La scuola di Morbelli

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO ROBELLINI
Piazza Levi , Acqui Terme, Italia
Date
Dal al

feriali e festivi 16.00 – 19.00

Vernissage
27/08/2011

ore 17

Contatti
Email: margherita.iacoviello@provincia.alessandria.it
Generi
collettiva, arte moderna
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Una rassegna singolare perché in un unico spazio
vengono proposte le opere dei discepoli dell’ Artista Orsarese e dei seguaci che compongono il Circolo degli Artisti la Bohème.

Comunicato stampa

La scuola di Morbelli non rappresenta qui un dato storico:
hanno effettivamente e sistematicamente frequentato il suo
studio a Torino pochissimi pittori, fra i quali Pieri, Tomalino
Serra , Lia Laterza e, in modo più sporadico, Gabanino. In
quello di Orsara si incontrava col Maestro Beppe Ricci. Si
tratta nell’insieme piuttosto di una dichiarazione di intenti, in
un momento in cui tanti fattori socioeconomici diversi creano
disorientamento e sfiducia. L’intento fondamentale è
difendere un’arte legata ancora alla lezione quattrocentesca,
figurativa, ma intrisa di significati simbolici complessi e non
meramente riproducente un vero più o meno banale.
Connessa a questo c’è la volontà di presentare l’espressione
artistica come momento di partecipazione allo spirito assoluto,
quindi anche come ragione di esistenza.
Gli artisti che espongono non seguono dunque strettamente il
maestro, né sono pervenuti tutti ad uno stesso grado di
acquisizione di temi o strumenti espressivi. Ma si dispongono
in questo panorama, apparentemente anche alquanto
provocatorio in quanto anticonformista o almeno controcorrente.
Questo spiega bene l’accostamento di personalità molto
diverse, da coloro che effettivamente hanno appreso dal
maestro, ai membri dell'associazione che promuove la mostra,
fino a giungere al dipinto dell’adolescente, ospitata come
segnale di speranza e di attesa per il futuro.
E' dunque bene accostarsi a queste opere in prima istanza
come ad un rinnovato manifesto di credo artistico, e come alla
proposta di un rinnovamento e insieme alla tutela di un
aspetto etico fondante ed irrinunciabile.
Donatella Taverna
Nella lunga e felice tradizione espositiva del Palazzo Robellini
di Acqui Terme, si inserisce oggi, a cura del Circolo degli Artisti
La Bohème di Solero, la mostra dedicata alla scuola di Gigi
Morbelli, già celebrato, con una personale, sempre a Palazzo
Robellini nel 2010 e sempre grazie all’attenzione del medesimo
Circolo.
L’occasione unica, di questi giorni, ci permetterà di riassaporare
l’essenza del pittore di Orsara Bormida - cresciuto e distintosi
nel secolo scorso all’Accademia Albertina di Torino - attraverso
i suoi allievi ed i suoi fedeli prosecutori, anche quando solo fedeli
a quell’essenza e poi protagonisti, con il proprio talento, di
altre espressioni artistiche: una sorta di laboratorio ab origine,
ma in itinere che ci consente, in qualche modo, di approfondire
la ricchezza viva dei nostri autori amati guardando al passato
nell’altrettanto viva ricchezza dell’attività presente.
Un’attività artistica fatta anche di valorizzazione, come appunto
nel caso de La Bohème.
La Provincia di Alessandria non può che apprezzare gli intenti e
le operosità volte alla valorizzazione della storia culturale del
proprio territorio; ha sostenuto con piacere l’ultima fatica del
Circolo degli Artisti, con gli artisti si congratula per la loro
ricerca e per questo tener vivo il lavoro importante di Gigi
Morbelli.
Maria Rita Rossa Paolo Filippi
Vicepresidente Presidente
Assessore alla Cultura Provincia di Alessandria
Provincia di Alessandria
Di Scuola di Morbelli si può qui propriamente parlare solo per
alcuni dei pittori documentati in mostra e a catalogo ad esempio
Franco Pieri, Michele Tomalino Serra, Giancarlo Aleardo
Gasparin, artisti la cui pittura tende ad una assolutizzazione
delle immagini tratte da una realtà comune, evocata da pochi
oggetti immersi in una dimensione astratta dal tempo e dallo
spazio, illuminata da una luce intellettuale più che reale,
sapiente dialogo di volumi, di luci ed ombre, anch’esse insieme
reali, astratte, assolute. Per le nature morte in passato si è
coniata la definizione di realtà silente, a sottolineare
l’astrazione dal frastuono e dal chiacchiericcio del mondo: gli
oggetti, anche i più ovvi, sono come abs tracti estratti dalla
banalità della realtà comune, del fluire del tempo. Gli esempi
sono illustri, dalla pittura Quattrocentesca di epoca umanisticorinascimentale,
a Baschenis, alla pittura fiamminga secentesca.
Una dimensione metafisica pervade composizioni di oggetti
comuni, una cuccuma ed un grappolo, il bric-à-brac di
oggetti da cucina affollati su un tavolo, fiori in vaso, oggetti
comuni rinnovati da uno sguardo indagatore che li osserva
come per interrogarli e strappare ad essi l’ultimo segreto in
un’atmosfera rarefatta di chi avverte di essere in limine, sul
confine fra realtà effettuale e Assoluto, pervasa da una luce
particolare che rende luminose anche le ombre. Per altri artisti
presenti in mostra, la cui opera è meno caratterizzata nel senso
appena illustrato - frutto di uno sguardo sulla realtà quotidiana
assolutizzata essenzialmente dalla luce, dal silenzio che pervade
la scena ove tutto è immobile, su uno sfondo vuoto, sovente
monocromo, scuro o di una polverosa atmosfera –
l’accostamento a Morbelli è puramente formale ed è piuttosto
da ricercare nell’interpretazione della pittura come astrazione
dal fluire della realtà sensibile, vissuta o dal concetto di pittura
come dimensione altra rispetto ad essa, come sottrazione di
situazioni ed oggetti al trascorrere del tempo, come il grido di
Faust Fermati, attimo, sei bello, anche se sovente si tratta di
fissare oggetti comuni, situazioni “accademiche” come i nudi,
riferimenti letterari invero evocati dal titolo, più che
dall’immagine.
Tuttavia nella varietà di tecniche e di soggetti, anche
di esiti, si indovina una ricerca più che artistica in sé, di una
via per indagare la memoria, per fissare l’immagine nei suoi
volumi esaltati dalla luce radente o nella sua consistenza evanida
di visione contemplata come attraverso un vetro bagnato,
un velo, pur senza riferimento alle teorie schopenhaueriane,
piuttosto con echi impressionistici. E, perché no, di un tentativo
meno banale - nelle intenzioni almeno - di tanti altri di dare
un senso all’esserci, all’essere qui ed ora.
Francesco De Caria