Kevin Abosch Parallax

Opera immersiva.
Comunicato stampa
Palazzo Citterio ospita Parallax, opera video generativa dell’artista concettuale Kevin Abosch, tra i pionieri internazionali nell’uso dell’intelligenza artificiale in ambito artistico. Con un approccio che fonde arte e tecnologia, Abosch esplora nuovi linguaggi visivi e concettuali, ridefinendo il ruolo dell’immagine e la relazione tra osservatore e opera.
Progetto realizzato in collaborazione con il Museo nazionale dell’Arte digitale
A cura di Clelia Patella
Concepita appositamente per il ledwall di Palazzo Citterio, Parallax si ispira alla storica presenza dell’Osservatorio Astronomico di Brera, luogo simbolo dell’esplorazione scientifica e della tensione verso l’invisibile. L’opera si inserisce idealmente in questo contesto, come una nuova “specola” digitale: non più orientata verso il cielo, ma verso le profondità della percezione e dell’immaginazione.
Il titolo dell’opera richiama il fenomeno della parallasse: in astronomia, lo spostamento apparente di un corpo celeste rispetto allo sfondo, osservato da due punti diversi dell’orbita terrestre. Principio che è stato fondamentale per misurare la distanza delle stelle. Abosch trasforma questo scarto percettivo in una chiave poetica e concettuale: ciò che cambia con il punto di vista non è solo l’immagine, ma il senso stesso della realtà. L’opera invita lo spettatore a interrogarsi sul proprio modo di guardare e sulle narrazioni interiori che genera.
Nel video, strutture sospese tra l’organico e il tecnologico ruotano lentamente, evocando frammenti e relitti che emergono come visioni di un’archeologia del futuro. Sono immagini cariche di ambiguità: familiari e al tempo stesso estranee, evocano ciò che è stato e ciò che potrebbe essere.
L’osservatore si confronta con qualcosa che non può decifrare fino in fondo: e in questo non-sapere è chiamato a generare senso. L’opera, allora, non si limita a essere guardata, ma chiede uno sforzo interpretativo, invitando chi osserva a un’esperienza attiva e immaginativa.
Come in 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, l’opera mette in scena un viaggio trasformativo: l’uomo osserva il proprio riflesso deformato, ibrido, forse già oltreumano. L’avatar non è più solo simulacro, ma forma nuova di coscienza. L’intelligenza artificiale è una nuova interfaccia con il tempo, la percezione, il sé.
L’opera riflette sul nostro rapporto con la tecnologia e con l’identità in un’epoca di transizione, interrogando i confini tra umano e artificiale, visione e conoscenza, corpo e codice.Palazzo Citterio ospita Parallax, opera video generativa dell’artista concettuale Kevin Abosch, tra i pionieri internazionali nell’uso dell’intelligenza artificiale in ambito artistico. Con un approccio che fonde arte e tecnologia, Abosch esplora nuovi linguaggi visivi e concettuali, ridefinendo il ruolo dell’immagine e la relazione tra osservatore e opera.
Progetto realizzato in collaborazione con il Museo nazionale dell’Arte digitale
A cura di Clelia Patella
Concepita appositamente per il ledwall di Palazzo Citterio, Parallax si ispira alla storica presenza dell’Osservatorio Astronomico di Brera, luogo simbolo dell’esplorazione scientifica e della tensione verso l’invisibile. L’opera si inserisce idealmente in questo contesto, come una nuova “specola” digitale: non più orientata verso il cielo, ma verso le profondità della percezione e dell’immaginazione.
Il titolo dell’opera richiama il fenomeno della parallasse: in astronomia, lo spostamento apparente di un corpo celeste rispetto allo sfondo, osservato da due punti diversi dell’orbita terrestre. Principio che è stato fondamentale per misurare la distanza delle stelle. Abosch trasforma questo scarto percettivo in una chiave poetica e concettuale: ciò che cambia con il punto di vista non è solo l’immagine, ma il senso stesso della realtà. L’opera invita lo spettatore a interrogarsi sul proprio modo di guardare e sulle narrazioni interiori che genera.
Nel video, strutture sospese tra l’organico e il tecnologico ruotano lentamente, evocando frammenti e relitti che emergono come visioni di un’archeologia del futuro. Sono immagini cariche di ambiguità: familiari e al tempo stesso estranee, evocano ciò che è stato e ciò che potrebbe essere.
L’osservatore si confronta con qualcosa che non può decifrare fino in fondo: e in questo non-sapere è chiamato a generare senso. L’opera, allora, non si limita a essere guardata, ma chiede uno sforzo interpretativo, invitando chi osserva a un’esperienza attiva e immaginativa.
Come in 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, l’opera mette in scena un viaggio trasformativo: l’uomo osserva il proprio riflesso deformato, ibrido, forse già oltreumano. L’avatar non è più solo simulacro, ma forma nuova di coscienza. L’intelligenza artificiale è una nuova interfaccia con il tempo, la percezione, il sé.
L’opera riflette sul nostro rapporto con la tecnologia e con l’identità in un’epoca di transizione, interrogando i confini tra umano e artificiale, visione e conoscenza, corpo e codice.
Kevin Abosch (1969) è un artista concettuale irlandese che lavora con media tradizionali e generativi, in particolare con la fotografia e il machine learning (AI).
La sua opera mette in discussione le nozioni convenzionali di identità e valore, ponendo interrogativi ontologici e rispondendo a dilemmi di natura sociologica.
Nel 2024, Abosch ha diretto “AM I?”, il primo lungometraggio al mondo interamente generato tramite intelligenza artificiale.
Il suo lavoro è stato esposto in istituzioni civiche e culturali di tutto il mondo, tra cui l’Hermitage Museum (San Pietroburgo), il National Museum of China, il Redbrick Museum (Pechino), la National Gallery of Ireland, il Jeu de Paume (Parigi), l’Irish Museum of Modern Art, il Museo di Arte Moderna di Bogotá e lo ZKM (Zentrum für Kunst und Medien).