Kiluanji Kia Henda – A City Called Mirage

Informazioni Evento

Luogo
VULCANO SOLFATARA
via Solfatara 16, Pozzuoli , Italia
Date
Dal al

La mostra è visitabile tutti i giorni feriali (tutti i giorni 8.30 - 18, ingresso solfatara e mostra 7 euro)

Vernissage
27/05/2016

ore 10.30

Contatti
Telefono: +39 0814114 09
Email: info@galleriafonti.it
Sito web: http://www.galleriafonti.it
Artisti
Kiluanji Kia Henda
Generi
arte contemporanea, personale
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L’artista angolano Kiluanji Kia Henda, classe 1979, che vive e lavora tra Luanda (capitale dell’Angola) e Lisbona, è uno dei protagonisti di quella wave estetica che unisce arte e impegno, poesia e militanza.

Comunicato stampa

Doppio appuntamento a Napoli con il lavoro dell’artista angolano Kiluanji Kia Henda: venerdì 27 maggio 2016 alle ore 18.30 negli spazi della Galleria Fonti di via Chiaia 229, inaugurazione di “Concrete Affection”, mentre al Vulcano Solfatara a Pozzuoli, sabato 28 maggio 2016 alle 10.30, inaugurazione di “A City Called Mirage”. Dopo Daniel Knorr nel 2013 torna l'arte contemporanea all’interno della meravigliosa oasi naturalistica dei Campi Flegrei.

L’artista angolano Kiluanji Kia Henda, classe 1979, che vive e lavora tra Luanda (capitale dell’Angola) e Lisbona, è uno dei protagonisti di quella wave estetica che unisce arte e impegno, poesia e militanza. Con linguaggi e strumenti diversi - dalla scultura all’installazione, dal video alla fotografia, al light box fino ad opere di dimensioni ambientali – ripercorre, tra verità e fiction, la storia del suo paese, l’Angola, e del delicato e sofferto passaggio dal colonialismo (nel 1975 finisce il dominio portoghese) al post-colonialismo (diventa indipendente nel 2002 dopo una lunga serie di guerre civili) e degli attuali e continui cambiamenti tra ieri e oggi.
Nel 2007 ha rappresentato il suo paese, l’Angola, alla Biennale di Venezia. Nel 2012, ha ricevuto il “National Prize for Culture” dal Ministro della Culura dell’Angola per il suo contributo all’internalizzazione dell’arte angolana, mentre nel 2014 la rivista americana “Foreign Policy” gli ha riconosciuto il primato di essere uno dei “Leading Global Thinkers” del 2014.

Alla Galleria Fonti si presenta la videoinstallazione “Concrete Affection – Zopo Lady" (2014) accompagnata da una serie di 75 foto tratte dal video.
Il video di Kiluanji Kia Henda (durata circa 12 min) - presentato in Italia per la prima volta come evento parallelo della 14ª Biennale di Architettura di Venezia (2014) - prende spunto dal libro del giornalista e scrittore polacco Ryszard Kapuscinski dal titolo “Another Day of Life - Angola 1975”. Un testo che documenta gli ultimi giorni del dominio coloniale portoghese nel 1975 e che testimonia un momento di grandi disordini e cambiamenti vissuti anche nel “corpo” della città di Luanda e del paese, seguito da un lungo periodo di guerra civile prima di poter raggiungere l’indipendenza. In particolare dal libro di Kapuscinski, Kia Henda recupera la descrizione dell’esodo dei tanti portoghesi che lasciano il paese, che corrisponde anche all’arrivo a Luanda di migliaia di angolani costretti per necessità a spostarsi da aree periferiche e rurali verso la capitale. Nel mezzo di questi spostamenti – metaforicamente tra pieno, vuoto e di nuovo pieno – si colloca “Concrete Affection - Zopo Lady” che sottolinea questo passaggio per così dire “delicato e doloroso” della storia di Luanda e di tutta l’Angola. Nel video, in una città completamente vuota e priva di persone, una voce narrante maschile fuori campo, tra incubo e realtà, percorre strade, luoghi, edifici, dal mattino alla sera. In 24 ore, questo è il tempo che ha a disposizione per decidere se rimanere o partire lasciando il proprio paese. Un destino comune a chiunque è costretto a migrare. Il risultato? La voce narrante dice: “All of the population’s belongings are being packed. The houses are empting and the boxes filling with furniture and trinkets. The city is being stripped of its memory. All that remains is its skeleton, the ground zero of history”.

