Il sesso nelle camere d’albergo

Informazioni Evento

Luogo
METRONOM
Via Carteria 10, 41121 , Modena, Italia
Date
Dal al

martedì, mercoledì, venerdì, 9-13 / 14-18 o su appuntamento, ingresso libero

Vernissage
16/12/2023

ore 16

Curatori
Marcella Manni
Generi
arte contemporanea, collettiva
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Il sesso nelle camere d’albergo è la mostra collettiva curata da Marcella Manni.

Comunicato stampa

Otherwise Known as the Human Condition. Selected Essays and Reviews 1989-2010 è il
titolo originale di una raccolta di saggi dello scrittore inglese Geoff Dyer, tradotta e
pubblicata in italiano per Einaudi, con il titolo Il sesso nelle camere d’albergo.
Nella prefazione alla sua raccolta di saggi, Dyer spiega, quasi un disclaimer, che ‘quasi tutto
il giornalismo lo scrivo tanto per me stesso quanto ... per me stesso’ ... ‘sono ciò che più
mi piace leggere e scrivere’. In un recente saggio, Boris Groys puntualizza che ‘una mostra
contemporanea degna di questo nome non è una mostra d’arte locale nel contesto
internazionale, ma una mostra d’arte internazionale in un contesto locale’, messa in atto
con una operazione di ‘montaggio’ nel senso cinematografico, cioè di spazio e tempo.
Che cosa hanno in comune la raccolta di saggi di Groys e il saggio di Dyer liberamente
tradotto? Che ci raccontano di ‘montaggi’ di inquadrature, di presentazione, di
orientamento, di strategie, di autorialità e di potere. Lo scrittore americano Robert Hughes
scriveva, nel 1993 – e il contesto non è mai neutro – ‘la cultura del piagnisteo è il cadavere
del liberalismo degli anni Sessanta, è il frutto per l’ossessione per i diritti civili e
dell’esaltazione vittimistica delle minoranze’. Secondo Hughes questa tendenza ha radici
profonde nel ‘sogno’ o utopia dei diversi gruppi di emigranti che il paese (gli Stati Uniti)
hanno colonizzato e che sono poi entrati in collisione tra di loro, nell’ambizioso tentativo di
costruire un Nuovo Mondo, lontano dalle degenerazioni dell’Europa.
E allora torniamo al sesso nelle camere d’albergo, ai montaggi, alle mostre, alle immagini
e alla, contemporanea, ventata di censura.
Verbum è il titolo del libro – e della serie di fotografie – di Attilio Solzi: una complessa
architettura di writing, corpi e luoghi. Una sequenza performativa in cui uomini e donne
agiscono e posano all’interno di un luogo saturo di parole scritte e disegnate da autori di
graffiti. Gli ‘agenti’ ritratti da Solzi, nudi o seminudi, a loro volta scrivono non per raccontare,
non per argomentare, non per spiegare. Il Verbum di Solzi è una pratica di ricerca interiore:
i corpi tatuati interagiscono con gli ambienti ridotti a scheletri architettonici abbigliati, Volto
o Edipo non sono etichette, non sono marchi, non sono simboli se non la rappresentazione
tanto diretta quanto raffinata di un erotismo innato, naturale e pervasivo.

