La Rinascita della Pittura Giapponese

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO D'ARTE ORIENTALE EDOARDO CHIOSSONE
Piazzale Giuseppe Mazzini 4, Genova, Italia
Date
Dal al

martedì-venerdì 9-19; sabato- domenica 10-19; lunedì chiuso.

Vernissage
27/02/2014

ore 17,30

Catalogo
Catalogo: a cura di Donatella Failla
Editori
SILVANA EDITORIALE
Generi
arte etnica
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Più di settanta dipinti di alto valore artistico e storico – 77 per la precisione – appartenenti alle collezioni del Museo Chiossone di Genova sono stati restaurati, negli ultimi venti anni, sotto la guida scientifica di Donatella Failla, direttrice del museo genovese, e con il contributo di Fondazione Sumitomo e del Tōkyō National Research Institute for Cultural Properties (Tōbunken) dell’Agenzia Giapponese per gli Affari Culturali.

Comunicato stampa

Più di settanta dipinti di alto valore artistico e storico – 77 per la precisione – appartenenti alle collezioni del Museo Chiossone di Genova sono stati restaurati, negli ultimi venti anni, sotto la guida scientifica di Donatella Failla, direttrice del museo genovese, e con il contributo di Fondazione Sumitomo e del Tōkyō National Research Institute for Cultural Properties (Tōbunken) dell’Agenzia Giapponese per gli Affari Culturali.

Queste straordinarie opere d’arte saranno in mostra al Museo d’Arte Orientale “Edoardo Chiossone” dal 28 febbraio in due turni espositivi, il primo fino al 4 maggio, il secondo fino al 29 giugno.

“La Rinascita della Pittura Giapponese. Vent’anni di Restauri al Museo Chiossone di Genova”, questo il titolo della rassegna che riconferma la posizione d’eccellenza del Museo genovese nel campo dell’arte giapponese in Italia.

I lavori di restauro hanno offerto occasione di svolgere anche ricerche storiche e scientifiche focalizzate sulle tecniche e le tradizioni pittoriche, oltre che sulle consuetudini e le metodiche, antiche di oltre un millennio, degli hyōgushi-san, i montatori e restauratori di dipinti.

Ad oggi i dipinti restaurati costituiscono in tutto circa un sesto dell’intera collezione pittorica del “Chiossone”, un museo che si propone anche come punto di riferimento nel settore specifico di conoscenza ed esperienza, offrendo al mondo degli studi umanistici e scientifici un rilevante contributo culturale in tema di conservazione e restauro, expertise storico-critiche e tecniche di allestimento espositivo della pittura giapponese.

La mostra e le sue sezioni

Corrispondenti ai principali formati pittorici – paravento (byōbu), rotolo orizzontale (emakimono), rotolo verticale o da appendere (kakejiku) – i dipinti giapponesi del Museo Chiossone saranno esposti a rotazione in due turni di circa due mesi ciascuno, ordinati in otto sezioni che documentano lo sviluppo delle più importanti scuole e correnti stilistiche durante i secoli XVI-XIX:

I. Suibokuga, la pittura a inchiostro diluito. – II. Scuola Soga. – III. Scuola Kano. – IV. Bunjinga, la pittura dei letterati. – V. Scuole Rinpa di Kyōto e di Edo. – VI. Scuole Maruyama e Maruyama-Shijō. – VII. Pittura Ukiyoe. – VIII. Lacca intarsiata in madreperla iridescente.

Lo sviluppo storico della pittura giapponese e delle sue scuole rappresenta fedelmente le condizioni evolutive della cultura e della società, riflettendo al contempo gli influssi provenienti dalla Cina e dall’Occidente che, tra la seconda metà del secolo XVI e la fine del XIX, stimolarono e vivificarono gli ambienti artistici locali.

Un piccolo squisito dipinto della Scuola di Sesshū Tōyō esemplifica la tradizione della pittura di paesaggio sansuiga a inchiostro diluito (Sezione I), presentando un’immagine intellettualizzata e quasi utopica “d’acque e montagne”, cara ai monaci-pittori e ai pensatori buddhisti.

La cultura d’immagine e la visione politica dell’aristocrazia guerriera dei secoli XVI-XVII trova espressione nella possanza figurativa e simbolica dei falchi addestrati appartenenti ai grandi signori feudali, ritratti da Soga Chokuan in un magnifico paravento a sei ante (Sezione II). Nel secolo XVIII, l’eccentrico e pazzoide Soga Shōhaku produrrà pitture di straordinaria originalità, tra cui paesaggi cinesi, in una tecnica a inchiostro immacolata e nitida, pervasa di una cristallina, pacata e quasi iperuranica luce intellettuale.

