriam Laplante, è stato prodotto a Foligno per il Dancity Festival e a Spoleto durante il 60esimo Festival dei Due Mondi per Viaggiatori sulla Flaminia. La sua ricerca si concentra sull'incontro casuale e sul creare situazioni di esperienza sonora che esulano da strutture più formali quali palcoscenici, sale da concerto o spazi espositivi. Vive fra Spoleto e Monaco di Baviera.

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Jo Melvin vive a Londra dove è curatrice e scrittrice, professore di Arti Visive presso il Chelsea College of Arts, UAL di Londra, e direttore del Barry Flanagan Estate. Fra i progetti in corso, Language Games, Franca, con Fabio Giorgi Alberti e Adelaide Cioni, Cannara, PG, Italy, e Machismo, Villa Lontana, Roma, con Vittoria Bonifati, e fra i prossimi, Publication Scaffold, a Dublino, Irlanda, con Sean Lynch e Michele Horrigan e Barry Flanagan retrospective presso IKON Gallery Birmingham, UK. Fra le mostre recenti ha curato The Hare as Metaphor: Barry Flanagan, Paul Kasmin Gallery, New York 2018, Sculptureless Sculpture e Archaeology of the mind; the metadata of Villa Lontana Roma, 2018, con Vittoria Bonifati e Christine Kozlov: Information No Theory, presso Henry Moore Institute, Leeds, UK, ‘The Xerox Book’, Paula Cooper Gallery, New York, 2015, ‘Five Issues of Studio International’ Raven Row, Londra 2015. In 2018 ha curato per The Brooklyn Rail, New York, Fifteen people present their favourite book e Forgotten Moments; Future Exhibitions. Nello stesso anno è stata curatore ospite presso Mahler & LeWitt Studios, Spoleto, dove ha curato una residenza, un simposio e un progetto di pubblicazione-mostra in collaborazione con Viaindustriae, Foligno, e Radio Arte Mobile, Roma. Di recente ha scritto per cataloghi e monografie su Gene Beery, Keith Milow, Ian Davenport, Helio Oiticica, David Nash e ha collaborato a ‘The Order of Things’ a cura di Andrew Bick e ‘The Annotated Sax Compendia’ un libro d’artista ideato da Ryan Gander e Jonathan Watts. Al momento sta lavorando a un progetto filmico intitolato HATS, in collaborazione con il compositore James Cave.