Fantasies esplicita la fascinazione umana nei confronti del sesso e del corpo femminile:
studentessa di fotografia nel 1999 Lisa Kereszi entra allo Show World di New York
interessata a fotografare interni vuoti di locali notturni e resta sedotta dall’esibizione di una
ballerina di New Burlesque, Dirty Martini, che danza sulle punte con un paio di scarpette
rosse. La serie di fotografie che realizza nell’arco di sei anni, dopo quella prima istantanea
in 35mm, sfugge ogni intento documentaristico e racconta di fasci di luce inappropriata su
tappeti logori, del bianco abbagliante e decadente di bicchieri di plastica calpestati, di
stereotipi di rappresentazione del corpo femminile in silhouette tratteggiate sulle pareti di
paraventi dalla vernice scrostata. Il territorio della fantasia, del desiderio e della libertà è
l’emancipazione di corpi di donne che si esibiscono per piacere e per divertimento, più
‘strip’ che ‘tease’, brutale, logoro, sporco e decadente come spesso il risveglio, dal sogno
o dall’illusione.
La scultura classica può essere letta, oggi, come il processo di astrazione della dimensione
sessuata: l’Eros di Bruno Cattani è nella bellezza sublimata dei corpi, maschili e femminili.
Quando la nudità femminile da ‘ispiratrice’ si evolve in ‘creatrice’ lo stereotipo di musa e
artefice è smantellato nel potere di rappresentare il nudo.
Dal 2013 Marco Signorini lavora e si interroga sulla potenzialità della tecnologia digitale,
traslando il metodo di costruzione e realizzazione dell’immagine sul metodo di lavoro o
meglio le funzionalità, in costante evoluzione, del computer. Anagram è letteralmente il
gioco combinatorio dell’anagramma, la produzione di senso, significato in modo celato,
non svelato, applicata al linguaggio delle immagini. Ciò che Signorini persegue è la ricerca
della variante, che sia quella indotta dall’algoritmo o di riscrittura del codice dell’immagine.
I soggetti privilegiati per questo esercizio di creazione sono, come nel caso della copia dal
vero, il corpo e il paesaggio, dando origine a una serie o una sequenza di variazioni sul
tema oggi definite manipolazioni. Il classico tema del ‘nudo’ consente di astrarsi dal
dettaglio del soggetto per analizzare le potenzialità di una nuova figurazione.
Kamilia Kard costruisce un ponte tra passato e presente, nella storia dell’arte e nella storia
del senso e del significato della riproduzione del corpo femminile, con la serie di sculture
Woman as a Temple. Sulle forme delle Veneri del paleolitico realizza sculture in 3D con
materiali sintetici e seducenti: senza volto, senza gambe i soli busti non respingono quanto
accolgono, come un tempio, pur nella distanza dai canoni della perfezione imposti da
modelli di comunicazione. L’elemento sensuale e l’elemento spirituale sono ricomposti in
questa architettura candida come i marmi della scultura classica nello stereotipo
contemporaneo.

Gli artisti e i lavori esposti sono frutto di ricerche in un arco temporale dalla fine degli anni
Novanta – quelli di Lisa Kereszi – a produzioni recenti – il lavoro di Attilio Solzi (2022) – e
testimoniano punti di vista, ricerche e, prima di tutto, estetiche differenti, ma accomunate
da coerenza e motivate sul piano teorico e concettuale. Ricerche che rischiano di essere
categorizzate come disturbanti, provocatoriamente fini a se stesse, in un contesto culturale
che pretende di scrivere una verità sul presente senza assumersene realmente la
responsabilità.
Il sesso nelle camere d’albergo stampato come un’etichetta superficiale e ammiccante sulla
‘scrittura con la mano destra’ di Dyer è la testimonianza della pornografia dei media e
dell’assuefazione che la diffusione pervasiva della rete, dei social network, degli ambienti
digitali in genere ci consegna. Uno sdoganamento non indagato, non approfondito nel suo
modello sociale, teorico e antropologico quanto passivamente accettato. La mercificazione
del corpo è accolta e praticata senza riserve e senza tabù, l’accesso a contenuti pornografici,
dalla esibizione di cibo consumato vivo alle pratiche di body modification, una costante. Il
paradosso è il sistema di censura ‘intelligente’ che gli stessi contenitori mettono in atto,
privo di qualsiasi supporto e giustificazione teorica – se non legale – andando a ridefinire
in una sorta di puritanesimo di ritorno ciò che è accettabile oppure no, dove la pubblicità
ammiccante di lingerie è appunto scontata e parte di un comune – almeno occidentale –
immaginario visivo, mentre la performance di un body artist e di un tatuatore è
categorizzata come censurabile. Affidare a un sistema di algoritmi – più o meno
artificialmente intelligenti – l’espressione del dissenso è ipocrita quando non pericoloso, a
volerlo guardare con lucido e laico disincanto. Pericoloso come la scelta apparentemente
innocua di cambiare il titolo di un libro.