La Scuola Kano di Kyōto, la più importante e longeva scuola di pittura classica (Sezione III), fu al servizio delle classi dominanti dal tardo secolo XV al XIX ed espresse in arte la loro ideologia della cultura: una coppia di paraventi a vividi colori su sfondo in foglia d’oro risalenti alla prima metà del secolo XVII rappresenta la rievocazione e celebrazione pittorica delle grandi battaglie medievali, in seguito alle quali fu stabilito in Giappone il plurisecolare dominio della casta guerriera. A queste opere in grande formato, commissionate dagli ambienti shogunali, si affiancano pitture che documentano la grande versatilità degli artisti Kano nell’assimilare e fare proprie le innovazioni stilistiche e tecniche di altre scuole.

Traendo ispirazione dal costume intellettuale dei wenren, i pittori-letterati cinesi del sud della Cina dei secoli XVI-XVII, i bunjin, i pittori-letterati giapponesi (Sezione IV) stabilirono nei secoli XVIII-XIX una ricca tradizione locale anti-accademica e anti-classica, sviluppando un’estetica e un gusto interamente propri. Nella seconda metà del secolo XIX alcuni bunjin si legarono profondamente ai moventi e ai fini della modernizzazione e dell’internazionalizzazione del Giappone: due magnifiche opere, donate a Edoardo Chiossone dai loro autori, svelano l’impegno politico di Nakabayashi Shōun e Ishikawa Kōsai, due rilevanti artisti legati allo stato-apparato Meiji (1868-1912).

Le Scuole Rinpa di Kyōto e di Edo (Sezione V) sono rappresentate da due rari dipinti di Ogata Kōrin e uno di Suzuki Kiitsu. Nato a Kyōto negli ambienti dell’alta borghesia mercantile della seconda metà del secolo XVI, lo stile “decorativo” genuinamente giapponese di questa corrente artistica trasse ispirazione dalle tradizioni pittoriche Yamatoe, Tosa e Kano e dalle fonti poetiche e narrative della letteratura classica. Dal tardo secolo XVII ai primi tre lustri del XVIII la scuola si consolidò nell’esplosiva, raffinata creatività di Kōrin. All’inizio del secolo XIX la scuola Rinpa fu ri-fondata e diffusa a Edo, la capitale dello shogunato, grazie a Sakai Hōitsu e ai suoi discepoli.

Le pitture delle Scuole Maruyama e Maruyama-Shijō (Sezione VI) documentano il profondo interesse degli artisti giapponesi per la copia dal vero (shaseiga), oltre che per le tecniche ed espressioni naturalistiche basate sul chiaroscuro e la prospettiva lineare di origine occidentale: in esposizione, opere di Mori Sosen, Nishimura Nantei e Shibata Zeshin.

Durante i due secoli compresi tra la settima decade del secolo XVII e il tardo secolo XIX, l’Ukiyoe o arte del “mondo fluttuante” costituì un fenomeno di grande rilevanza, alimentato dallo stile di vita dei chōnin, gli abitanti delle grandi città, appartenenti al ceto borghese commerciale e mercantile. Definita da Richard Lane una “grande rinascenza basata su fondamenta largamente popolari”, la Scuola Ukiyoe o “pittura del mondo fluttuante” (Sezione VII) esprime una cultura artistica, letteraria e teatrale tipicamente secolare e urbana, che effigia e celebra la vita e i costumi della nuova classe borghese, economicamente importante ma politicamente emarginata. La crescita culturale ed economica dei chōnin e le innovazioni da essi introdotte a cominciare dal tardo secolo XVI nella vita sociale e di relazione, nello stile esistenziale e nel vestiario, nelle abitudini alimentari e voluttuarie, costituiscono l’humus fondativo di questa corrente artistica, il cui arco evolutivo coincide interamente con il periodo Edo e lo shogunato Tokugawa (1600-1867), il governo militare che perfezionò il regime feudale e sancì il sistema di rigida divisione della società in quattro classi (shi-nō-kō-shō) – militari (bushi), contadini (nōmin), artigiani (kōnin) e mercanti (shōnin). Sostanzialmente diversa dalla cultura d’immagine classica – da sempre appannaggio esclusivo delle classi dominanti – la cultura del popolo di città (chōnin bunka) nata a Kyoto e Ōsaka si configurò come una pacifica rivoluzione sociale che, oltre a trasformare il modus vivendi, giunse ad esprimere già all’inizio del XVII secolo una nuova, trasgressiva forma di spettacolo teatrale, il Kabuki. Tra la fine del secolo XVI e i primi del XVII nelle grandi città furono istituiti i quartieri del piacere, destinati ad avere grande importanza nella vita artistica, letteraria e socio-culturale dei chōnin. Il teatro Kabuki e i suoi attori (yakusha), il quartiere dei piaceri di Yoshiwara e le sue cortigiane (yūjo) furono i maggiori protagonisti della cultura d’immagine Ukiyoe. Nella sezione, che comprende ben 57 dpinti, sono rappresentate tutte le scuole Ukiyoe. Particolarmente degni di nota i rotoli orizzontali di Miyagawa Chōshun, i dipinti degli artisti Utagawa, oltre che le opere dei due geni artistici giapponesi più noti e apprezzati in Occidente, Hokusai e Hiroshige – il primo presente con ben 7 opere, il secondo con 4 paesaggi di grande suggestione poetica.

