Giovanni Carena – (1915–1990)

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA LOSANO - ASSOCIAZIONE ARTE E CULTURA
Via Savoia 33, Pinerolo, Italia
Date
Dal al

Feriali: 16–19 Sabato e domenica 10–12 e 16–19
Lunedì chiuso
Collezione Civica d’Arte di Palazzo Vittone
Piazza V. Veneto, 8 – 10064 PINEROLO (TO)
Orario: Venerdi e Sabato: 15,30-18 Domenica 10,30–12 e 15,30–18

Vernissage
21/11/2015

ore 16.30
presentazione della mostra presso la sede di
Via Savoia 33, a seguire, apertura di Palazzo Vittone

Artisti
Giovanni Carena
Generi
arte contemporanea, personale
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Omaggio a Giovanni Carena nel centenario della nascita.

Comunicato stampa

Inaugura il 20 Novembre a Pinerolo un’importante mostra dedicata a Giovanni Carena, appuntamento conclusivo di una serie di eventi che hanno preceduto nel corso dell’anno questa ricorrenza del centenario dalla sua nascita: si è aperto con una mostra ad Airasca (TO) suo paese natale, successivamente proposta in Francia a Gap e in Germania a Traunstein, presso il Museo Diocesano di Pinerolo con una mostra dedicata alll’ardore dell’iconografia sacra, ed ora a conclusione dell’anno la Città gli rende omaggio con una mostra nata dalla collaborazione tra la Collezione Civica d’Arte di Palazzo Vittone e la Galleria Losano Associazione Arte e Cultura, che sarà articolata su due sedi per esporre una vasta rassegna di acquerelli realizzati en plein air tra le vie del centro storico Pinerolese che si inerpicano dal piano al colle e con oli che spaziano su paesaggi, su fiori con nature silenti, momenti di vita e figure di intensa meditazione.
Accompagna la mostra una significativa selezione di bronzi e legni, che ne ricordano l’abilità scultorea.

Un catalogo di 60 pagine, illustra ampiamente le opere in mostra nelle due sedi.

Note biografiche e bibliografiche sul sito WWW.giovannicarena.it

L’anonimo pittore immaginato da Francesco Ramognini, poeta nostrano, nel Carme del 1870, si veste per incanto della figura di Giovanni Carena che, per noi, con «occhi bramosi», ha raffrenato il «palpito di gioia e di stupor» suscitato dal nostro vecchio borgo, a contatto col selciato, con i muri vetusti e stanchi, con le porte, con gli androni, con i cortiletti dove palpita una vita singolare, umile e nascosta, dove alle grida ludiche ingenue infantili s’alternano spesso vociare di rabbia, pianti di neonati, commenti colorati ad alta voce di donne giovani ed esuberanti, canzoni, uscire dalla boccascena austera di un finestra incorniciata di cotti ogivali.
Carena s’è addentrato nell’animo della vecchia Pinerolo, più che per tramandarci il brandello di un muro merlato, per farci conoscere la vita di quelle case, il respiro della gente mescolarsi con l’odore dell’aglio soffritto e della minestra: angoli poco noti, i più nascosti che gli si sono rivelati tra i più interessanti pittoricamente ed umanamente e che lui ha fermato con una rapida annotazione grafica su fogli campiti col pennello a larghe macchie di acqua e colore.
Un’antologia unitaria di acquarelli con soggetti dove continuo è il succedersi di salite e discese e dove la luce prorompe, taglia, s’increspa sui tetti, dilata lo spazio.

