La scultura interroga la pittura #1

Informazioni Evento

Luogo
MAC - MUSEO D'ARTE CONTEMPORANEA
Viale Elisa Ancona, 6 20851, Lissone, Italia
Date
Dal al

Martedì, Mercoledì e Venerdì h 15-19
Giovedì h 15-23; Sabato e Domenica h 10-12 / 15-19

Vernissage
14/03/2013

ore 19

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Piero Dorazio, Gehard Demetz
Curatori
Alberto Zanchetta
Generi
arte contemporanea, doppia personale
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Il ciclo La scultura interroga la pittura cercherà di instaurare dei momenti dialettici in cui una scultura possa colloquiare con un dipinto, creando così un legame tra un maestro del passato e un artista contemporaneo.

Comunicato stampa

Per Pablo Picasso «la scultura è il miglior commento che un pittore possa fare sulla pittura»,
Barnett Newman definiva invece la scultura come «quella cosa su cui inciampi quando indietreggi
per guardare bene un quadro». Ma cosa accadrebbe se l’inciampo diventasse il fruitore delle
opere che l’attorniano? Cosa accadrebbe cioè se scultura e pittura si trovassero a contrapporsi,
esponendosi l’una alla presenza dell’altra? Il sarcastico Salvador Dalí affermava che «il meno che
si possa chiedere a una scultura è che stia ferma», nulla vieta di poterle però accordare la facoltà
di guardare la propria “nemesi”.
Il ciclo La scultura interroga la pittura cercherà di instaurare dei momenti dialettici in cui una
scultura possa colloquiare con un dipinto, creando così un legame tra un maestro del passato e un
artista contemporaneo. Ogni scultura – figurativa e a grandezza reale – sarà posizionata di fronte a
un quadro della collezione permanente, dando l’idea che le sculture siano esse stesse dei
connoiseurs d’arte, assorti nella suadente allure della pittura. Le prime opere che instaureranno tra
loro un rapporto di affinità elettiva sono la Marmaraviglia II di Piero Dorazio (1963, olio su tela,
196x111 cm) e I forgot how the prayer ends di Gehard Demetz (2010, legno, 182x46x32 cm).
Piero Dorazio è stato l’erede della pittura astratta e concreta delle avanguardie storiche. Nel
dipinto Marmaraviglia II assistiamo alla stratificazione di trame coloristiche che si intersecano sino
a creare una sorta di saturazione visiva. Organizzati sottoforma di linee-forza autonome, gli
elementi del quadro sono scanditi in modo armonico e strutturati secondo rapporti cromatici.
Fermamente convinto del valore simbolico dei colori, Dorazio ha spinto la sua ricerca sino a dar
vita a dipinti che producono nel percipiente una fortissima tensione psicologica. Tensione che
sembra recepita dal fanciullo di Gehard Demetz, costretto a serrare le proprie palpebre. Il rigore
geometrico del colore pare inoltre irraggiarsi dal quadro verso la scultura, imbevendo la maschera
antigas che il ragazzo stringe nella mano sinistra. Come fosse inebriato dai reticoli del maestro
aniconico, l’intervento pittorico tradisce così la vera “pelle” del legno.
Se la ricerca di Dorazio è sempre stata diretta verso la definizione di un’immagine plastica, l’effetto
volumetrico di Demetz si muove sotto il segno di uno scarto rispetto alla tradizione e di un respiro
nel climax della contemporaneità; l’artista ridona attualità alla poetica del legno, materiale che
trova nuova linfa vitale nelle figure di adolescenti (che non sono altro che forme di-segnate dalla
forza espressiva dello scalpello). Le due opere diventano quindi parti inscindibili di un dialogo tanto
ineffabile quanto serrato: un intreccio di trame-colori nel caso di Dorazio e di legni-tasselli nel caso
di Demetz. E poiché il fanciullo dichiara di aver “dimenticato come finisce la preghiera”, siamo
indotti a identificare Marmaraviglia II con i “sacri rettangoli”, ossia le icone che un tempo
adornavano le chiese e che oggi invadono la nostra vita – la più quotidiana, sin dall’infanzia.

Piero Dorazio è nato a Roma nel 1927. Muore a Perugia nel 2005.
Gehard Demetz è nato a Bolzano nel 1972, vive e lavora a Selva di Val Gardena.