Giulio Catelli e Roma
Giulio Catelli per questa nuova personale presenta un gruppo di lavori riferiti a Roma; una selezione di diciotto opere inedite (olii su tela e tavola) realizzati tra il 2015 e il 2016.
Comunicato stampa
Giulio Catelli per questa nuova personale presenta un gruppo di lavori riferiti a Roma; una selezione di diciotto opere inedite (olii su tela e tavola) realizzati tra il 2015 e il 2016 esposte presso la Galleria Lombardi di Roma dal 4 al 26 marzo.
Una visione sulla città che ne attraversa gli aspetti monumentali e naturali, con episodi di surrealtà a margine dell’esposizione. Un primo approccio su un mondo di temi e luoghi che il pittore ha cercato di rendere attraverso le proprie esperienze, stati d'animo e riflessioni. Nel suo contributo al catalogo Antonio Mercadante scrive " Niente di omogeneo o progettato, solo passeggiate romane ricostruibili passo dopo passo sui titoli delle tele; i percorsi di un pittore che cerca con gli occhi il suo motivo di composizione e di luce, se ne lascia sedurre, cerca di capirlo, ne affronta la ricostruzione nei termini pittorici di luce, di ombra, di spazio, di valori cromatici. […]uno sguardo che cerca con sincerità, ricominciando daccapo, liberandosi a ritroso dalle scorciatoie formali suggerite nelle soluzioni di altri […]”. In catalogo testi di Antonio Mercadante, Guido Giuffrè e Fabrizio D'Amico.
Dal testo di Fabrizio D’Amico:
[…] In quei quadri, di norma non grandi, è come se Catelli dichiarasse il suo bisogno d’uno sguardo in tralice sulle cose; d’uno sguardo carico di dubbi, che le spogli d’ogni arroganza, d’ogni superba certezza di sé, e che ridoni loro il talento di stupire con poco chi guarda […] così che della figura del paesaggio non resti che una larva, o un fantasma, sfiorati forse dall’ansia. Morandi, e in particolare l’ultimo Morandi, che aveva così profondamente suggestionato alcune delle prove iniziali di Catelli: che di lui deve anche ricordare sovente il celebre avviso: “credo che nulla possa esserci di più astratto del mondo visibile […]
Dal testo di Guido Giuffrè:
[…] Il 'vero' per Catelli è anzitutto la natura, nel senso proprio del paesaggio: e paesaggista, tout court, egli sarebbe stato detto in altro tempo, prima che le carte della pittura si rimescolassero come tutti sanno. Ma la cosiddetta verisimiglianza non appartiene in alcun modo al giudizio estetico, troppa parte dell'arte (non soltanto contemporanea) ne verrebbe inaccettabilmente amputata. Giulio Catelli a tutta evidenza muove dalla natura, e a tutta evidenza l'ama, vi s'immerge, si direbbe quasi che vi si identifichi: certo essa è per lui il mezzo necessario per la sua - così vitale - parola pittorica. Anche l'antica colonna, i ruderi di un tempio, le pietre di un muro da cui trasuda il muto respiro dei secoli, tutto ciò è natura: non meno - seppure intriso di umori diversi, e diversamente ma non meno pregnanti - dell'albero, della piana, della collina. […] Già il primo sguardo alla scultura raffigurata in più di una tela da Catelli accantona l’apparente sommarietà esecutiva e si nutre della reale poetica libertà, del muto sguardo che si leva dalla figura, dal suo stare assisa nell’eternità dell’arte piuttosto che sul marmoreo supporto[…]
Dal testo di Antonio Mercadante:
I Fori, la fontana di piazzetta Mattei e quella sotto l’Aracoeli in notturna, l’acquedotto alessandrino, la torre dei Santi Quattro Coronati, l’interno di Santa Susanna, la statua assisa oltre il cancello di Villa Albani, due scorci di fiume dall’isola e dal Santo Spirito, due capricci.
Niente di omogeneo o progettato, solo passeggiate romane ricostruibili passo dopo passo sui titoli delle tele; i percorsi di un ragazzo pittore che cerca con gli occhi il suo motivo di composizione e di luce, se ne lascia sedurre, cerca di capirlo, ne affronta la ricostruzione nei termini pittorici di luce, di spazio, di valori cromatici relativi.
A chi crede ancora, invischiato nelle melme teoriche del secondo novecento, che la materia vada sempre ‘problematizzata’ prima di poterla dipingere, questo sembrerà poco. E di fronte ad una resistenza ideologica c’è poco da dire.[…] Queste tele esistono, sono di fronte a noi che le guardiamo, ed esiste come un dato oggettivo la volontà testarda di Catelli nel realizzarle. Dobbiamo farci i conti. E non sono immagini, non sono le decorazioni cinesi un tanto al chilo con ruscelli e mazzi di fiori che offendono le mura delle trattorie, o peggio, quelle più aggiornate sull’accademia dei segni contemporanei che Ikea distribuisce in tutto il mondo per gli arredatori dei pub; sono pittura, alla ricerca di quel compimento di senso intrinseco a questo linguaggio originario al di là dei soggetti, delle preferenze astratte o concrete con cui il pittore si misura.