La lacca orientale (Sezione VIII) è il lattice non resinoso estratto dal tronco della Rhus verniciflua o “albero della lacca” (C. qi shu, G. urushi no ki). Questa materia è un polimero naturale dalle straordinarie proprietà isolanti, sigillanti e adesive che, stesa in strati sottili e uniformi, indurisce formando un rivestimento lucente, impermeabile, inalterabile, insolubile e molto duraturo, ottimo per decorare arredi, oggetti d'uso e suppellettili e preservarli dai comuni agenti di deterioramento. L'arte della lacca è stata praticata fin dall'antichità in varie regioni dell'Asia, ma i suoi sviluppi artistici, formali e tecnici più complessi e diversificati si sono manifestati in Cina, in Giappone e nelle regioni geograficamente e storicamente esposte ai loro influssi diretti, tra cui la Corea e il regno dell’arcipelago di Ryūkyū (oggi Prefettura di Okinawa). Urushi, il lattice giapponese, è il migliore e il più ricco di principi attivi: ciò ha consentito agli artisti del Giappone, dal secolo VIII fino all'epoca contemporanea, di sviluppare tecniche di lavorazione e decorazione assolutamente originali, come l’ornamentazione con polveri di metalli preziosi (makie). L'intarsio in madreperla (C. luodian, G. raden) è una tecnica cinese del pe­riodo Tang (618-907), sviluppata e perfezionata durante i successivi periodi Song (960-1279), Yuan (1279-1368) e Ming (1368-1644), che fu trasmessa al Giappone a più riprese in varie epoche. Con la denominazione aogai, “conchiglia azzurra”, l’intarsio in madreperla cominciò a essere praticato in Giappone nel periodo Muromachi (1393-1572). La tecnica usugai, testimoniata dallo stipo porta-medicine presente in mostra, rappresenta un estremo affinamento tecnico, consistente nell’intarsiare su lacca lamine sottilissime di madreperla iridescente ottenute dalla prolungata bollitura delle conchiglie. Introdotta dalla Cina nel regno di Ryūkyū attorno al 1690 e in Giappone nella seconda-terza decade del secolo XVIII attraverso la colonia cinese della città portuale di Nagasaki, questa decorazione consentiva la rappresentazione naturalistica delle più varie e sofisticate ambientazioni di paesaggio.

Tutti gli interventi di restauro

Ammontano a circa 20 milioni di yen gli investimenti che il Tōbunken ha destinato negli anni 1997-1998, 2004-2005, 2006-2008 e 2008-2009 per il restauro integrale di sette dipinti e di un prezioso stipo in lacca, opere risalenti ai secoli xvii, xviii e xix. I laboratori di restauro coinvolti sono tutti muniti di licenza per gli interventi sui “tesori nazionali” (kokuhō): Bokushindō e Kōeidō presso il Museo Nazionale di Kyōto, Handa Kyūseidō presso il Museo Nazionale di Tōkyō, l’Associazione per la Conservazione dei Tesori Nazionali presso il Museo Nazionale di Kyūshū, il Laboratorio di Restauro della Lacca di Katsumata Satoshi, Saitama.