Al Vulcano Solfatara di Pozzuoli, Kiluanji Kia Henda porta “A City Called Mirage”, la sua città chiamata “Mirage”, miraggio. Tra fumarole e fenomeni vulcanici attivi da 4000 anni, verrà installata “Fortress” (2014) una grande struttura in tubi di ferro (8x 8 m) che riproduce lo skyline di una delle tante “città-miraggio” – un esempio per tutti, Dubai negli Emirati – che sembrano venir fuori dal nulla e che rappresentano il boom urbanistico importato e forzato dall’Occidente in Medio Oriente, Africa, America Latina. Lo chiamano effetto “Dubalizzazione”. Un simbolo forte di potere che diventa denuncia poetica e ironica nel lavoro di Kiluanji Kia Henda.

“A City Called Mirage” è un progetto in progress del 2013-2014 composto da sculture in ferro, foto, disegni, video, installazioni. Un dispositivo espositivo complesso fatto da più elementi che è stato presentato alla mostra “Art and the City Zurich: Public Sculpture Project” a Zurigo nel 2015, a cura di Christoph Doswald.

Punto di partenza, il viaggio nel sud dell’Angola, attraversando la regione desertica della Namibia, dove Kiluanji Kia Henda trova un edificio abbandonato (crivellato da fori di proiettile) con l’insegna “Miragem”. Una scritta che assume un valore simbolico e che dà vita ad una serie di progetti tra di loro collegati: “Rusty Mirage (The City Skyline)”, “Buildings (The Palace, The Fortress, The Temple, The Ministry)”, “Instructions on How to Create Your Own Personal Dubai at Home” e il video “Paradise Metalic”.

All’interno dell’antica 'Sala del Bianchetto' del Vulcano Solfatara, vengono esposti: il lightbox “Rusty Mirage” (2013) che riproduce la scritta “Miragem”, 8 foto di “Rusty Mirage (The City Skyline)” del 2013 che restituiscono il montaggio della città “miraggio” in ferro nel deserto in Giordania (alcune di queste foto sono entrate in collezione della Tate Gallery), l’ironica installazione di foto e testi di “Instructions on How to Create Your Own Personal Dubai at Home” e la proiezione del video “Paradise Metalic”.

Foto in allegato

BIO/Kiluanji Kia Henda è nato nel 1979 a Luanda (Angola). Vive e lavora a Luanda e Lisbona.

Mostre Personali Selezionate: 2014: Galeria Filomena Soares; 2013: Homem Novo, Kunstraum Innsbruck, Innsbruck; 2012: Homem Novo, Art|43|Basel, Art|Statements, presented by Galleria Fonti, Basel; 2010: self-portrait as a white man, galleria Fonti, Naples e Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; Trans It, SOSO Gallery, São Paulo, Brasil; 2009: Estórias e Diligências, SOSO Gallery, Luanda, Angola; 2008: Portraits from a Slippery Look, Goethe Institute, Nairobi, Kenya; Expired Trading Products, Blank Projects, Cape Town, South Africa; 2007: Between the two red telephones, galleria Fonti, Naples; Ngola Bar, Centro de Arte de Sines, Sines, Portugal.

Mostre Collettive Selezionate: 2016: Passages, Dhaka Art Summit, Bangladesh; 2015: Making Africa, Gunggenheim Museum, Bilbao, Spain and Vitra Design Museum Museum Basel; Art and the City Zurich:Public Sculpture Project, Zurich; After Year Zero, Museum of Modern Art, Warsaw, Poland; 2015 Triennial: Surround Audience, New Museum New York; 2014: Divine Comedy, Museum of Modern Art | Frankfurt (upcoming) Dakar Biennale, Dakar; Scotland' s Centre for Photography, Edinburgh; Insert2014 | Mati Ghar - Indira Ghandi National Center of Arts, New Delhi; 2013: The Shadows Took Form, The Studio Museum of Harlem, New York; Giving Form to the Impatiente of Liberty, Württembergischer Kunstverein, Stuttgart; Mondays Begins On Saturday, First Bergen Triennial – Bergen Assembly, Bergen; Present Tense, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbon and Paris; Tomorrow was already here, Museum of Contemporary Art of Monterrey (MARCO), Monterrey; No Fly Zone, Museu Colecção Berardo, Lisboa; 2012: Tomorrow Was Already Here, Tamayo Museum, Mexico DC.; SuperPower: Africa in Science Fiction, Arnolfini Art Center, Bristol; 2010: There is always a cup of sea to sail in, 29a Bienal de Sao Paulo, Brazil; 2008: Farewell to post-colonialism, 3rd Guangzhou Triennal, Guandong Museum of Art, Guangzhou, China; 2007: Luanda Triennial, Luanda, Angola; Luanda Pop_Check List, 52ª Biennale of Venice, African Pavilion, Venice.