Hocus Pocus

Informazioni Evento

Luogo
MAC - MUSEO D'ARTE CONTEMPORANEA
Viale Elisa Ancona, 6 20851, Lissone, Italia
Date
Dal al

Mercoledì e Venerdì h10-13
Giovedì h16-23
Sabato e Domenica h10-12 / 15-19

Vernissage
04/05/2019

ore 18,30

Curatori
Gianluca Ranzi
Generi
arte contemporanea, collettiva
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Quattro artisti contemporanei si confrontano intorno al tema della sparizione/riapparizione dell’oggetto e dell’attraversamento delle superfici.

Comunicato stampa

Quattro artisti contemporanei si confrontano intorno al tema della sparizione/riapparizione dell'oggetto e dell'attraversamento delle superfici.

Il momento storico in cui viviamo, caratterizzato dalla liquidità e dalla virtualità, ha fatto tramontare ciò che la tradizione ci aveva consegnato come universale e integro, inaugurando una epoca di dispersione e di contraddizione, di frammentarietà e di relatività, fondando al contempo inediti punti di vista e aprendo a nuove modalità di relazione e di lettura del mondo.

Gli artisti della mostra partono da questo orizzonte, orfano di totalità e caoticamente precario, per provare a fondare nuove configurazioni, nuovi appigli e possibili prospettive. Le loro opere, pur nella diversità delle poetiche, rappresentano una reazione e un tentativo di ridare senso a una realtà incorporea.
Vincent Beaurin (Charleville Mézière, 1960) ha messo a punto una famiglia di superfici grumose e risplendenti, forme pure e stilizzate, che richiamano sintesi di animali, figure geometriche o bozzoli levigati che sembrano levitare nell'aria, verso nuove coordinate spazio-temporali.

Oren Pinhassi (Tel Aviv, 1985) crea forme suggestive e misteriose in cui convivono materiali eterogenei come il vetro, l'acciaio, il gesso, la juta e la sabbia. Le strutture, che spesso occhieggiano ironicamente all'architettura e agli oggetti d'uso comune, fondono organico e inorganico in nuovi agglomerati e configurazioni di senso.

Felix Schramm (Amburgo, 1970) mette in scena delle catastrofi che sfondano le superfici per scoprirne i nessi interni; il suo non è un atto rabbioso o devastante, ma corrisponde a una modalità costruttiva, seppur in chiave negativa, che alterna la poetica del frammento all'integrità del pieno.

Marco Tirelli (Roma, 1956) gioca a far apparire e sparire gli oggetti sulla tela, quasi cogliendoli nell'istante preciso del loro trapasso nell'invisibile e trattando la luce come una presenza che si dissolve nell'ombra. La sua pittura mostra la soglia su cui forme elementari si smaterializzano nel gioco dei chiaroscuri, perdendo consistenza a favore di atmosfere notturne e silenziose.