La costruzione di una cosmologia – vol. 1 #5

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE PASTIFICIO CERERE
Via Degli Ausoni 7, Roma, Italia
Date
Il
Vernissage
12/11/2013

ore 19

Artisti
Gianfranco Baruchello, Alessandro Bulgini
Curatori
Gian Maria Tosatti
Generi
incontro - conferenza
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«La costruzione di una cosmologia – vol.1» si sposta eccezionalmente a Roma per uno dei suoi appuntamenti, fin qui ospitati al Museo Nitsch di Napoli. Ad accogliere questa quarta tappa è lo studio di Giuseppe Gallo, artista che ha preso parte ad uno dei talks precedenti.

Comunicato stampa

«La costruzione di una cosmologia – vol.1» si sposta eccezionalmente a Roma per uno dei suoi appuntamenti, fin qui ospitati al Museo Nitsch di Napoli. Ad accogliere questa quarta tappa è lo studio di Giuseppe Gallo, artista che ha preso parte ad uno dei talks precedenti.
Il tema dell’intero ciclo, che si svolge fra giugno e dicembre 2013, ha come fuoco centrale il ruolo dell’artista nella società e la prospettiva attraverso cui viene discusso in questa occasione partirà dal concetto di utopie del quotidiano.
Herbert Marcuse scriveva anni fa che il vero totalitarismo non riguarda le forme più ingenue e deteriori dello stato di polizia o della leadership di un tiranno, ma che esso consiste principalmente nel dare ai cittadini l’illusione che un limitato numero di possibilità corrisponda all’intera gamma del possibile. Gli artisti, talvolta, hanno affrontato il tema dell’utopia, dimostrando che il limite immaginario tra reale e impossibile si trova molto più in là di quanto non si pensi. Le utopie sperimentate e talvolta raggiunte, forse, non erano tali, dunque, ma semplicemente erano possibilità ulteriori, temporaneamente finite nei punti ciechi dell’educazione di massa, che attraverso il lavoro dell’artista venivano riconsegnate alla coscienza collettiva.
Gianfranco Baruchello e Alessandro Bulgini hanno formazioni e storie estremamente diverse. Ma entrambi hanno saputo costruire una tensione costante tra la dimensione della creazione artistica e quella di una pratica che travalicasse i confini dello studio e finisse per misurarsi con la vita reale, nelle sue dimensioni più elementari, nel suo movimento più piccolo, da quello della verdura che cresce, ai tempi “apparentemente” morti trascorsi nei bar, con un immediato rovescio della medaglia, però, che ricade in una profonda riflessione sul tempo e sull’economia, che sono i grandi motori della Storia.
Ma quel che lega il lavoro di questi artisti è una dimensione quasi estrema di sperimentalismo, un concetto di limite sul quale tutto il loro lavoro si muove. Ed è appunto questo giocare col limite che rende possibile la verifica di quello che è realmente il punto in cui ciò che è considerato utopico fa tornare, invece i suoi conti nel reale.

Non riesco a pensare a due artisti più simili di Gianfranco Baruchello e Alessandro Bulgini.
Il primo, nel 1973, fonda una S.p.A agricola occupando i terreni a rischio speculazione attorno al suo podere nella campagna romana, per poi intraprendere una profonda riflessione sul rapporto fra arte ed economia.
Il secondo, da due anni vive dentro un bar che ha, nei fatti, “occupato”, alla periferia di Torino, dedicando la giornata a parlare con le persone e a mettere il bagaglio dell’artista a disposizione di una comunità di base.
Queste due operazioni, apparentemente irrituali, hanno però prodotto momenti estremamente significativi nella storia dell’arte attuale. Il progetto di Cornelia S.p.A. è stato un laboratorio di pensiero ed azione rimasto attivo per 10 anni. B.A.R. L.U.I.G.I è diventato una specie di infezione virale che ha aperto sedi temporanee o permanenti in tutto il mondo.
Entrambi hanno ragionato profondamente su cosa sia arte, se crescere patate sia un’opera d’arte o se lo sia conversare con gli avventori occasionali. Ma quel che hanno fatto, in primis, è stato realizzare questi salti di confini ipotetici, esponendo l’arte alla verifica quotidiana del suo ruolo sociale. .

P.S. In questa “deviazione romana” mi sono chiesto quale istituzione avrebbe potuto ospitarci. Poi però ho pensato che nessuna istituzione culturale della città in questo momento sembra essere la “casa” di cui gli artisti hanno bisogno per confrontarsi in modo così reale tra loro e col pubblico. Ho creduto, dunque, che riportare le persone negli studi degli artisti potesse essere la scelta più giusta e naturale per ricominciare il dialogo di cui abbiamo bisogno. Ringrazio dunque Giuseppe Gallo per averci ospitato in questa uscita eccezionale. (Gian Maria Tosatti)