Giuseppe Uncini – Pensare con le mani
Una mostra dei progetti del grande maestro che per oltre cinquant’anni ha usato il cemento come espressione del proprio linguaggio artistico, in scena allo Spazio PAePA.
Comunicato stampa
Una mostra dei progetti del grande maestro che per oltre cinquant’anni ha usato il cemento come espressione del proprio linguaggio artistico, in scena allo Spazio PAePA in via Alberto mario 28 a Milano. Inaugurazione martedì 18 settembre 2012 alle ore 19,30
Dal 18 settembre al 2 novembre 2012 nello Spazio PAePA va in scena la grande arte di Giuseppe Uncini con una raffinata mostra del maestro scomparso nel 2008. Saranno esposte, per la prima volta in pubblico, una decina di maquette di lavori successivamente realizzati in grandi dimensioni e una serie di tecniche miste in ferro cartone e cemento dal titolo “Officine di Gorgia” realizzate nel 1996.
L’inaugurazione della mostra, curata da Giuliano e Nunzia Papalini, è fissata per martedì 18 settembre alle ore 19,30. Disponibile il catalogo delle opere in esposizione con testo critico di Marco Meneguzzo.
Giuseppe Uncini (Fabriano 1929 – Trevi 2008) per oltre cinquant’anni, combinando ferro e cemento, ha costruito forme, oggetti, che vivono di vita propria. Che si collocano nello spazio con assoluta autonomia e grande forza espressiva. Invitato con una sala personale alla Biennale di Venezia del 1996, le sue opere sono esposte nei principali musei italiani e internazionali e sono entrate nelle più importanti collezioni pubbliche e private.
“Se si pensa al lavoro di Giuseppe Uncini – scrive Marco Meneguzzo - la maquette sfugge anche parzialmente al territorio della scultura per rifugiarsi in quello della scena e dell’architettura, dove il concetto di “modello” (quello sì quasi sovrapponibile, come definizione, alla maquette…) prende su di sé almeno altre due caratteristiche molto diverse tra di loro, ma compresenti in quel tipo di lavori: si tratta dell’esattezza e della presunzione di una possibile esecuzione di gruppo, forse persino indipendente dalla presenza reale dell’artista, proprio come accade in un cantiere di architettura o in un laboratorio di scenografia. Tutto questo appartiene anche al concetto di “progetto”, che non è affatto estraneo al lavoro di Uncini, come a tutta una generazione di scultori “costruttivi” per non dire costruttivisti, “primari” per non dire minimali o minimalisti, e ricadere così in una categorizzazione che non rende loro il giusto merito di essere per lo meno coevi e nel caso di Uncini addirittura anticipatore, di quelle esperienze degli anni Sessanta. Di fatto, è tale la precisione che Uncini poneva nel suo processo di avvicinamento all’opera – e di cui queste maquette sono, come si diceva, l’ultimo stadio prima della loro definitiva trasformazione. Tanto che si potrebbe addirittura ipotizzare per la loro presenza nel suo studio (anche se sappiamo che non è vero) una specie di costruzione “a posteriori”, come se l’artista, una volta “vista” – con gli occhi della fantasia, o talora con quelli della costruzione realizzata – l’opera, ne avesse voluto conservare per sé, e per i futuri progetti, un ricordo tridimensionale sempre a portata di mano, di occhio, di mente……”