Bruno Cattani (Reggio Emilia, 1964) inizia a fotografare nel 1982 ed è fotogiornalista dal 1988. La ricerca di Cattani si
concentra sulla memoria sotto forma di viaggio all’interno del ricordo, attraverso volti, oggetti e luoghi. Tra i suoi progetti
più importanti troviamo Eros, dedicato alle forme corporee nel mondo della statuaria. Ha esposto in vari luoghi, tra cui:
Musée du Louvre, Musée Rodin e Mois de la Photo a Parigi, Galleria Civica di Modena, Fondazione Pistoletto di Biella,
Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia, Officine Fotografiche di Roma, Arte Fiera di Bologna, Photo London.
Nel 2019 pubblica Eros con Artphilein Editions.
Kamilia Kard (Milano, 1981) è un’artista, ricercatrice e docente. Dopo aver conseguito una laurea in Economia Politica,
ottiene un diploma triennale in Pittura e una laurea specialistica in Net Art all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano.
Kard si concentra sulla costruzione dell'identità nell'era di internet, lavorando sull'immagine digitale, statica o animata,
trasformandola in GIF, siti web, stampe, video e installazioni. Ha esposto in vari luoghi, tra cui: Careof di Milano, Galerie
Odile Ouizeman di Parigi, Victoria and Albert Museum di Londra, IMAL di Brussels, Fotomuseum Winterthur, La Triennale
di Milano, il Museo d’arte contemporanea di Sao Paolo (Brasile), La Quadriennale di Roma, Hypersalon Miami.
Lisa Kereszi (Pennsylvania, 1973) ha frequentato il Master of Fine Arts all’Università di Yale. Verso la fine degli anni
Novanta ha lavorato come assistente di Nan Goldin, a New York. Kereszi esplora il mondo della ricreazione e dell'evasione,
osservando con occhio critico luoghi come parchi di divertimento, cinema, bar, strip club e sale giochi, ambienti capaci
di trasportarci in mondi di fantasia. Tra le mostre personali e collettive troviamo: Mother, Tephra Institute of Contemporary
Art (2022), Photobook Exhibition, Benaki Museum, Athens Photo Festival (2022), OUTS, Filter Photo Space, Chicago
(2022), Object Lesson, Philadelphia Photo Arts Center (2021), The Art of Coney Island, Brooklyn Waterfront Artists
Coalition, New York (2021), External Witness, Yale Divinity School (2020).
Marco Signorini (Firenze, 1962) vive e lavora a Firenze. È docente di fotografia all'Accademia di Brera e Carrara. Dopo
gli studi accademici in scenografia si interessa al video e alla fotografia, studiando in particolare gli autori della fotografia
italiana di paesaggio. Le opere di Signorini sono state esposte presso realtà internazionali quali il Fotomuseum di
Winterthur, il SK Stiftung Kultur di Kohln e il Centre d'Art Ville Nei Liicht a Dudelange, oltre che in importanti istituzioni
italiane quali Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo,
Fotografia Europea, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, Triennale di Milano.
Attilio Solzi (Soresina, 1962) ha un approccio alla fotografia di natura concettuale, che parte sempre da contesti sociali e
quotidiani, una ricerca su come interpretare il reale e il contemporaneo. Il focus principale del suo lavoro è l'immagine
del corpo e la sua rappresentazione. Solzi predilige la forma libro per la realizzazione dei suoi progetti. Tra le recenti
pubblicazioni troviamo: Verbum, 89books (2022), The Last Summer, Salt n Pepper Press (2021), The Absence, 89books
(2021), New Perspectives in Western Civilization, Everyedition (2020), The Deaf-Mute, Paranoia Publishing (2019),
Monolith, 89books (2019), Odd One Out, Studio Bibliografico l'Arengario (2019).