A cominciare dal 1999, il Museo Chiossone ha pianificato un programma pluriennale d’interventi di restauro presentato annualmente, su base competitiva internazionale, alla Fondazione Sumitomo. I progetti ammessi hanno riguardato opere di qualità elevata, paragonabili ai “tesori nazionali” o agli “importanti beni culturali” (jūyō bunkazai) del Giappone. Ininterrottamente e generosamente sostenuti fino a oggi dalla Fondazione Sumitomo, i programmi del Museo Chiossone sono consistiti nel restauro integrale di 22 dipinti, nonché nella manutenzione e stabilizzazione conservativa di altri 13, con investimenti da parte della Fondazione che ammontano oggi, nel complesso, a 159.400 dollari, oltre a 12.520.000 di yen. D’importanza incalcolabile, il sostegno finanziario della Fondazione Sumitomo a favore del Museo Chiossone ha dunque reso possibile, in un lasso di tempo breve e concentrato, il restauro e la manutenzione conservativa di ben 35 dipinti, che sono stati restituiti alla loro integrità artistica e formale, funzionale e strutturale oltre che riqualificati nel loro valore economico. Anche questi interventi sono stati eseguiti da professionisti d’altissima specializzazione: Philip Meredith, Far Eastern Conservation Center, Leiden (1999-2004), Handa Kyūseidō, Tōkyō (2005-2012), Valérie Gouet-Lee, Atelier ABACA, Parigi (2011-2014).

Un altro intervento rilevante è stato realizzato nel 2001 grazie a Kōbe Shinbunsha (Giornale di Kōbe), che ha investito 8 milioni di yen nel restauro integrale di un dipinto e nella stabilizzazione e manutenzione conservativa di altri 24, in occasione della mostra di pitture e stampe Ukiyoe curata da Donatella Failla e portata nel 2001-2002 in cinque musei pubblici giapponesi. In precedenza, anche il Mainichi Shinbunsha aveva finanziato nel 1990 la manutenzione conservativa di svariate pitture, 9 delle quali sono incluse in questa rassegna.

Museo d'Arte Orientale “Edoardo Chiossone”

Il Museo custodisce il prezioso patrimonio artistico raccolto in Giappone durante il periodo Meiji (1868-1912) dall’incisore genovese Edoardo Chiossone (1833-1898), che lavorò dal 1875 al 1891 a Tokyo presso l'Officina Carte e Valori del Ministero delle Finanze. Le collezioni comprendono in prevalenza arte giapponese: dipinti, stampe policrome Ukiyoe, sculture, porcellane, smalti, lacche, armi e armature, bronzi, maschere teatrali, strumenti musicali, costumi, tessuti. Molto apprezzate e conosciute nel mondo sono le raccolte di stampe policrome e libri illustrati Ukiyoe dei secoli XVII-XIX.
Immerso nel parco di Villetta Di Negro, nel cuore della città risorgimentale, progettato nel 1948 dall'architetto genovese Mario Labò (1884-1961) e inaugurato nel 1971, l’edificio museale sorge sul sito un tempo occupato dalla distrutta villa neoclassica del marchese Gio.Carlo Di Negro (1769-1857), all'interno del parco comunale che ancor oggi ne porta il nome. La collocazione nel centro della città, sopra l'ottocentesca, elegantissima Piazza Corvetto e la posizione panoramica, con la vista incantevole della distesa dei tetti d’ardesia della città antica prospiciente il porto e il Mar Ligure, fanno del Museo Chiossone un luogo di facile accesso e di sosta gradevolissima.
Magnifica pièce d’architettura razionalista in cemento armato con rivestimento esterno in cotto maiolicato, l’edificio è formato da un avancorpo con tetto a terrazza (sede della biglietteria e del bookshop) e da un corpo principale costituente lo spazio espositivo. Concepito come volume unico, questo spazio consiste di un salone rettangolare al piano terreno e cinque gallerie a sbalzo sulle due pareti lunghe, collegate da rampe di scale formanti un percorso museografico circolare e continuo.
L’esposizione permanente illustra i principali fenomeni storico-artistici del Giappone: l’Antichità, l’avvento e lo sviluppo del Buddhismo, la civiltà dell’aristocrazia militare, l’evoluzione della metallotecnica e le arti applicate del periodo Edo (1600-1868).
Le due gallerie ai piani superiori, dotate di nuovi impianti espositivi nel 2001 grazie al contributo finalizzato della Fondazione Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, ospitano rassegne speciali e temporanee oltre che mostre a rotazione del patrimonio museale.
La raccolta di pittura comprende opere insigni delle scuole classiche e della scuola borghese Ukiyoe.