Un sussulto d’amore
Mi è parso che il titolo “I bambini ci guardano”, attribuito all’opera donata dalla famiglia Carena alla Città ed allogata nel Palazzo comunale, poteva accogliere un significato profondo per quanti si recano in questo luogo, centro vitale amministrativo della Comunità pinerolese.
“I bambini ci guardano” richiama la pellicola di Vittorio De Sica del 1943,capolavoro del Neorealismo, di forte impatto e sicuro riferimento culturale e sociale. Il dipinto di Giovanni Carena è anch’esso coinvolgente.
“I bambini ci guardano”, e guardano alto.
Alle loro spalle ruota la girandola della storia della nostra città ritratta con i suoi più significativi ed emblematici monumenti. Quei bambini portano con sé lo stupore, le gioie e le speranze del domani. Ci guardano e ci salutano, noi donne e uomini capaci di accoglienza, ghermiti dalla bellezza dell’arte che, oltre ad essere estetica, è sentimento, è grazia. Carena ci fa questo dono. Ma è dono soprattutto quello di aver camminato per qualche tempo con Lui, pittore e maestro, e con Lui respirato negli orizzonti della sua creatività artistica.
Primo Mazzolari direbbe che il nostro pittore «è stato chiamato a ripetere parole eterne attraverso la bellezza dell’arte che diventa uno degli strumenti più adatti per aiutare le gente a salire e a comprendere»: E ancora: «dall’artista attendiamo il commento al nostro travaglio quotidiano, alla nostra fatica, alla nostra speranza, alla nostra gioia». L’Artista ci dona bellezza, una «incompleta bellezza perché ogni artista si accorge di non riuscire mai a tradurre compiutamente ciò che porta con sé, dentro di sé, ma tanto basta a noi per essere grati del dono creativo» (P. Mazzolari, 1955).
Non possiamo varcare la soglia dei segreti di un’anima, ma la possiamo intravedere nell’artista per quel ch’Egli esprime, sia con i segni e con i colori, sia con la musica e il canto, sia con la parola e la poesia.
C’è un sussulto in noi ogni qualvolta proviamo emozione: l’arte in ciò è maestra di sensibilità, ci tocca le corde del cuore, ci esalta, ci interroga.
Ci interroga e ci tormenta talvolta fino alle lacrime, ci accarezza e ci è di consolazione, perché è il nostro animo che si misura con quello dell’artista, è il nostro animo e il nostro respiro che si rifugiano in quel paesaggio, che si riscaldano alla luce del sole, di quel sole che mette i nostri occhi nello sguardo di quella figura e vi penetra nell’intimo.
Fermiamoci a guardare e a stimare la fatica degli artisti. Certo noi spesso non sappiamo offrire una parola adeguata e comprensiva sulla loro opera come i critici di professione, ma da noi, innamorati della bellezza, trovano sempre ammirazione semplice, come gente che davanti ad un quadro si ferma per trovare qualcosa che tiene dentro, che ha dentro. Il bello la gente comune lo avverte e forse può ricevere dall’artista uno di quei doni incomparabili per cui il lavoro, la fatica del pittore finiscono per diventare una missione, possono fare del bene.

La missione di Giovanni Carena è stata quella di porsi davanti alla natura. Ha disteso sul foglio, sulla tela, sul cartone, sul muro la ricchezza armonica del suo segno scarno ed immediato, dei suoi colori.
Dove ha imparato, dove ha trovato la genialità, l’intuito per carpire il segreto della bellezza? Dalla scuola frequentata? Forse, qualcosa. Frequentando l’atelier di grandi maestri?
Direi che Giovanni Carena si è rifugiato nella natura e che prima di tutti da essa abbia imparato, quasi sedotto, a meravigliarsi in ogni momento della sua vita, trovando spesso spazio per la sua anima, afferrando con una particolare capacità, dono della Provvidenza, i cieli, i campi, le acque, le ore diverse della giornata e delle stagioni.
Potremmo dire ch’Egli è andato a scuola semplicemente della Creazione, trovando in essa la prima affascinante maestra, e con travaglio esistenziale ha preparato la sua tavolozza, il suo modo di esprimere ansie, trepidazioni, gioie segnate da una luminosità interiore.
Prima ispiratrice la natura, poi le cose semplici e silenziose trovate in casa, poi l’uomo, la gente… i bambini delle scuole.
I momenti creativi sono stati tanti, le ispirazioni molte come testimoniano le rassegne a Lui dedicate.
«Come il contadino ha bisogno dell’acqua che gli viene donata da Dio, del sole, della fecondità della terra, l’artista ha bisogno di ispirazione, di sensibilità… ha bisogno di rimanere incantato… direi quasi come un bacio – ci dice Mazzolari – come un bacio, sospeso sulle labbra, di fronte al dono continuo della Creazione…».
Giovanni Carena è stato un trascinatore carismatico anche di sensibili talenti, cultori della pittura, della bellezza, capaci di misurarsi con il proprio dono e trasmetterlo con entusiasmo, con gioia creatrice, con passione. In un certo senso è stato maestro anche per aver riunito attorno a sé, non solo i piccoli discepoli della scuola elementare, ma intelligenze adulte e mature che avevano visto in Lui un sicuro riferimento di percorso per cercare fuori di se stessi il gusto del bello, la visione dilatata di nuovi e diversi orizzonti.
Spesso intravedeva in una contorta e nervosa radice arborea la suggestione di una scultura da ricreare secondo una sua visione. Carena intagliava figure nella materia più nuova, come il polistirolo, pieni e vuoti da scavare per poi fonderli nel bronzo, su vari piani volumetrici sfaccettati.
Con il suo segno ha descritto favole e racconti, ci ha portato tutti un po’ nel villaggio della fantasia e del sogno.
Guardando al sacro ci ha dato pagine di meditazione, ci ha fatto compagni di strada di tanti uomini di Dio. L’artista non muore, e noi viviamo anche attraverso le sue immagini, quelle immagini che illuminano la ricorrenza dei cento anni della nascita.

Testi di Mario Marchiando Pacchiola